Appena tre mesi fa riferivamo dell’inaugurazione del nuovo centro di micro e nanotecnologie del Politecnico di Milano, il Polifab, che offre attrezzature e processi tecnologici all’avanguardia per una vasta gamma di applicazioni, tra cui quelle che la Commissione Europea ha individuato come le cinque tecnologie abilitanti fondamentali: fotonica, micro e nanoelettronica, biotecnologie, materiali avanzati e nanotecnologie. Il Polifab fornisce supporto a diversi gruppi di ricerca e laboratori del Dipartimento di Elettronica e Informazione Bioingegneria (DEIB), del Dipartimento di Fisica e della Fondazione CIFE.
E proprio da un laboratorio del DEIB, il Photonic Devices Lab, tramite la pubblicazione su Nature Communications, arriva la notizia di un importante risultato conseguito in un’attività di ricerca condotta nell’ambito del progetto europeo BBOI (“Breaking the barriers of optical integrations”), un programma coordinato dal Politecnico di Milano che ha tra i suoi obiettivi anche quello di creare le condizioni per una crescita esplosiva e pervasiva delle tecnologie fotoniche, analogamente a quanto accaduto per i dispositivi elettronici.
Che la luce potesse cambiare le proprietà di un materiale è un fenomeno noto da tempo. Non si sospettava però che sulla superficie del silicio, il materiale più diffuso per l’elettronica, l’effetto potesse essere così intenso da cambiarne la sua stessa natura. È quanto hanno scoperto i ricercatori del Politecnico, andando a indagare cosa succede sulla superficie di una guida ottica di silicio in presenza di luce. Hanno scoperto che il passaggio dei fotoni crea un elevatissimo numero di cariche elettriche sulla superficie, in misura cento volte maggiore di quanto avvenga all’interno della guida stessa.
Una sorta di pellicola metallica – descritta da Stefano Grillanda e Francesco Morichetti nell’articolo “Light-induced metal-like surface of silicon photonic waveguides” – estremamente sottile (pochi atomi) ad altissima conducibilità che avvolge tutta la guida modificandone sensibilmente le caratteristiche ottiche ed elettriche. In sostanza, sulla superficie il silicio non si comporta più da semiconduttore, ma diventa quasi metallico. Il fenomeno è estremamente rapido ed efficiente: le cariche superficiali si generano istantaneamente per effetto della radiazione luminosa e spariscono rapidamente in assenza di questa, consentendo un controllo ultraveloce delle proprietà del materiale attraverso impulsi ottici di bassa intensità.
Le tecnologie fotoniche consentono oggi di ottenere simili risultati. Sono tecnologie che permettono di generare, manipolare e rivelare quanti di luce, o fotoni, mediante chip ottici a semiconduttore, ad esempio in silicio, all’interno dei quali la luce viaggia attraverso guide d’onda di dimensioni inferiori al micrometro (milionesimo di metro). Tuttavia, paragonata all’elettronica, la fotonica manca ancora degli strumenti essenziali per aggregare centinaia di funzionalità in circuiti a larga scala e ciò limita la sua applicazione in molti potenziali settori applicativi.
Il progetto BBOI è orientato proprio a superare queste limitazioni e a migliorare ulteriormente le prestazioni dei sistemi fotonici, sia in termini di velocità che di consumo di potenza. Per questo è necessario ridurre ulteriormente le dimensioni dei dispositivi, scendendo alla scala nanometrica (miliardesimo di metro). Come hanno fatto i ricercatori del Photonic Devices Lab, portandosi a un livello al quale un oggetto si comporta come se fosse fatto di sola superficie, quasi come se fosse una membrana sottile.
Il loro studio non solo costituisce un notevole passo avanti nella comprensione dei fenomeni di interazione luce-materia su scala nanometrica, ma apre nuovi scenari per la realizzazione di dispositivi optoelettronici di nuova concezione basati su effetti di superficie, come rivelatori ottici ultraveloci e trasmettitori ad elevatissima efficienza energetica, elementi fondamentali per consentire trasmissione dati ad elevatissima capacità tra microprocessori nei computer di futura generazione.