Uno dei problemi fondamentali dell’essere umano riguarda la struttura del suo pensiero nell’approccio alla conoscenza della realtà. Si è soliti definire questo processo cognitivo con l’espressione “visione del mondo”, dove, sovente, non solo non si conoscono i parametri essenziali per la conoscenza del Pianeta, ma una consistente parte dell’umanità non ha la più vaga idea di che cosa significhi vedere, guardare, osservare. Si potrebbe commentare affermando che la causa principale di uno status così insoddisfacente dipende dal pessimo livello di istruzione e di cultura diffusa nel nostro Paese e non solo, che, soprattutto nell’ultimo secolo, ha conosciuto il progressivo decadimento del desiderio di conoscenza. Sta venendo meno la classica “curiositas”, che consiste nel vivere la realtà in modo profondo, intenso, attraente preferendo abbandonarsi al già dato nella routine quotidiana, considerato di per sé abbastanza complicato.

Le statistiche recenti sulla presenza di “somari” nelle classi italiane fanno impallidire noi anziani professori di liceo o di università e il pensiero corre immediatamente a responsabilizzare gli insegnanti, i genitori, la televisione, il niente che dilaga silenzioso e ostile. Il nostro Paese è 36esimo su 57, secondo il rapporto OCSE-Pisa 2015, dove, tra l’altro, si legge che “l’insegnamento frontale è anacronistico e poco legato all’apprendimento, oltre che poco legato al benessere dei ragazzi”.

Questa involuzione sul mondo del sapere, sulla capacità di valutare il reale, presenta un versante particolarmente ostico e, nello stesso tempo, ignoto ai più, persino nei Paesi più evoluti dell’occidente.

Anche il passaggio culturale dalla teoria cartesiana a quella sistemica sembra essere ignorato, in quanto oggetto culturale poco utile a produrre reddito. Si tratta della Teoria Generale dei Sistemi, rielaborata da Adalberto Vallega nel 1990 sulla base della originale proposta di Ludwig von Bertalanffy, pubblicata nel 1968, che intendeva offrire un modello generale di descrizione della realtà, qualunque forma dovesse assumere. Il Vallega ha messo a confronto la logica cartesiana con quella sistemica, secondo quattro paradigmi: evidenza/pertinenza, riduzionismo/olismo, causalità/teleologia, esaustività/aggregatività.

Se per Cartesio la realtà era oggettivamente conoscibile, nella logica sistemica diventa soggettivamente incontrabile, proprio in quanto esiste un soggetto come osservatore pertinente. Nel riduzionismo la complessità della realtà necessita di una appropriata scomposizione in elementi singoli; l’olismo, invece, sostiene la necessità di mantenere intatta l’organizzazione complessa del reale, perché solo attraverso l’unità è possibile accedervi. Ancora in Cartesio, la logica vuole che si conoscano le cause della strutturazione della realtà, mentre in quella sistemica l’obiettivo è individuare le linee di tendenza del reale. Infine, mentre il criterio di esaustività cartesiano pretende la conoscenza completa dei fattori che la costituiscono, la logica sistemica, in funzione della pertinenza della realtà all’osservatore, spiega la realtà stessa attraverso una scelta a priori di fattori che la compongono.

Se noi dovessimo immaginare il processo di apprendimento della realtà da parte della popolazione, anche la più evoluta culturalmente, potremmo affermare che il metodo usualmente adottato per alcuni versi, può essere considerato cinetico rispetto ad alcuni particolari appartenenti alla vita quotidiana, cioè un imparare attraverso azioni o esperienze frammentarie. Per altri aspetti, la circuizione concettuale del particolare stesso impedisce una visione olistica indispensabile, direi, per il raggiungimento di uno stato di equilibrio per l’essere umano. Il paradigma dell’apprendimento “statico” e “stratificato a scomparsa” trova la sua migliore applicazione nel mondo scolastico, dove la suddivisione del sapere in materie di studio analitiche, differenziate ovviamente anche nella docenza, mostra la propria piena appartenenza alla logica cartesiana.

L’importanza della fruizione di un paradigma culturale di matrice olistico-sistemica viene messo in luce in questo ultimo secolo dalle scoperte della fisica quantistica e della cibernetica (Einstein, Planck, Bohr, Heisenberg, Bell, Boehm), avviando una rivoluzione scientifica basata su una nuova coesione della realtà: spazio e tempo coesistono e non hanno caratteristiche assolute, ma variano in relazione alla coscienza umana, la materia è energia costituita da elementi subatomici, gli oggetti sensibili sono creazioni della mente, ma l’Universo eccede le dimensioni della mente a causa delle sue peculiarità e della sua dinamica (M. Bacher, 2014).

Insomma, il dato più rilevante è offerto dalla interconnessione e dall’interdipendenza di tutti i fenomeni che, per la gente comune, non hanno alcun senso nella vita pratica: ogni giorno è diverso o uguale all’altro, ma il campo di osservazione del reale è tracciato poco al di là dell’ombra proiettata dall’individuo stesso.

La conseguenza di questo stato di cose è ravvisabile attraverso le differenze che si manifestano nel mondo, soprattutto in quello economico e finanziario. Chi è in grado di “fare sistema”, ad esempio, può controllare la ricchezza del mondo che, nel periodo 2000/2013, ha avuto un incremento dell’8,3% (Global Wealth del Credit Suisse). Di fatto, 80 persone sono ricche come 3,5 miliardi di esseri umani messi insieme. “La diseguaglianza è negli occhi di chi guarda” scrive OXFAM, una struttura internazionale che lavora per soluzioni durature alla povertà e all’ingiustizia.

Un altro elemento particolarmente significativo sotto il profilo delle relazioni sistemiche è l’ambiente. Solo da pochi decenni e per merito delle Nazioni Unite è scattata un’attenzione specifica ai problemi di carattere ambientale: tra questi i cambiamenti del clima, la valorizzazione e il rispetto della biodiversità, il processo di trasformazione dei terreni fertili in superfici aride e improduttive, la disponibilità delle risorse energetiche e idriche e così via.

Anche l’Enciclica “Laudato sì” esprime in più punti la sottolineatura di una visione di tipo unitario del mondo e dei processi che lo regolano: non esistono fatti in sé, ma sono i sistemi di relazioni a porre in campo il significato e la valenza del rispetto della realtà ambientale fenomenica, ancora molto difficile da riconoscere da una parte consistente dell’umanità.

Dunque, stiamo attraversando una fase di degrado culturale e cioè umano, oppure ci siamo adattati all’idea che soltanto il denaro ha valore reale nel mondo attuale?