Com’è noto, le fibre ottiche sono sottili filamenti di materiale vetroso o polimerico realizzati in modo da poter condurre la luce al loro interno. Il loro principale utilizzo è nell’ambito delle telecomunicazioni – tutte le principali dorsali della rete telefonica e di Internet, compresi i collegamenti intercontinentali sottomarini, sono attualmente in fibra ottica – tuttavia, a partire dagli anni 80 si è iniziato a usare le fibre ottiche anche come sensori di grandezze fisiche (temperatura, pressione, deformazioni, accelerazioni, ecc.).



Il principio di funzionamento di questi sensori è abbastanza intuitivo (anche se a volte di difficile realizzazione) e consiste nel misurare le variazioni di intensità, di fase o di polarizzazione della luce trasmessa dalla fibra conseguenti all’azione sulla fibra della grandezza che si vuole caratterizzare. È utile ricordare a questo proposito che le fibre ottiche sono composte da un nucleo cilindrico centrale (core) in cui propaga la luce, circondato da un mantello (cladding) anch’esso cilindrico. Poiché il nucleo è realizzato con un materiale otticamente più denso (con maggior indice di rifrazione) di quello del mantello, la luce rimane confinata al suo interno a causa del fenomeno della riflessione totale. In pratica, tutti i raggi luminosi che rimbalzano sulla superficie di separazione fra nucleo e mantello con un angolo superiore a un certo valore critico (angolo limite) rimangono intrappolati all’interno del nucleo e vengono trasmessi per riflessioni successive lungo la fibra.



Se la fibra ottica viene sollecitata da un agente esterno, modifica la propria struttura (ad esempio si allunga o si accorcia) causando in questo modo un’alterazione delle proprie caratteristiche ottiche. Tutto ciò dà luogo a una variazione dell’intensità (o della fase o della polarizzazione) della luce trasmessa che, opportunamente rivelata, consente di risalire all’entità della grandezza fisica che l’ha provocata.

Un importante passo avanti nell’ambito della sensoristica a fibra ottica è stato fatto recentemente con l’introduzione sul mercato delle cosiddette fibre ottiche a cristalli fotonici (note anche col nome di fibre microstrutturate). Si tratta di fibre ottiche che, a differenza di quelle convenzionali, non sono composte da un nucleo e un mantello di diverso indice di rifrazione, bensì da un unico filamento in vetro al cui interno, lungo tutta la sua lunghezza, è presente un reticolo (non necessariamente regolare) di canali d’aria di dimensioni micrometriche. Questa struttura reticolare permette di confinare la luce e di guidarla lungo la fibra.



L’utilizzo di queste fibre in ambito sensoristico è legato alla possibilità di riempire i canalini micrometrici con liquidi sensibili a grandezze fisiche presenti nell’ambiente circostante (come la temperatura o il campo elettrico). I cambiamenti che avvengono nei liquidi di riempimento a causa di variazioni di questi agenti esterni, modificano le proprietà guidanti della fibra microstrutturata rendendola di fatto sensibile alla grandezza fisica da misurare.

Recentemente i ricercatori del Laboratorio di Elettroottica di RSE (Ricerca sul Sistema Energetico), un centro di ricerca situato nell’area milanese che opera nei vari ambiti del settore energetico, hanno messo a punto un nuovo sensore di campo elettrico utilizzando uno spezzone di fibra ottica a cristalli fotonici i cui canalini sono stati parzialmente riempiti con dei cristalli liquidi di tipo nematico (dello stesso tipo, cioè, di quelli usati per realizzare i display digitali che, com’è noto, possono ruotare sotto l’azione di un campo elettrico).

Poiché le molecole dei cristalli liquidi nematici hanno una forma allungata e, in genere, tendono ad allinearsi alle pareti dei canalini micrometrici che le ospitano, una loro rotazione indotta dalla presenza di un campo elettrico esterno provoca una variazione dell’indice di rifrazione effettivo all’interno della fibra, e di conseguenza una modificazione delle sue proprietà guidanti. Variazioni del campo elettrico possono pertanto essere rivelate come variazioni dell’intensità luminosa trasmessa dalla fibra. Prove effettuate in laboratorio hanno mostrato che il sensore possiede un range di misura molto esteso e riesce a misurare campi elettrici con intensità che variano da un minimo di 0,02 Volt per millimetro a un massimo di circa 2600 Volt per millimetro.

Poiché le fibre ottiche microstrutturate sono realizzate con materiali dielettrici (che cioè non conducono la corrente elettrica), il loro utilizzo risulta essere estremamente interessante per effettuare misure lungo le linee elettriche di alta tensione dove i requisiti di isolamento elettrico sono di fondamentale importanza tanto per la buona riuscita della misura del campo elettrico quanto per la sicurezza dell’operatore che deve eseguire tale misura.