Si chiama “GREENLion”, dove Lion sta per leone ma è anche la contrazione di Li-ion, cioè ioni di litio: è un programma nell’ambito del Settimo Programma Quadro, recentemente selezionato dalla Direzione Generale Ricerca e Innovazione della Commissione Europea e proposto sul sito di Horizon 2020come esempio di “storia di successo”. Il progetto consiste nella realizzazione di una batteria al litio per le macchine elettriche, realizzata con componenti, tecnologie chimiche e processi produttivi innovativi che la rendono più economica, affidabile, sicura e amica dell’ambiente rispetto a quelle attualmente in uso. È realizzato da un consorzio europeo di dieci aziende, tre istituti di ricerca e tre università; due i partner italiani: il Politecnico di Milano e l’Enea.



Le batterie ricaricabili agli ioni di litio hanno attirato l’attenzione dei produttori di veicoli elettrici da quando sono state messe sul mercato nei primi anni ’90; tra i loro vantaggi ci sono: una carica in tempi più brevi e una capacità di immagazzinamento di energia superiore a quella di altri tipi di batterie ricaricabili. Ci sono però ancora delle barriere che limitano il loro pieno utilizzo. Il professor Andrea Mele, che guida il gruppo del Politecnico presso il Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “G. Natta”, indica tre voci principali: il costo, la sicurezza e l’ambiente.



Consideriamo l’aspetto ambientale: il gruppo di Milano si è occupato di studiare l’uso di nuovi materiali per alcuni componenti. «Nelle batterie – ha spiegato Mele a ilsussidiario.net – ci sono i componenti attivi, cioè quelli che originano la reazione che porta alla produzione di energia elettrica; e ci sono gli altri componenti. Uno di questi, molto importante, è il cosiddetto binder, cioè il legante: nella tecnologia attuale è dato da un film polimerico che ha la funzione di tener attaccati i materiali che costituiscono gli elettrodi con il collettore delle cariche elettriche. Finora il materiale utilizzato è stato un polimero sintetico, il polivinilidenfluoruro (PVDF). La nostra idea è stata di sostituire il PVDF con un polimero naturale: in particolare ci siamo indirizzati su un derivato molto comune della cellulosa che è la CarbossiMetilCellulosa, detta comunemente CMC: è un prodotto commerciale, di basso costo, che si ottiene da fonte rinnovabile – perché è un derivato della cellulosa – e ha il grosso vantaggio di essere solubile in acqua. Ciò permette una lavorazione totalmente in acqua, senza il ricorso a solventi organici che, dal punto di vista ambientale, hanno il grosso svantaggio di essere in genere volatili e quindi costituiscono una fonte di inquinamento, oltre che essere più costosi rispetto all’acqua».



L’idea del gruppo di Mele ha funzionato ed è uno dei risultati più rilevanti del progetto. Strettamente connesso con l’aspetto ambientale c’è quello economico: uno dei punti di abbattimento dei costi previsto dal progetto è legato al fatto che il passaggio da un polimero sintetico a uno naturale come la CMC riduce di molto i costi. In un report di GREENLion vengono indicati alcuni dati eloquenti: il costo per il PDVF è industrialmente fra i 15 e i 18 euro al kg mentre la CMC è fra 1 e 2 euro al kg, quindi un ordine di grandezza in meno.

Altro fattore interessante è che il PDVF viene lavorato in un solvente (l’NMP) che oltre al avere un impatto ambientale ha un costo non indifferente: basta considerare che, benché per l’NMP siano previste azioni di recupero e di rivendita a fine processo, il costo dell’acqua distillata utilizzata nel processo proposto da GREENLion è comunque nettamente inferiore.

Quindi gli aspetti ambientali e quelli economici si rafforzano a vicenda in un circolo virtuoso. Ma c’è anche da considerare il tema della sicurezza. «Le batterie al litio attualmente utilizzate, presentano un rischio di incidenti, cioè di accendersi occasionale; un rischio molto basso ma non nullo. Le notizie di incidenti di questo tipo, in una tecnologia così promettente, fanno in breve il giro del mondo: ci sono immagini sul web di esplosioni di PC o di un Boeing 787 messo a terra all’inizio del 2013 per un episodio del genere. I rischi sono minimi ma l’impatto di un incidente è fortissimo». Perciò, nell’ambito del programma GREENLion si è curato molto il fattore sicurezza; e l’aver sostituito i componenti organici con quelli legati a un processo acquoso ha portato anche a un notevole aumento della sicurezza.

Le innovazioni studiate in GREENLion hanno seguito un po’ tutto l’iter che può portare alle nuiove batterie: dallo studio di nuovi materiali, ai processi innovativi per produzione di elettrodi, ai processi di assemblaggio della singola cella, fino al prodotto finito compreso il design che favorisce il riciclaggio e la riduzione dei rifiuti. Nella fase finale è previsto anche il contributo dei partner aziendali, come Volkswagen e Seat, che saranno coinvolti nella valutazione del modulo batteria finale per vedere se soddisfa le specifiche richieste per i veicoli elettrici.

Il programma terminerà nell’ottobre 2015; fra due settimane ci sarà il meeting del 40esimo mese e il meeting successivo sarà quello conclusivo. «Il progetto – conclude Mele –era strutturato in moduli ben studiati all’inizio, con una particolare attenzione all’interattività tra i team di ricerca. Personalmente ho constatato una notevole osmosi fra i tutti i gruppi e posso dire che è stato un bell’esempio di collaborazione tecnico-scientifica fra persone di estrazioni e di expertise completamente diverse».