L’astrofisica dei prossimi decenni si presenta all’insegna della grandi dimensioni. Enormi progetti sono in preparazione per affrontare le grandi domande tuttora aperte sul cosmo, la sua struttura, la sua evoluzione. Parte di questa grandezza sarà visibile nelle gigantesche infrastrutture osservative che si stanno costruendo in diverse parti del mondo; una parte però non sarà visibile ma rappresenta forse la risorsa più rilevante messa a disposizione dell’ingegno dei ricercatori: sono quelli che ormai sentiamo spesso nominare come Big Data.



Anche l’indagine astrofisica, come un po’ tutte le scienze, oggi si basa ampiamente sulla grande mole di dati che gli strumenti di misura digitali riversano nei potenti computer; la possibilità poi di portare questi strumenti nello spazio o di collocarli sotto le montagne o nelle profondità marine, non fa che aumentare a dismisura il flusso dei dati che arrivano nei laboratori; la sfida quindi dei grandi osservatori del futuro, oltre che sulle abilità tecniche costruttive, si giocherà sulla capacità di acquisire, elaborare e memorizzare grandi quantità di dati in tempo reale.



C’è anche da aggiungere che la ricerca cosmologica si raccorda sempre più con quella sulle particelle elementari; cosicché, ai dati raccolti osservando le profondità dell’universo, si aggiungono quelli ottenuti negli esperimenti sotterranei con i potenti acceleratori, come quello del Cern. L’analisi e l’elaborazione dei dati diventano così sempre più imponenti e complesse.

È in questa prospettiva che la comunità degli astronomi, astrofisici e fisici delle astroparticelle europei ha lanciato il progetto Asterics (ASTronomy Esfri and Research Infrastructure CluSter), che è stato recentemente finanziato con 15 milioni di euro e permetterà ai ricercatori del Vecchio Continente di analizzare e condividere dati e immagini provenienti dai numerosi osservatori e infrastrutture di prossima generazione.



Il progetto, guidato dal Netherlands Institute for Radio Astronomy Astron, è un consorzio di 22 partner, in cui l’Italia partecipa con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e l’Istituto nazionale di Astrofisica (Inaf); è un network che potrà valorizzare e mettere a servizio della scienza tante competenze e apparecchiature sviluppate in tutta Europa per il calcolo parallelo e distribuito, per un rapido ed efficace accesso ai dati e alla loro interoperabilità, per l’applicazione di software e algoritmi sempre più sofisticati e in grado di dominare calcoli complessi.

Molte strutture di ricerca beneficeranno delle potenzialità di Asterics ma sono quattro quelle principalmente sostenute. Una è l’European Extremely Large Telescope (E-ELT), attualmente in costruzione in Cile: sarà il più grande telescopio ottico mai realizzato, un telescopio ottico e infrarosso di 39 metri di apertura posto sul Cerro Armazones nel deserto cileno di Atacama, a 20 chilometri dal VLT (Very Large Telescope) dell’ESO installato sul Cerro Paranal. È del dicembre scorso il via libera alla costruzione dato dal Council dell’ESO (European Southern Observatory), che ha autorizzato una spesa fino a 1.012,5 M€ per l’entrata in funzione del telescopio nel 2024. I dati che E-ELT potrà fornire a Asterics consentiranno la caratterizzazione di pianeti extrasolari, lo studio di popolazioni stellari risolte in galassie vicine, nonché osservazioni ultra-sensibili dell’Universo profondo e molto altro.

Un’altra struttura coinvolta nel programma è lo Square Kilometre Array (SKA), in corso di realizzazione in due sedi in Australia e Sud Africa: un progetto globale di scienza e ingegneria che mira a costruire la più grande rete di radiotelescopi al mondo. Una volta completato, SKA fornirà oltre un milione di metri quadrati di area di raccolta, con migliaia di radiotelescopi collegati con la rete di comunicazione ad alta velocità più potente mai usata in astronomia, trasportando i dati a una velocità che farà impallidire i moderni metodi di trasmissione via Internet.

È di pochi giorni fa la notizia della decisioni di stabilire al Jodrell Bank Centre dell’università di Manchester il quartier generale del progetto (preferendolo a Padova): superata la piccola delusione, gli italiani restano comunque in una posizione di primo piano in questo progetto che promette grandi avanzamenti nelle osservazioni astronomiche: tra gli obiettivi scientifici principali ci sono la materia oscura, l’energia oscura, le onde gravitazionali, la formazione delle primissime stelle e galassie dopo il big bang.

Dal km quadrato al km cubo: il terzo progetto supportato da Asterics sarà KM3NeT, un telescopio delle dimensioni appunto del km3, posto sul fondo del Mediterraneo a 3500 m di profondità con l’obiettivo di rilevare i neutrini, le elusive particelle provenienti dallo spazio e dotati di massa vicina allo zero. Sarà costituito da decine di migliaia di sensori ottici (fotomoltiplicatori),cioè “occhi elettronici” che formeranno un’antenna sottomarina in grado di identificare la scia luminosa prodotta in mare dalle rare interazioni dei neutrini di origine astrofisica con l’acqua.

I neutrini sono gli unici messaggeri cosmici che, non avendo carica ed essendo dotati di massa piccolissima, possono percorrere indisturbati grandi distanze senza risentire dei campi magnetici e senza interagire con la materia: ci potranno permettere di individuare in modo univoco le sorgenti di raggi cosmici da cui provengono. L’architettura del telescopio è ottimizzata per osservare i segnali dei neutrini di alta energia provenienti da oggetti astrofisici esplosivi sia galattici, come i resti di supernovae, sia extragalattici come i Nuclei Galattici Attivi e i Gamma Ray Burst.

La quarta struttura supportata da Asterics è il Cherenkov Telescope Array (CTA), il primo osservatorio mondiale per i raggi gamma, che comprende due grandi schiere di telescopi di tipo Cherenkov nei due emisferi. Il CTA offrirà prestazioni molto più elevate rispetto ai telescopi a raggi gamma oggi in funzione: il miglioramento delle capacità di rivelazione sarà di fondamentale importanza per lo studio dei molti tipi di sorgenti di raggi gamma, per identificare i meccanismi di accelerazione dei raggi cosmici e per aprire una finestra sulla rivelazione di nuova fisica, ad esempio di segnali di materia oscura.

Tra le altre strutture che si avvarranno dei calcoli di Asterics ce ne sono alcune future, come l’Osservatorio Gravitazionale Europeo (EGO), il telescopio spaziale Euclid dell’ESA, il Large Synoptic Survey Telescope (LSST) e altre già operative come il Low Frequency Array (LOFAR), l’High Energy Stereoscopic System (HESS), il Major Atmospheric Gamma Imaging Cherenkov (MAGIC) e la European Very Large Baseline Interferometry Network (EVN).

C’è da aggiungere che, contemporanea alla notizia del finanziamento di Asterics, è giunta quella della decisione dell’Inaf di entrare nella OpenPower Foundation, un consorzio fondato da IBM, Google, Nvidia, Mellanox e Tyan, che riunisce alcuni tra i maggiori fornitori di tecnologia informatica ed è in fase di espansione anche nei confronti delle università e degli istituti di ricerca di tutto il mondo.

La comunità scientifica sembra proprio pronta a raccogliere la sfida dei Big Data; e lo farà, a differenza del piccoletto dei celebri fumetti francesi del quale imita il nome, senza bisogno di “pozione magica”.