È passato già più di un anno dal 23 ottobre 2013, quando l’ultimo telecomando ha raggiunto il satellite Planck, che adesso orbita silenzioso attorno al Sole nel vuoto immenso del nostro Sistema Solare. Eppure la miniera d’oro dei dati prodotti da Planck è ancora ricca e prolifica di scoperte e nuove domande. Ieri, 5 febbraio 2015, la collaborazione Planck ha annunciato il terzo rilascio ufficiale di dati e risultati della missione.
Planck è il satellite più avanzato concepito per osservare il Fondo Cosmico di Microonde, la prima luce dell’universo “bambino” quando, all’età di circa 380.000 anni, ha lasciato l’impronta della sua struttura granulare nel fondo cosmico di microonde. Il primi risultati, rilasciati nel 2011, ci hanno mostrato uno sguardo nuovo della Via Lattea osservata alle frequenze di Planck (30 e 900 GHz); a marzo 2013 la collaborazione ha svelato l’immagine più accurata mai ottenuta del fondo cosmico di microonde, confermando in modo spettacolare il cosiddetto “modello cosmologico standard” e ponendo un forte accento su molte domande ancora aperte.
Ma i dati rilasciati ieri, dati che molti aspettavano da tempo, ci rivelano la struttura dell’universo appena nato da un punto di vista diverso, grazie ad una misura di un’accuratezza senza precedenti in una proprietà del fondo cosmico di microonde chiamata polarizzazione.
Le onde elettromagnetiche (come il fondo cosmico) sono vibrazioni di campi elettrici e magnetici che si propagano nello spazio. Possiamo pensare alla polarizzazione come la direzione di tali vibrazioni. Se i campi vibrano in tutte le possibili direzioni allora la radiazione non è polarizzata, ma se vi è una direzione preferenziale allora si ha polarizzazione.
Solo una piccola frazione (circa il 10%) del fondo cosmico di microonde è polarizzata, il che rende la sua misura particolarmente difficile. Se misurare l’intensità del fondo cosmico è come rilevare il pianto di un bambino in una discoteca, allora misurarne la polarizzazione è un po’ come riconoscerne il respiro. Occorrono strumenti di grande sensibilità e una cura particolare nell’analisi dei dati per poter distinguere il segnale cercato da quelli spuri, di natura sia astrofisica che strumentale.
Perché la polarizzazione del fondo cosmico è così interessante tanto che la sua misura viene considerata una delle principali frontiere sperimentali della cosmologia? Il punto è che in questo debole segnale vengono codificate preziose informazioni che riguardano sia i primissimi istanti dopo il Big Bang che il periodo in cui si sono formate le prime stelle.
Quando si sono accese le prime stelle, infatti, le grandi energie liberate hanno rotto il legame fra elettroni e protoni di una frazione del gas presente nell’universo, determinandone una parziale re-ionizzazione. Questo processo ha lasciato una debole segnatura nella polarizzazione del fondo cosmico a grandi scale, segnatura che Planck ha misurato con accuratezza senza precedenti permettendo di capire che le prime stelle si sono formate circa 550 milioni di anni dopo il Big Bang, 100 milioni di anni più tardi di quanto ritenuto fino a ora. Questa nuova stima si trova in accordo con le osservazioni delle galassie più lontane osservate dal telescopio spaziale Hubble e aiuta a gettare luce sulle cosiddette Dark Ages, quei primi milioni di anni di importanza cruciale nello sviluppo delle prime strutture e dei quali si sa ancora poco.
Dopo più di vent’anni dalla sua ideazione Planck non ha tradito le aspettative di una missione di frontiera, che ha coinvolto centinaia di scienziati e giovani ricercatori in tutto il mondo. Oggi i dati sono ancora sotto lo scrutinio della collaborazione in vista del quarto rilascio previsto per il 2016, che consegnerà un’eredità scientifica di grandissimo valore e sarà il trampolino per nuove e affascinanti avventure lungo la strada del dialogo dell’uomo con il cosmo.
L’intensità e la direzione di polarizzazione delle emissioni a microonde della Via Lattea misurate da Planck (Credit ESA/Planck)