Negli Stati Uniti sono 30 milioni le persone che soffrono di disordini alimentari. Stabilire una cura adeguata è molto complicato: di solito consiste in una combinazione di terapia cognitivo-comportamentale e farmacologica, ma ad ogni modo la cura è personale. Per esempio, dei 23 stati americani dove l’uso della marijuana è usata a scopo terapeutico, solo cinque hanno inserito nella lista delle malattie l’anoressia nervosa, mentre la bulimia e altri disturbi alimentari non vengono citati. C’è chi, grazie all’erba, ha ricominciato a mangiare. È il caso di Anna, raccontato da “Vice.com”, che aveva sempre pesato meno di 45 chili. La ragazza soffriva anche d’ansia. Un giorno però, insieme ad un amico, ha fumato una canna. Da quel momento l’ansia è svanita, lasciando il posto alla fame chimica. Così, insieme all’amico, ha consumato il suo pasto, spingendosi sino al dolce e per la prima volta si sentiva normale. I disturbi alimentari sono spesso accompagnati da problemi come l’ansia, la depressione e la dismorfia corporea. Questo rende più complicato le cure. Il 50 per cento delle persone che soffrono dell’anoressia nervosa ha avuto una prescrizione di farmaci psicotropi. L’American Psychiatric Association ha stilato un documento dove si evincono le linee guida per i pazienti con disordini alimentari, pieno di farmaci – benzodiazepine, SSRI, antipsicotici, antiepilettici, stabilizzanti dell’umore. La marijuana non figura nella lista. A favore dell’uso della marijuana, si è schierata la dottoressa Beth Braun, una psicologa di Los Angeles, che cura pazienti affetti da disturbi alimentari. La dottoressa sostiene che l’uso della sostanza dà una possibilità maggiore di ripresa. Al contrario, la dottoressa Kim Dennis, CEO e direttrice scientifica del centro di cura Timberline Knolls, ha spiegato che i pazienti potrebbero correre il rischio di una dipendenza da questa droga. “Molti dei pazienti giovani hanno il sistema cardiaco compromesso. E quando fumi, il battito cardiaco subisce fluttuazioni importanti.”, ha spiegato. In più, visto che la marijuana sviluppa la fame chimica, può dare vita al rischio di abbuffate e del senso di colpa successivo che porta il paziente a vomitare e prendere purghe. Intanto la ricerca in questo senso è molto scarsa. Tra i ricercatori che hanno studiato la relazione tra la mariuana e i disordini alimentari figura il dottor Alin Andries, medico dell’Università della Danimarca del Sud. “Ci sono molti studi sugli effetti sull’appetito della cannabis e dei suoi derivati sintetici. Gli effetti arrivano rapidamente dopo il consumo e sono noti come ‘fame chimica’, abbiamo pensato che questi effetti potessero essere indagati anche nei pazienti anoressici, per la relazione tra appetenza e aumento di peso”, ha spiegato il medico. Il dottore ha somministrato ai suoi pazienti capsule di cannabinoidi sintetici o placebo. Ha scoperto che i cannabinoidi hanno effetti rilassanti e che aumentavano di peso dopo quattro settimane di terapia. Ciò comunque non è servito a guarirli dalla malattia. (Serena Marotta)