Le fattorie verticali non sono fantascienza. Esistono già realizzazioni concrete in alcuni Paesi: in Olanda ci sono la Vitro Plus Propagation e la Delicious City Farming; nell’Illinois, non lontano da Chicago, c’è Greensense Farms, in California ci sono le Sierra Gold Nurseries e nel Minnesota le Bailey Nurseries; in Giappone ce n’è una alla Osaka Prefecture University; in Inghilterra presso lo Stockbridge Technology Center c’è Led4Crops; e non poteva mancare la Cina, con la Shangai Dadi Propagation. Per avere un’idea di cosa si tratti non serve però un lungo viaggio: basta andare a Expo 2015 all’interno del ”Future Food District” di fronte al ”Supermercato del Futuro” della Coop: li è in funzione una Vertical Farm realizzata dall’ENEA, con il contributo di un pool di aziende specializzate del settore: un simbolo dell’agricoltura del futuro, dove vengono coltivati basilico e lattughe in cubetti di torba pressata, tramite concimazione a flusso e riflusso a ciclo chiuso, con ricircolo continuo dell’acqua.



Ne parla con passione a ilsussidiario.net Gabriella Funaro, dell’Unità Centrale Studi e Strategie presso il Centro Ricerche Casaccia dell’ENEA, che dal 2008 si dedica a questo tipo di progetti e ha curato la realizzazione del prototipo in funzione qui a Expo 2015. «Abbiamo iniziato gli studi in questa direzione qualche anno fa, pensando che il futuro dell’agricoltura fosse proprio quello delle colture idroponiche su più strati, motivate anche dalla carenza di terre arabili, dal problema dell’acqua e da un insieme di altre esigenze che da tempo a livello internazionale spingevano per la ricerca di nuovi modi di fare agricoltura.



Siamo partiti con il progetto, piuttosto ambizioso, dello ”Skyland”: un edificio di trenta piani, con un progetto architettonico avveniristico che integrava soluzioni ingegneristiche avanzate, tecnologie e materiali innovativi per raggiungere la sostenibilità e azzera la distanza fra produzione e consumo delle risorse agroalimentari.

Per il prototipo presentato adesso, abbiamo studiato in dettaglio le caratteristiche di questo tipo di colture e siamo arrivati a una soluzione che è ormai consolidata e riproducibile». Il sistema idroponico di coltivazioni all’interno della Vertical Farm (VF) non ha bisogno di suolo, ma solo di acqua e di elementi nutritivi e consente a qualsiasi tipo di pianta di crescere in substrati alternativi alla terra – come ad esempio la torba pressata, l’argilla espansa o la lana di roccia – immersi in acqua con soluzioni nutritive a riciclo continuo.



La crescita delle piante è poi assicurata da un’illuminazione a LED che replica le condizioni naturali e accelera la fotosintesi clorofilliana. «La Vertical Farm rappresenta una delle soluzioni dell’agricoltura del terzo millennio per la produzione di ortaggi fuori suolo, multistrato, a ciclo chiuso integrale (riciclo totale dell’acqua e dei fertilizzanti), in ambiente protetto e climatizzato, senza utilizzo di pesticidi e insetticidi e ad illuminazione artificiale, appunto con i LED. Il nostro prototipo, che stiamo testando a Expo, è il primo esempio italiano ad applicare tutti questi sistemi».

La VF è composta da una struttura metallica di 3 metri per 3 e 4,5 di altezza, rivestita da pannelli di vetro trasparente (vetrocamera extrachiaro temperato) sui lati est e ovest e da pannelli termoisolanti (vetrocamera riflettente opacizzato) sui lati nord e sud. Sul lato nord è inserito un schermo a LED (1,5 per 2 metri), mentre sul lato sud si apre la porta di servizio. La copertura piana della struttura serve anche da struttura di sostegno degli impianti di climatizzazione della serra. All’interno della serra, sui due lati che si affacciano ad est e ovest, sono presenti scaffalature composte da sei ripiani con la funzione di sorreggere vasche a flusso e riflusso contenenti acqua con sostanze nutritive e colture (multilayer cultivation system).

C’è un impianto di fertirrigazione automatico, cioè un sistema computerizzato di distribuzione delle sostanze nutritive con l’acqua di irrigazione. «Inoltre, la VF non produce rifiuti, in quanto tutti i prodotti utilizzati per la crescita delle piante vengono continuamente riciclati al suo interno. Non vengono nemmeno prodotti rumori molesti, tranne un leggero ronzio dell’impianto di aria condizionata, anch’essa completamente riciclata all’interno dell’impianto».

Il vantaggio principale è quello relativo alla sanità e integrità dei raccolti: «Le piante è come se fossero all’aperto, però tutto si svolge al chiuso, in un ambiente che non ha nessun tipo di contatto con l’esterno e quindi è privo di contaminazioni, perciò non si richiede alcun ricorso a pesticidi». C’è comunque anche un potenziamento delle rese: «basti pensare che qui abbiamo sei bancali sovrapposti e quindi, potendoci sviluppare in altezza, è come se il raccolto fosse sestuplicato». Questo è un prototipo, di dimensioni tutto sommato non enormi; ma lo stesso modello può essere sviluppato su sistemi di dimensioni decisamente maggiori, collocabili in qualsiasi situazione e contesto.

Il problema sul quale ancora si sta lavorando – e che sarà la fonte dei principali avanzamenti nel prossimo futuro – è quello della illuminazione e dei relativi costi: «Dovendo dipendere totalmente dalla luce artificiale, in particolare da luce a LED fredda, c’è un costo relativo ai consumi energetici. Tuttavia i LED, in particolare per applicazioni in agricoltura, stanno facendo notevoli passi avanti: già quelli cha abbiamo usato qui sono di ultimissima generazione, prodotti dalla Philips Horticolture; ma in futuro si può pensare a componenti ancor più efficienti e con costi ridotti».

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