Tutto quello che conosciamo del nostro Universo ci arriva tramite particelle, in grande maggioranza fotoni che compongono la luce. Conosciamo solo la parte luminosa dell’Universo, attraverso la luce rivelata dai telescopi, luce che è emessa a seguito di interazione elettromagnetica. Tuttavia, l’interazione che in gran parte costituisce e domina le strutture celesti è la forza di gravità; e come la luce è il messaggero dell’interazione elettromagnetica, così le onde gravitazionali sono segnali emessi dalla gravità stessa.



Ogni massa in movimento (più precisamente, ogni massa con un momento di quadrupolo, come un sistema binario di stelle) perturba lo spazio-tempo attorno a se: come le onde prodotte da un sasso caduto in uno stagno, queste perturbazioni si allontano dalla sorgente celeste fino a raggiungere la Terra. Tuttavia, al contrario della luce che interagisce facilmente con la materia con cui sono costruiti i telescopi, la rivelazione delle onde gravitazionali è una sfida tecnologica ancora da vincere.



Una sfida importante, anche perché quei deboli segnali viaggiano fino a noi senza interagire con la materia che incontrano e quindi ci portando informazioni dirette e preziose sugli eventi più spettacolari e energetici del nostro Universo quali la fusione di bue buchi neri, le esplosioni di supernovae e il Big Bang stesso.

Come rilevare queste perturbazioni dello spazio-tempo stesso? L’esperimento LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) è un ambizioso progetto della National Science Foundation americana concepito proprio per la rivelazione di onde gravitazionali, ed ha la pretesa di rivoluzionare l’astronomia. LIGO è costituito da due interferometri laser, posti a 3000 km di distanza fra loro, negli stati di Washington e Louisiana. Ciascuno strumento è composto da due bracci di 3 km, disposti ad L e percorsi da laser ad alta potenza. Al suo passaggio, un’onda gravitazionale comprime leggermente i bracci, modificando la figura di interferenza della luce laser. Dai dettagli di tale interferenza si può risalire alle proprietà della sorgente che ha generato il segnale.



Si comprende come la sfida tecnologica sia enorme: LIGO può rivelare variazioni nella lunghezza del braccio laser di una parte su 10 alla 22 (1 con 22 zeri), paragonabile al rapporto tra lo spessore di un capello e la distanza fra il Sole e Alpha Centauri, la stella a lui più vicina.

Come è facilmente immaginabile, una miriade di disturbi esterni possono causare interferenza fra i segnali laser dei bracci dell’interferometro: minuscoli terremoti, aerei, automobili sulle vicine strade, fino a singoli fotoni del raggio laser!

A quei livelli di precisione, la natura quantistica della luce comincia infatti a diventare importante, introducendo un’incertezza nel segnale di carattere fondamentale (quantistico appunto). La presenza di due interferometri, anziché un singolo strumento, è quindi cruciale per distinguere il vero segnale da tutti questi disturbi. Lo stesso segnale gravitazionale deve passare sia in Washington sia in Louisiana, introducendo una correlazione tra l’output dei due strumenti; ciò permette di distinguere il segnale gravitazionale dai disturbi locali, scorrelati nei due strumenti.

Con la nuova fase scientifica appena cominciata, la prima rivelazione può veramente essere imminente. I modelli più realistici prevedono che Advanced LIGO possa rivelare decine di sorgenti all’anno, ma le incertezze su questo numero sono enormi, fino a 100 volte in entrambe le direzioni.

LIGO, con i suoi due interferometri, è solo il primo di questi esperimenti e sarà presto raggiunto da VIRGO, un analogo strumento Europeo, collocato in Italia (vicino a Pisa) e attualmente in fase di perfezionamento. Con tre strumenti sarà possibile triangolare le sorgenti, migliorando notevolmente la misura della loro posizione nel cielo. Un sistema automatico di allerta avviserà i maggiori telescopi elettromagnetici, che verranno puntati nella zona di cielo indicata dai rivelatori gravitazionali. Potremo allora confrontare informazioni sia gravitazionali sia elettromagnetiche degli stessi oggetti! Fare astronomia con le onde gravitazionali sarà come cominciare ad ascoltare un’orchestra, mentre fino ad ora la si è solo vista.