Quando nel 1595 l’esperto occhialaio olandese Zacaria Jannsen costruì il primo microscopio ottico utilizzando due lenti da vista che aveva fabbricato nel proprio laboratorio, non poteva certo immaginare che quattro secoli più tardi lo stesso strumento sarebbe stato realizzato sfruttando uno strano dispositivo elettronico destinato a tuttaltro uso. È di questi giorni, infatti, la notizia che un gruppo di ricercatori dell’Università di Houston (Usa) e, indipendentemente (ma quasi contemporaneamente) uno studente di ingegneria meccanica dell’Università di Washington (Usa), hanno realizzato con modalità molto simili una sottile lente di materiale polimerico che, applicata davanti all’obiettivo fotografico presente sui telefonini, consente di ottenere immagini ingrandite confrontabili con quelle che si ricavano dai comuni microscopi ottici.
Per comprendere l’originalità della scoperta, ricordiamo che un “normale” microscopio da laboratorio è un dispositivo ottico piuttosto raffinato costituito da due sistemi di lenti. Il primo di questi sistemi di lenti – il cosiddetto obiettivo (i microscopi ne montano in genere almeno tre intercambiabili) – forma un’immagine ingrandita dell’oggetto in esame, mentre il secondo – l’oculare – ingrandisce ulteriormente l’immagine fornita dal primo. L’ingrandimento complessivo di un microscopio è quindi dato dal prodotto degli ingrandimenti dell’obiettivo usato moltiplicati per quelli dell’oculare.
La lente messa a punto dal gruppo dell’Università di Houston – quella sviluppata a Washington è del tutto simile – è stata realizzata utilizzando un polimero dal nome piuttosto complicato (che può essere sintetizzato con la sigla PDMS), la cui consistenza è simile a quella del miele. La tecnica costruttiva è particolarmente semplice. In pratica, si deposita una goccia di questo polimero su una superficie pre-riscaldata, essiccandosi la goccia di PDMS polimerizza assumendo l’aspetto e la consistenza di una normale lente a contatto, di quelle utilizzate per correggere i difetti visivi. Le caratteristiche ottiche della lente così prodotta, e quindi in definitiva il suo potere d’ingrandimento, possono essere facilmente controllate in fase realizzativa, agendo sulla temperatura a cui viene portata la piastra riscaldante e sulla durata della fase di riscaldamento.
Come detto, una volta completato il processo di polimerizzazione si ottiene una lente morbida e flessibile che può essere applicata (senza bisogno di alcun supporto addizionale ma solo per auto-adesione) all’obiettivo della fotocamera presente nel cellulare. Stando a quanto affermano gli autori della scoperta, la combinazione delle due lenti permetterebbe di riprodurre il comportamento di un microscopio ottico con un ingrandimento di 120X (o, equivalentemente con una risoluzione di qualche micron).
Evidentemente un dispositivo di questo tipo non presenta le stesse caratteristiche di stabilità e flessibilità d’uso di un microscopio commerciale. La messa a fuoco dell’immagine deve essere effettuata modificando per tentativi la distanza del cellulare dall’oggetto, la stabilità dell’immagine ingrandita dipende dalla capacità di mantenere fermo il telefonino durante l’osservazione, la lente addizionale può facilmente deteriorarsi durante la fase di rimozione a causa della scarsa resistenza del materiale polimerico ecc. Tuttavia, notevoli sono anche i vantaggi che questo nuovo dispositivo è in grado di offrire. Innanzi tutto i costi: un normale microscopio da ricerca, infatti, può essere acquistato a un prezzo che si aggira attorno ai 10.000 euro, mentre il costo di una lente in PDMS dovrebbe essere all’incirca di 3 centesimi di euro, se prodotta in grosse quantità.
Certo, non si tratterebbe dello stesso dispositivo, ma costi così ridotti consentirebbero un utilizzo molto diffuso di queste lenti “usa e getta” soprattutto da parte di studenti durante le esercitazioni in classe (i microscopi commerciali sono poco diffusi nelle scuole a causa del loro costo) oppure da parte di tecnici che devono effettuare indagini in campo (lontano dai propri laboratori). Si pensi, ad esempio, ad un possibile uso del cellulare-microscopio da parte di medici e operatori sanitari che svolgono indagini cliniche in situazioni disagiate nei paesi del terzo mondo.
In definitiva, l’introduzione di questa nuova lente nel mercato dei dispositivi elettronici, consentirebbe di aprire nuove e fino ad ora impensabili applicazioni per cellulari, smartphone e tablet, che renderebbero questi oggetti non solo utili mezzi di comunicazione ma anche potenziali strumenti per la didattica, la medicina e l’indagine scientifica.