Lo studio della luce ha una lunga storia, forse lunga quanto lo stesso sapere umano; e l’Anno Internazionale della Luce 2015 (International Year of Light and Light-based Technologies, IYL 2015), inaugurato il mese scorso, è una grande occasione per ripercorrere le tappe di questa storia, incontrarne i protagonisti, capire le origini e le conseguenze di grandi e piccole scoperte. Un modo per condurre questa ricognizione, almeno per i decenni più recenti, è di ridare la parola direttamente agli scienziati che hanno aperto nuove strade e hanno “illuminato” di nuova luce fenomeni noti da tempo insieme a situazioni inedite e imprevedibili.
A proporre l’incontro con i “maestri della luce” ci hanno pensato alcune riviste internazionali specializzate: in particolare la rivista Physics, edita dalla American Physical Society, ha proposto una selezione degli articoli originali pubblicati sulla rivista sorella Physical Review che illustrano le scoperte diventata le pietre miliari della attuale scienza della luce.
Si inizia con i due articoli di Charles Townes, premio Nobel statunitense recentemente scomparso, che hanno avviato l’era del laser. Nella metà degli anni ’50, Townes e i suoi colleghi della Columbia University di New York hanno dimostrato che avrebbero potuto produrre una nuova e più utile forma di microonde amplificate. Lo hanno scritto in “Molecular Microwave Oscillator and New Hyperfine Structure in the Microwave Spectrum of NH3” del 1954 e in “The Maser? New Type of Microwave Amplifier, Frequency Standard, and Spectrometer” dell’anno successivo. Il Maser del gruppo della Columbia non era altro che un fascio di molecole di ammoniaca eccitate che potevano emettere le microonde spontaneamente o quando “stimolate” da microonde della stessa lunghezza d’onda. Inviando questo fascio attraverso un tubo di metallo delle giuste dimensioni, le microonde venivano amplificate; la radiazione dalle prime molecole arrivate stimolava l’emissione successiva, generando una radiazione a microonde auto-sostenuta e con una ristretta gamma di lunghezze d’onda, quindi quasi monocromatica.
Il secondo articolo, firmato dal celebre gruppo del General Electric Research Laboratory di Schenectady (New York) guidato da Robert Hall, è del 1962 e racconta l’invenzione del laser a diodi che ha permesso di passare dagli iniziali dispositivi costosi e specializzati ai componenti economici e onnipresenti. Un diodo è un pezzo di materiale semiconduttore che consente alla corrente elettrica di passare in una sola direzione; nel 1962 quei ricercatori hanno scoperto che diodi a base di arseniuro di gallio emettono grandi quantità di luce infrarossa. Al fine di realizzare per questa luce una “scatola” di risonanza equivalente a quelle utilizzata nel maser, Hall e colleghi hanno preso un piccolo cristallo di arseniuro di gallio lucidandone due facce opposte: così, come raccontano nell’articolo, il diodo ha prodotto un raggio laser a infrarossi.
Da allora i miglioramenti sono stati continui e hanno portato ai raggi di luce rossa che troviamo oggi comunemente in uso.
Una terza coppia di articoli esplora il lato quantistico della luce: pubblicati nel 1963, sono firmati da Roy J. Glauber, futuro premio Nobel per la fisica nel 2005. I titoli sono poco familiari: “Photon Correlations” e “The Quantum Theory of Optical Coherence”; ma segnano la nascita dell’ottica quantistica, a partire dalla teoria elaborata da Glauber che spiega come i fotoni non siano oggetti del tutto indipendenti e che rilevare un fotone in un fascio di luce implica la probabilità di rilevarne un altro.
Il quarto articolo, “Apparent Weight of Photons ”,coperto una tecnica estremamente precisa per misurare la frequenza di onde molto corte chiamate raggi gamma; mettendo una sorgenenza di poche parti su un milione di miliardi e hanno verificato il cosiddetto redshift gravitazionale predetto da Einstein entro un 10% del valore atteso.
Infine, un tris di articoli degli anni ’80, con diverse firme prestigiose tra le quali i premi Nobel Steven Chu e Claude Cohen-Tannoudji, racconta il percorso di sviluppo delle tecniche di rallentamento e raffreddamento atomico che ha portato dapprima a raffreddare rapidamente una nube di atomi di sodio a meno di un millesimo di grado sopra lo zero assoluto, poi ad “addensare” una sorta di “melassa ottica” raffreddandola a due milionesimi di grado sopra lo zero assoluto. Sono tecniche che hanno consentito di creare un nuovo stato della materia ultrafredda chiamato condensato di Bose-Einstein e di ottenere notevoli miglioramenti negli orologi atomici di alta precisione.
Fin qui il contributo di Physical Review. Ma l’idea di riproporre il meglio di quanto si è scritto sulla luce è stata seguita anche da altre riviste. Come Physics World, che propone i suoi dieci pezzi migliori, spaziando dalla storia dell’egiziano Ibn-al-Haytham, che mille anni fa ha rivoluzionato le idee diffuse sull’ottica; alla spiegazione del fenomeno dell’arcobaleno; agli ologrammi; ai comportamenti di animali che hanno ispirato le tecnologie della fotonica. Per finire in bellezza col principe dei dispositivi ottici attuali, il LED, spiegato da Shuji Nakamura che per lo sviluppo dei LED a luce blu ha guadagnato il premio Nobel 2014.