L’orologio atomico compie sessant’anni e già si profila una nuova stagione di strumenti per misurare il tempo con una precisione incredibile. Era il giugno del 1955 quando i fisici britannici Louis Essen e Jack Parry mettevano in funzione presso il National Physical Laboratory il primo orologio al Cesio mostrando la possibilità di utilizzare un orologio atomico per registrare la frequenza delle onde elettromagnetiche emesse da atomi che cambiano stati energetici. Il principio era già noto: l’atomo di una qualsiasi sostanza può assumere un certo numero di stati eccitati ben determinati, caratteristici dell’elemento al quale esso appartiene; quando passa da un livello di energia ad uno inferiore l’atomo cede energia e, al contrario, ne assorbe quando passa al livello superiore.
Questo cambiamento di livello, o transizione, dà luogo all’emissione o all’assorbimento di una radiazione elettromagnetica, la cui frequenza è direttamente proporzionale alla quantità di energia ed è determinabile con grande precisione. Gli atomi che si sono rivelati molto adatti a essere utilizzati come “oscillatori” sono quelli di idrogeno, rubidio e cesio. Il segnale di riferimento derivato da questi oscillatori per definire l’intervallo di “un secondo” ha una accuratezza che, nei migliori campioni al cesio da laboratorio, è almeno diecimila volte migliore di quella raggiungibile con le osservazioni astronomiche. Va ricordato che fino agli anni ’60 l’unità di misura del tempo era il “secondo solare medio”, adottato come riferimento internazionale dalla conferenza di Parigi del 1875. Ma nel 1967, la 13esima Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure, ha deciso di rivedere tale definizione e di ricorrere alla transizione naturale del cesio per stabilire cos’è il secondo che quindi è “l’intervallo di tempo che contiene 9 192 631 770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione tra i due livelli iperfini dello stato fondamentale dell’atomo di cesio 133”. Negli ultimi dieci anni, vari laboratori hanno creato prototipi dei cosiddetti orologi atomici ottici, che utilizzano diversi elementi come lo stronzio e l’itterbio che emettono e assorbono fotoni di frequenza più elevata nello spettro del visibile. Questo tipo di apparecchiature riesce a fornire misure di tempo sempre più precise: si stima che i migliori di questi orologi possono guadagnare o perdere non più di un secondo ogni 15 miliardi di anni (più dell’età attuale dell’Universo), il che li rende cento volte più precisi rispetto ai loro omologhi di cesio. Gli orologi ottici sono quindi i migliori cronometristi esistenti; solo che l’unico modo per verificarlo, in pratica, è quello di confrontare i diversi modelli uno rispetto all’altro e vedere se vanno d’accordo. Ecco allora la notizia, rilanciata da Nature: a partire dal 4 giugno, quattro laboratori europei hanno iniziato il processo di test; sono: il National Physical Laboratory (NPL) di Teddington (UK), il dipartimento Time-Space Reference Systems dell’Osservatorio di Parigi; l’Istituto Nazionale tedesco di Metrologia (PTB) di Braunschweig; e il nostro Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRIM) di Torino.
Questi laboratori ospitano una varietà di orologi ottici che sfruttano diversi elementi in diversi set-up sperimentali. Per la prima prova, ciascun istituto trasmetterà un segnale correlato alla frequenza ottica dei suoi orologi ad un satellite, che rilancerà indietro il fascio agli altri laboratori; ciò consentirà ai laboratori di confrontare le frequenze di luce emessa dai loro orologi e misurare quindi se tutti “tengono il tempo” allo stesso ritmo. Finora era stata fatto qualche tentativo di confronto tra orologi ottici, ma mai con questa rilevanza. Gli scienziati fanno notare che una frequenza superiore non significa necessariamente un orologio più accurato, perché anche piccole variazioni della sensibilità ai fattori ambientali possono influenzare la capacità di diversi orologi di tenere il tempo La speranza, ovviamente, è che tutti gli orologi si trovino d’accordo, confermando di essere così precisi come dicono. Se però alcuni orologi non lo saranno, allora sarà necessario cambiare qualcosa.
Il test iniziale tuttavia è solo il preludio ad un controllo più preciso, perché ha una grande limitazione: per inviare ad un satellite il fascio di luce, questo deve essere convertito nella frequenza delle microonde, il che significa una perdita di gran parte della potenziale accuratezza supplementare ottenuta usando luce visibile. Aumentando la velocità di trasferimento dei dati, i laboratori europei sperano di migliorare la precisione dei confronti; ma si tratterà sempre di valori limitati. Insomma, la funzione principale del test satellitare sembra essere quella di consolidare la fiducia negli orologi ottici e dimostrare che essi hanno prestazioni almeno paragonabili ai migliori orologi al cesio esistenti.
Il test più accurato trasmetterà tra i laboratori segnali nello spettro visibile attraverso cavi in fibra ottica. Ciò consentirà agli orologi di confrontarsi con una precisione simile a quella prevista degli orologi stessi. Alcuni laboratori hanno già stabilito tali collegamenti e le prove sono iniziate sulle tratte tra Parigi e Teddington e tra Parigi e Braunschweig. Collegamenti in fibra ottica tra orologi atomici ottici esistono già altrove, come ad esempio tra il NIST (US National Institute of Standards and Technology) e il Jila, entrambi a Boulder (Colorado) ma non coinvolti nel programma; questi peraltro coprono distanze più brevi rispetto alla rete europea. L’Europa in effetti è in una posizione unica in quanto ha un’alta densità dei migliori orologi del mondo. Anche se gli orologi passeranno questa prova successiva, scalzare l’orologio al cesio per arrivare a una nuova definizione più precisa del seconda non sarà facile.
Bisogna tener presente che attualmente il tempo atomico internazionale – in base al quale è stabilito il Tempo Universale Coordinato, o UTC – è calcolato facendo la media delle misure effettuate da centinaia di orologi atomici; per fare la stessa con orologi atomici ottici ci vorrebbe un modo per aggregare i tempi a questo livello preciso; col metodo della trasmissione in fibra ottica attraverso gli oceani ciò non è attualmente possibile. D’altra, avere una misura di tempo sempre più precisa sarebbe importante per migliorare i sistemi GPS, per la radio astronomia ad alta risoluzione, e anche per la marcatura temporale delle transazioni finanziarie. Senza dimenticare la possibilità di individuare piccole variazioni nelle costanti fondamentali della natura, per verificare se sono realmente costanti nel tempo; con tutte le implicazioni a livello teorico ben immaginabili.