Il Padiglione Italia di Expo 2015 è la cornice giusta per discutere di biodiversità, come hanno fatto ieri ricercatori, amministratori e pubblico interessato, radunati dal Cnr per il convegno “Ecosistemi e Biodiversità: la ricerca al servizio dei cittadini”. L’iniziativa, parte del programma Cnr per Expo, ha visto come promotori e protagonisti i ricercatori di vari istituti del Cnr (Ismar, Irea, Isafom, Ibbe), quelli di LTER e Life Watch oltre a esponenti di università italiane e di altri enti come la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e il Corpo Forestale dello Stato. «L’idea centrale –ha detto a Ilsussidiario.net Giorgio Matteucci del Cnr-Isafom di Cosenza – è di presentare ai cittadini, con linguaggio comprensibile a tutti, la rete LTER, ovvero la rete per le ricerche di lungo termine su ecosistemi e biodiversità, e le iniziative di Life Watch che lavora sui dati della biodiversità. Abbiamo voluto presentare anche la nuova iniziativa, lanciata nei mesi scorsi e particolarmente legata a Expo, dei ”cammini LTER” come occasione per osservare e conoscere ecosistemi e biodiversità».



La LTER italiana è una delle 24 reti europee e delle 44 reti mondiali: «la nostra – dice Matteucci – si caratterizza per essere realmente multi-dominio e multi-disciplinare, cioè comprende ecosistemi terrestri, sia d’alta quota che forestali, lacustri, marini e situazioni di transizione (esempio le lagune, le dune costiere e così via); quindi è nelle condizioni migliori per studiare e  comprendere come i diversi ecosistemi stanno rispondendo ai cambiamenti in atto».



Un capitolo di questo studio e della sua diffusione sono appunto i ”cammini”, da condividere tra ricercatori e cittadini; per quest’anno sono stati organizzati tre percorsi, che connettono dei siti di ricerca a lungo termine. Matteucci ce li descrive. Il primo, che si è già concluso a inizio luglio, si è svolto tra l’Adriatico e il Tirreno, come indica anche il suo nome: Mesothalassia, tra due mari; si è trattato di una ciclo-staffetta ecologica che ha portato i partecipanti dalle dune del Molise alla Stazione Zoologica Anton Dohrn nel Golfo di Napoli. Un altro partirà il 22 agosto e andrà dal Monte Rosa al Lago Maggiore, con una eco-staffetta tra i siti LTER lanciata con lo slogan ”Rosa…azzurro…verde!”.



«Infine quello che è partito proprio ieri, in contemporanea col convegno, e avrà come obbiettivo i sistemi montani appenninici d’alta quota, con un titolo molto eloquente: ”Sugli Appennini Centrali dal Velino al Gran Sasso, l’avventura della biodiversità”.In tutti c’è la possibilità per i cittadini di partecipare ad attività di ricerca, raccogliendo campioni ed eseguendo semplici analisi ambientali. Ad esempio, il cammino iniziato ieri vedrà una prima attività sul Monte Velino, con rilevamenti della vegetazione e osservazioni ornitologiche; i partecipanti saranno accompagnati da botanici, ornitologi e geologi lungo tutto il percorso. La giornata conclusiva del 1° agosto, sul Gran Sasso, vedrà uniti ricercatori, naturalisti dilettanti e volontari in uno studio intensivo sul campo (un ”Bioblitz”), per determinare in 24 ore continuate tutte le specie vegetali e animali che vivono nell’area, contribuendo così alla definizione dello stato della biodiversità».  

Anche nel primo cammino, il Mesothalassia – che è stato dedicato al plancton, quindi agli organismi molto piccoli ma molto importanti per il loro ruolo nell’ecosistema marino – ogni sera c’era un momento di incontro con le popolazioni locali per spiegare lo scopo e l’importanza, anche sociale,  di quelle ricerche.

Ma come si presenta la situazione della biodiversità in Italia? Ci sono motivi di allarme? Matteucci mostra motivi di preoccupazione, senza drammatizzare. «La biodiversità in generale merita la giusta attenzione, e non solo per quanto riguarda le specie particolarmente sensibili o a rischio: è tutta la biodiversità che consente agli ecosistemi di essere vitali e funzionali. L’Italia, all’interno del bacino del Mediterraneo, è uno dei cosiddetti hotspot, dei punti caldi, della biodiversità; quindi è un’area dove la biodiversità è un po’ più critica, anche a seguito del fenomeno dei cambiamenti climatici. Il nostro Paese ospita gran parte della biodiversità europea, che ovviamente risente molto delle mutate condizioni dovute al riscaldamento globale. Si pensi al problema delle zone costiere e agli effetti sui sistemi viventi del riscaldamento delle acque, con possibile crescita di produzioni algali che possono mettere a rischio altre specie o con l’introduzione di specie non autoctone (in arrivo, ad esempio, tramite il canale di Suez) che possono andare a danneggiare le specie autoctone».

In ambiente terrestre, le situazioni più critiche sono date dalla frammentazione degli ecosistemi, cioè dal fatto che non sempre ci sono degli adeguati corridoi ecologici che possano assicurare una continuità e consentano alle specie di spostarsi agevolmente in caso di necessità.

«Altri ambienti da tenere sotto particolare osservazione sono le alte montagne, con la copertura nevosa che, di anno in anno, dura sempre meno e ha minor estensione. Poi ci sono i ghiacciai alpini che sono quasi tutti in regressione, a causa del riscaldamento: ciò ha una prima immediata conseguenza sulla disponibilità delle risorse idriche».

La riduzione dei ghiacciai potrebbe inoltre aprire la strada verso l’alto ad alcuni ecosistemi montani. Il global warming causa anche lo scioglimento del permafrost, presente in alta quota, e questo può generare situazioni di frane o movimenti di rocce, con evidenti conseguenze. «Non sono ancora quantificabili tuttavia ripercussioni dirette di questi fenomeni sulla biodiversità, anche se le conseguenze potranno sentirsi sulla distanza, sia di spazio che di tempo».