Che si spieghino ai giovani le basi della robotica invitandoli nell’apposita area allestita presso un Museo della Scienza sembra abbastanza normale; e infatti è un’esperienza ormai collaudata qui a Milano al Museo della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci”. Quello che avverrà in più in questi ultimi mesi di Expo è che a parlare di robotica sarà un robot; e non uno qualsiasi ma nientemeno che Leonardo stesso; o meglio, l’androide Leonardo del tutto simile a quello che tutti hanno in mente in base al celebre autoritratto. Da domani, chi si recherà al Museo milanese potrà ascoltare le lezioni di robotica del genio vinciano e durante i week end potrà anche interagire con lui interrogandolo e provocandolo sulla storia delle sue macchine o sui temi tecnologici del momento. Ovviamente, a fornirgli la voce e i pensieri è un tecnico-attore, piazzato nel backstage; ma tutti i movimenti dell’androide, compresa una realistica mimica facciale, sono frutto di una sofisticata programmazione e sono attivati via computer tramite una interfaccia ben studiata e di facile accessibilità. Niente di sconvolgente sul piano dell’innovazione tecnologica ma certamente un assaggio dello stato dell’arte in materia di androidi. In ogni caso, la convergenza di simboli e di messaggi che si verifica in questa performance risulta molto significativa: siamo in un Museo molto aperto alle novità dell’Hi-Tech, intitolato proprio al maestro rinascimentale e che ne espone una ricca collezione di modelli di macchine, e l’androide è stato realizzato in Giappone.
Un mix che conferisce alla parola tecnologia uno spessore particolare, che si carica ancor più di valore se si pensa che il target principale dell’iniziativa sono le giovani generazioni. Sono loro che, secondo alcuni scenari, saranno destinate a convivere con tutti i tipi di robot: da quelli industriali, costituiti da un unico superbraccio con tanti gradi di libertà; a quelli antropomorfi, servizievoli assistenti tuttofare nella vita quotidiana; agli androidi, destinati a rendere reali molti scenari della fantascienza classica. Leonardo è uno di questi e si accinge a ricevere, seduto nel laboratorio di robotica del Museo, l’assalto degli studenti con le loro domande e la loro curiosità. La paternità di questo simpatico vecchio “moderno” del ‘400 è di uno scienziato giapponese, Minoru Asada, Direttore Robotica di neuroscienze cognitive dell’Università di Osaka, che lavora allo sviluppo di macchine che possano interagire con le persone in modo simile agli esseri umani. Il robot è stato costruito dai tecnici dell’A-lab di Tokyo con le sembianze di un anziano Leonardo da Vinci; il suo volto è curato fin nei minimi dettagli per rassomigliare il più possibile a un volto umano: dalla pelle, ai muscoli del volto, alla mitica lunga barba.
La tecnologia per la realizzazione di androidi, cioè di robot dalle sembianze umane, è ormai ben consolidata. Naturalmente bisogna avere un modello cui ispirarsi, meglio ancora se può diventare un modello sul quale prendere le misure. Ma in questo caso non c’era alcuna possibilità di passare allo scanner un esemplare umano sul quale raccogliere i dati. «Così – come ha raccontato ieri il professor Asada – abbiamo dovuto procedere per tentativi ed errori. Abbiamo iniziato con degli esemplari diversi sia come età, che come forme e dimensioni. Circa l’altezza esatta di Leonardo, ad esempio, tra gli storici ci sono due scuole di pensiero: chi dice 170 centimetri, chi invece 190; e non c’è un ritratto completo autentico cui fare riferimento. Abbiamo discusso a lungo con gli esperti del Museo di Milano e abbiamo fatto diversi tentativi di progettazione con un CAD tridimensionale, fino al risultato che potete vedere».
Un risultato che ha una sua specificità e che è piuttosto difficile incasellare in una precisa categoria: è molto di più di una semplice simulazione e non è ancora in grado, come sogna Asada, di interagire in tutto e per tutto con gli umani alla maniera degli umani: possiamo quindi definirlo, anche se il termine non è accattivante, un leonardoide. È comunque l’esponente di punta di un’iniziativa avviata cinque anni fa, a seguito di un viaggio in Giappone del Direttore del Museo della Scienza Fiorenzo Galli che ha dato vita al Leonardo da Vinci Museum Network, un’organizzazione di scambio tecnologico e culturale volta a contribuire alla reciproca comprensione e all’integrazione di scienza, natura e arte, con particolare sensibilità per gli aspetti educativi.
Il lavoro sugli androidi svolto da Asada e che rifluisce in questo Network ha comunque obiettivi più ambiziosi e si inserisce nell’ambito delle ricerche che studiano i complessi processi cognitivi degli esseri umani, con l’idea di comprenderne meglio il funzionamento e di sperimentare come questi processi – che emergano attraverso l’interazione fisica e sociale – possono ridefinire il rapporto tra il mondo umano e quello artificiale. Il suo gruppo di ricerca studia come gli esseri umani sviluppano le loro capacità cognitive utilizzando robot e simulazioni al computer. Lui stesso ne parla così: «La nostra Cognitive Developmental Robotics considera il robot come un manufatto che rispecchia gli esseri umani. Le ricerche sugli androidi infatti vengono condotte essenzialmente per due motivi. Da una parte possono essere strumenti per indagare l’essere umano; per esempio, studiando la comunicazione umana attraverso un androide, si possono realizzare esperimenti che con le persone non si possono fare. D’altro canto, il fine ultimo della robotica è realizzare macchine che abbiano tutte le abilità di un essere umano, ad esempio le capacità cognitive, linguistiche e intellettive.
Quindi, attraverso questi studi si raggiungono nuove conoscenze e allo stesso tempo i risultati possono essere applicati ai robot che vivranno con noi in futuro». La scelta di realizzare un androide dall’aspetto di Leonardo è legata al fatto che Leonardo è un simbolo che coniuga intelletto, conoscenza, arte. Secondo il professor Asada «se Leonardo fosse vivo, studierebbe e costruirebbe robot perché la robotica richiede tutti i tipi di conoscenze che Leonardo aveva. Lui che ha visto nel corpo umano una analogia del meccanismo dell’universo e che ha disegnato un elicottero basandosi sul volo degli uccelli, avrebbe scelto la robotica come via per investigare il mistero dei volatili.
(Michele Orioli)