In questi giorni di transizione tra estate e autunno, che trascorrono con le prime piogge diffuse su buona parte del Centro-Nord Italia, tornano purtroppo di attualità i danni derivanti da eventi di precipitazione particolarmente intensa e abbondante. È dell’altro ieri la triste notizia di un morto e due dispersi nel Piacentino a causa delle esondazioni dei fiumi Nure e Trebbia.



In un territorio così complesso come quello italiano, compreso tra il Mediterraneo e le Alpi, nelle diverse aree sono differenti i meccanismi che le rendono soggette a precipitazioni intense. Se in Liguria, ad esempio, è la convergenza tra l’aria mite e umida proveniente dal Mediterraneo e l’aria più fresca in uscita dai valichi appena dietro le coste a causare violenti temporali stazionari, in Calabria e nelle Isole Maggiori le precipitazioni più violente sono invece causate dal passaggio di particolari cicloni mediterranei.



È allora interessante osservare il recente contributo che arriva dai ricercatori di MeteoSvizzera e analizza casi di precipitazioni particolarmente intense e stazionarie nella regione del Lago Maggiore, delineando un modello concettuale che descrive la loro dinamica e le cause associate. Lo studio si avvale dei dati di portata del fiume Maggia, il cui bacino idrografico si trova appena oltre confine ma è comunque rappresentativo anche delle dinamiche che avvengono in terra italiana nelle regioni adiacenti, tra Ossola e Alto Varesotto.

L’analisi viene condotta utilizzando le scansioni del radar presente al Monte Lema e i radiosondaggi effettuati a Milano Linate per i 18 eventi che tra 2005 e 2012 hanno prodotto i picchi di portata più alti del Maggia. Dalle osservazioni radar vengono derivati l’accumulo di precipitazione, la sua intensità e la natura convettiva o meno della stessa. Le sonde lanciate dall’aeroporto milanese permettono invece di analizzare i profili termodinamici che forniscono informazioni sulla stabilità dell’aria in arrivo nella regione del Lago Maggiore, oltre che su direzione e velocità del vento alle varie quote.



Lo studio evidenzia che gli eventi responsabili dei picchi più elevati hanno al loro interno una componente temporalesca (convettiva). In dettaglio, dalle osservazioni radar si notano diverse celle convettive propagarsi ripetutamente sulla regione. Il risultato di questa dinamica è che gli accumuli di precipitazioni assumono la forma di una banda precipitativa allungata in direzione SW-NE tra il lago e la Val Maggia. L’obiettivo dell’analisi è proprio quello di delineare una teoria che illustri le ragioni della formazione di questa banda di precipitazioni particolarmente abbondanti.

La spiegazione ipotizzata prende origine dalla diversa direzione del flusso a basse quote rispetto a quello in alta troposfera e la relazione con l’orientamento della catena alpina. Questa differenza ha cause che risiedono sia in principi base della fluidodinamica dell’atmosfera (un’avvezione, cioè un trasporto, di aria calda è normalmente associata ad una rotazione in senso orario del vento con la quota, per il principio del vento termico), sia nella conformazione del territorio che costringe i flussi in determinate direzioni.

Tipicamente, i maggiori accumuli di precipitazione nella regione si hanno quando, prima del passaggio del fronte freddo a una perturbazione, aria mite, umida e convettivamente instabile viene avvettata dalla Val Padana verso le Alpi da un flusso a basse quote diretto da S-SE. I moti convettivi e i temporali associati si sviluppano dunque lungo i primi ostacoli significativi disposti perpendicolarmente rispetto al flusso umido incidente, ossia i rilievi della regione del Lago Maggiore. Il flusso presente alle quote più alte invece non proviene dai quadranti sud-orientali ma piuttosto da SW, e agisce quindi trasportando le celle convettive appena formate verso NE,  in modo da farle raggiungere il bacino del Maggia in condizione di completa maturità. Il processo descritto può agire per molte ore,  generando e mantenendo attiva la convezione sulla stessa regione.

Lo studio appena presentato fornisce quindi un importante riferimento sia per l’ambito previsionale operativo che per la ricerca a livello più teorico. Infatti questa analisi, pur riferendosi ad una singola regione con un’orografia particolare, delinea una dinamica che può essere confrontata con simulazioni idealizzate volte a una comprensione più completa e generale dell’interazione tra flusso. Inoltre, l’avere evidenziato condizioni tipiche per avere accumuli di precipitazioni particolarmente elevati può risultare molto utile anche per chi questi eventi li deve prevedere o deve prendere decisioni che possono avere un impatto importante sulla popolazione.