A vent’anni dalla realizzazione del primo superfluido, che gli valse il premio Nobel nel 2001, Wolfgang Ketterle continua a raggiungere traguardi spettacolari sul cammino verso quello che spesso viene chiamato il quarto stato della materia. L’ultima notizia, prontamente rilanciata da Nature, giunge dai Laboratori di Elettronica del MIT di Boston, dove il fisico tedesco trapiantato in Usa ha realizzato un gas superfluido, il cosiddetto BEC (condensato di Bose-Einstein), riuscendo per la prima volta a ottenerlo in un campo magnetico sintetico estremamente alto – 100 volte più potente dei più potenti magneti del mondo – e riuscendo a mantenerlo nella condizione di superfluido per un decimo di secondo, giusto il tempo per poterlo osservare bene.
Dei BEC si è iniziato a parlare nel 1924, quando il fisico indiano Satyendranath Bose ha mandato alcuni suoi studi sulla luce a Einstein che ha esteso quei risultati a un certo tipo di atomi. Ne è derivata la predizione che, se un gas di quel tipo di atomi veniva raffreddato a temperature bassissime, tutti gli atomi si potevano addensare nello stato energetico più basso possibile: è un processo analogo a quello che porta alla formazione di gocce di liquido da un gas, perciò sono stati chiamati “condensati”. In quelle condizioni si crea una sorta di nuova fase della materia, quella della superfluidità, dove gli atomi perdono le loro traiettorie individuali e si muovono insieme, formano un’unica grande onda quantomeccanica e assumendo alcune importanti e straordinarie proprietà, come quella di scorrere indefinitamente senza perdere energia, analogamente agli elettroni nei superconduttori.
Sono dovuti passare una settantina d’anni perché si riuscisse ad ottenere questo nuovo stato della materia e nel 1995 sono arrivati i primi risultati, premiati sei anni dopo col Nobel. I fisici Eric Cornell e Carl Wieman hanno prodotto un condensato di 2000 atomi di rubidio alla temperatura di 20 nanokelvin, cioè 20 miliardesimi di grado sopra lo zero assoluto. Indipendentemente da loro, Ketterle ha condotto un esperimento analogo con atomi di sodio, ampliando le osservazioni e ottenendo un flusso di piccole “gocce di BEC” che cadevano sotto l’effetto della gravità, dove gli atomi erano completamente coordinati e si muovevano all’unisono.
Si intuisce subito il grande interesse anche applicativo di questi fenomeni, per quanto riguarda le possibilità innovative di trasporto e di utilizzo di energia elettrica, nelle misure di alta precisione e nelle nanotecnologie in genere.
Il problema è che però i superfluidi non sono stabili e le loro brillanti proprietà possono svanire in un attimo se gli atomi non sono tenuti a temperatura ultrabassa e non possono essere confinati. Ecco allora il nuovo goal di Ketterle e del suo gruppo al MIT: sono riusciti a combinare diverse tecniche per produrre temperature bassissime così da mantenere il gas in condizione superfluida e confinarlo per un tempo sufficiente in un campo magnetico sintetico ultraelevato.
Dopo aver raffreddato gli atomi, i ricercatori hanno utilizzato un insieme di laser per creare una matrice cristallina o reticolo ottico; il campo elettrico dei fasci laser crea ciò che è noto come un paesaggio potenziale periodico, simile ad un contenitore per uova, che imita la disposizione regolare delle particelle in materiali cristallini reali. Il problema era di mantenere gli atomi su piccole orbite, simile a quelle degli elettroni che, essendo carichi, assumono orbite circolari quando si muovono in un campo magnetico. Ma gli atomi non sono carichi e il team del MIT ha dovuto applicare soluzioni particolari per produrre le orbite: applicando tecniche già messe a punto da Ketterle due anni fa, con l’ausilio di fasci laser addizionali sono riusciti a far muovere gli atomi su piccole orbite in modo simile a come si muovono le particelle cariche in un campo magnetico molto elevato.
«Quando abbiamo avuto l’idea – hanno detto i ricercatori – eravamo davvero entusiasti per la sua semplicità. Tutto quello che abbiamo dovuto fare è stato allora prendere due fasci laser adatti e allinearli con attenzione con angoli specifici: dopo di che gli atomi hanno iniziato bruscamente a cambiare il loro comportamento assumendo quello voluto. L’esperimento comunque è stato nel suo insieme abbastanza complicato, dovendo coordinare raggi laser, elettronica e magneti con la preoccupazione di mantenere tutto stabile».
Alla fine, sono stati in grado di mantenere il gas superfluido stabile per un decimo di secondo. Durante quel periodo, il team ha ripreso le immagini del tempo-di-volo della distribuzione degli atomi per poter catturare la topologia, cioè la forma, del superfluido. Queste immagini rivelano anche la struttura del campo magnetico: qualcosa di ben conosciuto ma mai direttamente visualizzata fino ad ora.
Ketterle è soddisfatto per essere così riuscito a verificare e identificare lo stato superfluido: «Se riusciremo a ottenere campi magnetici sintetici con un controllo ancora migliore, avremo aperto una nuova finestra nel mondo quantistico e il nostro laboratorio avrà davanti anni di lavoro su questo argomento, collegandole con i più avanzati programmi di ricerca sui materiali».