Nei giorni scorsi si è tenuto a Roma, a seguito di quello svoltosi a Berlino e prima di quelli che si terranno a Varsavia e a Manchester: è il regional workshop del progetto europeo Milesecure-2050. L’edizione romana ha avuto luogo nell’ambito del Seminario Internazionale “European Societies Facing the Energy Transition”, organizzato dal Laboratorio di Scienze della Cittadinanza (LSC) e dall’Enea, che l’ha ospitato nella sua sede centrale.
Il seminario ha trattato, in particolare, questi due temi: il ruolo del fattore umano nel processo di transizione energetica e la relazione tra la transizione e sicurezza energetica. «Quando parliamo di transizione energetica – ha detto a ilsussidiario.net Patrizia Lombardi, del Politecnico di Torino che coordina il progetto – parliamo della capacità o possibilità o comunque di un percorso che stiamo realizzando per ridefinire e rinnovare il modo di produrre e consumare energia tenendo conto delle molteplici sfide legate al cambiamento climatico, all’ambiente e alla sicurezza energetica».
Professoressa Lombardi, lei coordina il progetto Milesecure-2050: di cosa si tratta?
Milesecure-2050 (che significa Multidimensional Impact of the Low-carbon European Strategy on Energy Security, and Socio-Economic Dimension up to 2050 perspective) è un progetto finanziato nell’ambito del VII Programma Quadro della Commissione Europea, che ha come obiettivo principale di arrivare a definire una nuova governance per la transizione energetica supportando quindi le politiche anche a livello locale oltre che comunitario; passando anche attraverso la creazione di scenari con un arco temporale di lungo periodo, cioè entro il 2050 proprio per riuscire a dare un allineamento con le politiche europee e soprattutto con la roadmap energetica al 2050.
Come si declina questo obiettivo principale?
L’obiettivo si declina attraverso una serie di passaggi che contemplano degli approcci sia di ricerca a livello macro, sugli scenari europei, sia micro, quindi su scala locale, con l’analisi di quelle che abbiamo chiamato esperienze anticipatorie, cioè casi di studio presenti da decenni e che danno indicazioni in base a esperienze già realizzate, di fatti concreti; da tale analisi, insieme a quella degli scenari, si possono derivare i fattori critici e di successo così da fornire input specifici a economisti e scienziati per una modellistica che tenga conto non solo degli aspetti economici e tecnologici ma anche dei fattori di tipo sociale rinvenibili nelle realtà locali.
E lo scopo finale?
Da tutto ciò si potrà arrivare alla definizione di un “manifesto”, cioè delle linee guida per una nuova governance che sia effettivamente attuabile nei nostri Paesi, attraverso regolamentazioni, decisioni e scelte politiche coordinate e armonizzate ai diversi livelli di governo su scala nazionale ed europea. Non intendiamo inventare nulla di nuovo; in campo scientifico e tecnologico già ci sono tante idee, proposte, programmi. Noi abbiamo il compito di operare una revisione di ciò che c’è, di svolgerne una lettura coordinata e di offrire un supporto alle politiche che possano poi rendere efficaci tutte le innovazioni e le proposte interessanti.
Ha accennato ai fattori critici: può indicarne qualcuno?
Siamo ancora nella fase di ricerca e il nostro lavoro finora ha riguardato solo un pacchetto di temi. Comunque posso esplicitare alcuni gruppi di fattori, che sono legati a tre grandi categorie: i fattori di tipo politico-sociale, quelli di tipo economico e finanziario, e quelli che potremmo chiamare personali cioè legati agli stili di vita e ai comportamenti delle persone. Sono fattori che abbiamo evidenziato derivandoli dalle esperienze anticipatorie di cui parlavo e che poi abbiamo implementato tramite un lavoro di focus group tra i nostri ricercatori e i vari soggetti coinvolti, in particolare appartenenti a Germania, Polonia, Italia, Francia e Inghilterra.
Uno degli aspetti trattati in questo convegno è stato quello della sicurezza energetica: perché l’enfasi su questo tema?
L’attenzione alla sicurezza energetica è proprio una delle caratteristiche distintive del progetto Milesecure-2050, che lo distingue rispetto ad altri. Tutti sappiamo come l’Europa sia dipendente dalle importazioni per i propri consumi energetici ancora molto basati su energie non pulite. In effetti l’Unione Europea è riuscita a darsi delle politiche per il cambiamento energetico ma non si è data delle politiche, a livello di sicurezza energetica, in grado di tener conto adeguatamente del cambiamento climatico. Nel nostro progetto stiamo considerando in modo consistente la relazione tra sicurezza energetica e mutamento climatico.
Voi state esaminando e studiando dei casi di successo, delle esperienze positive: possiamo fare qualche esempio?
Abbiamo un database molto affollato di casi del genere; anche se parlando di successo bisogna considerare da quale punto di vista lo si valuta. Se, ad esempio, consideriamo l’aspetto dei trasporti, c’è il caso di Copenhagen: qui l’attenzione è stata focalizzata sull’uso di fonti rinnovabili anche per la mobilità; poi si è progettato organicamente un sistema dei trasporti – il cosiddetto Finger Plan – basato su cinque grandi linee regionali; come pure è stato un forte impulso alle piste ciclabili. In generale, si è trattato di una serie di operazioni che hanno portato ad avere il 98% della popolazione che dista non più di 350 metri da un servizio di trasporti. Ma ci sono anche casi diversi ….
Quali?
Cito quello, sempre in Danimarca, dell’isola Samso, tra Copenaghen e lo Jutland, che produce interamente energia rinnovabile e che non solo si autoalimenta ma riesce anche ad esportare energia sulla terraferma. Oppure il caso degli eco-distretti, già molto studiati a livello europeo.
E in Italia?
Mi limito a portare l’esempio del Comune di Peccioli, dove già dal 1997 abbiamo un’azienda partecipata che utilizzata è l’interramento controllato dei rifiuti con recupero energetico dal trattamento del biogas.
Cosa si può “imparare” da questi casi?
Tengo a far notare che tutti questi casi in sé hanno degli elementi nei quali i nostri ricercatori hanno riscontrato delle lezioni, delle possibilità di apprendimento. Di volta in volta si è visto che è lo spirito personale che ha giocato in positivo; oppure è un’incentivazione del governo, o una spinta dall’alto, tramite una regolamentazione, che poi ha supportato un’iniziativa sul territorio. C’è in tutti un aspetto, che qualcuno ha chiamato “energia cibernetica”, che è la combinazione di comando e controllo: un dinamismo nella relazione tra il soggetto e il sistema di governo, che spesso risulta difficile ma che in questi casi ha trovato la chiave giusta e ha portato al successo dell’iniziativa.
Dal punto di vista sociale, sottolineo che la transizione energetica non deve tradursi tanto in una accettazione forzata quanto piuttosto deve esprimersi come compartecipazione che parte dal basso, da un bisogno avvertito e da un scelta motivata e consapevole da parte degli utenti del servizio stesso.
(Michele Orioli)