«Se sei aperto e umile, la matematica ti condurrà per mano. Molte e molte volte, quando ero in dubbio su come procedere, ho dovuto solo attendere finché ho sentito la matematica prendermi per mano. Ciò mi ha portato lungo un sentiero inaspettato dove si sono aperte nuove prospettive, un sentiero che conduceva a un nuovo territorio, dove si poteva preparare una base operativa da cui esaminare il panorama presente e pianificare il progresso futuro». Sono le parole con le quali il grande fisico e premio Nobel Paul Dirac – “l’uomo più strano del mondo” secondo il suo biografo Graham Farmelo – sintetizza il suo approccio alla conoscenza scientifica; quell’approccio che l’ha portato, sul finire degli anni ‘20 del secolo scorso, a prevedere l’esistenza e il comportamento dell’antimateria, in anticipo di qualche anno sulla effettiva scoperta, nel 1932, della prima antiparticella, il positrone (o antielettrone) che tutti ormai conosciamo, almeno di nome, attraverso l’esame clinico della PET (Tomografia a Emissione di Positroni).



Di antimateria si riparla in questi giorni per i risultati di un esperimento condotto al Cern di Ginevra da uno dei quattro grandi apparati sperimentali del superacceleratore LHC: è l’esperimento ALICE (A Large Ion Collider Experiment), coordinato dal fisico italiano Paolo Giubellino, dove un team di fisici dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) ha verificato l’uguaglianza di una proprietà fondamentale di materia e antimateria nucleare, la massa, a un livello di precisione mai raggiunto prima. Grazie all’abbondante produzione di nuclei leggeri nelle collisioni tra nuclei pesanti di piombo – come hanno spiegato gli scienziati di ALICE sulla rivista Nature Physics – l’esperimento è riuscito a selezionare un campione di un milione di nuclei di antideuterio e di migliaia di nuclei dell’isotopo leggero dell’antielio, e a misurare la differenza di massa con i corrispondenti nuclei di materia.



Questa differenza, entro gli inevitabili margini sperimentali, è risultata pari a zero. La misura conferma la validità di una simmetria fondamentale della natura, la cosiddetta simmetria “CPT” (Carica, Parità, Tempo), in base alla quale se esiste un nucleo, allora esiste anche un antinucleo con la stessa massa, ma carica opposta. La questione dei nuclei è fondamentale in questa storia. Sì, perché la sola scoperta dell’esistenza delle antiparticelle non era sufficiente a dimostrare che col loro assemblaggio si poteva costruire tutta una struttura materiale analoga e simmetrica a quella della materia già nota: cioè non era detto che combinando antiprotoni e antineutroni si ottenesse un antinucleo e aggiungendo antielettroni si arrivasse all’antiatomo e così via. Si è dovuto attendere il 1965, quando sempre al Cern, un gruppo guidato da Antonino Zichichi ha scoperto un antinucleo di deuterio (il deuterio è un isotopo dell’idrogeno) e ne ha misurato la massa, ottenendo la prova sperimentale dell’esistenza dell’antimateria nucleare. In onore di Dirac, lo stesso Zichichi ha voluto che sul palco dell’aula magna del centro “Ettore Majorana” di Erice da lui fondato, campeggiasse una gigantografia della equazione di Dirac, da alcuni indicata come la più bella equazione della fisica.



La scoperta di Zichichi era avvenuta mediante un esperimento che utilizzava uno degli acceleratori di allora, il ProtoSincrotrone (PS), lanciando un fascio di antiprotoni ad una intensità mai raggiunta prima e applicando una innovativa tecnologia per la misura del tempo di volo. La rivelazione dell’antideuterio è avvenuta in contemporanea con analoghe osservazioni effettuata da un gruppo di fisici americani all’acceleratore AGS (Alternating Gradient Synchroton) del Laboratorio Nazionale di Brookhaven a New York; in seguito sono stati osservati anche altri antinuclei leggeri (antitrizio, antielio e antialfa).

La misura di ALICE si collega a quella di cinquant’anni fa, migliorando sensibilmente la precisione nella stima della differenza in massa di nuclei e antinuclei, fino ad arrivare a una parte su 10000 nel caso dell’antideuterio e una parte su 1000 per l’antielio. Per conseguire queste performance è stato utilizzato un rivelatore del tempo di volo (TOF, Time Of Flight), realizzato dai ricercatori dell’INFN di Bologna e Salerno e del Centro studi e ricerche Enrico Fermi di Roma. Il tempo di volo è la misura del tempo che impiega una particella prodotta in una collisione a raggiungere il rivelatore, a circa 4 metri di distanza. Il rivelatore TOF misura con grande accuratezza questo tempo, grazie alle cosiddette Multigap Resistive Plate Chamber (MRPC), camere in grado di raggiungere risoluzioni temporali di 80 picosecondi (millesimi di miliardesimo di secondo), su una superficie di 144 metri quadrati, circa quanto un campo di pallavolo.

Dopo una collisione, i nuclei di antideuterio impiegano circa 15 nanosecondi (miliardesimi di secondo) a raggiungere il rivelatore: dalla misura del loro ritardo e conoscendone la quantità di moto, i fisici riescono a misurare con grande precisione la loro massa. Ecco così quella conferma, dell’uguaglianza della massa, che avrebbe fatto contento Dirac, rivelando un sorprendente aspetto di simmetria tra materia e antimateria. E rendendo ancor più acuto il mistero della asimmetria che si riscontra nell’universo evolutosi dopo il Big Bang, quando la materia ha preso il sopravvento sulla antimateria: un sopravvento minimo, ma quel tanto che è bastato per dare vita a tutto ciò che oggi possiamo contemplare nel cosmo.