Perturbazioni di gravità, vibrazioni del tessuto stesso dello spaziotempo. Le onde gravitazionali sono sfuggenti segnali provenienti da oggetti celesti quali buchi neri, stelle di neutroni ed esplosioni di supernovae. Sono segnali del tutto particolari, come non ne abbiamo mai visti. A differenza della luce – che viaggia nello spazio e nel tempo dagli oggetti celesti, quali stelle e galassie, fino a noi – le onde gravitazionali sono increspature dello spaziotempo stesso. Predette (con suggestiva coincidenza) nel 1916 da Albert Einstein, la prima loro rivelazione diretta è stata annunciata giovedì da parte del team dell’esperimento .



Quello di LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) è un progetto sviluppato congiuntamente da Caltech e MIT, finanziato dalla National Science Foundation (NSF) americana con importanti contributi europei. Fondato nel 1992, LIGO ha cominciato il suo primo run osservativo nel 2002. La prima fase dell’esperimento (Initial LIGO) è terminata nel 2010 senza alcuna rivelazione. Dopo una fase di upgrade durata cinque anni, il detector nella sua fase finale (Advanced LIGO) ha finalmente ricominciato le osservazioni lo scorso settembre. Le operazioni scientifiche sono sostenute da un team di più di mille scienziati, tra fisici, ingeneri e tecnici che quotidianamente assistono le operazioni dei detector, analizzano i dati raccolti e sviluppano la modellistica per poterli interpretare.



Come rivelare lo spaziotempo stesso? LIGO consiste in un network di due interferometri laser posti negli Stati americani di Washington e Louisiana. Un terzo esperimento a guida europea, chiamato Virgo, contribuirà al network dall’anno venturo. Ciascun detector è composto da due bracci laser di pari lunghezza (circa 4 km l’uno) con un’estremità in comune. All’impatto dell’onda gravitazionale sull’interferometro, oscillazioni dello spaziotempo tirano e comprimono i due bracci che, ora di differente lunghezza, variano la figura di interferenza dei due raggi laser. La sfida tecnologicamente è immensa: occorre rilevare variazioni nella lunghezza dei bracci dell’interferometro dell’ordine di 10 alla 18 metri, 1000 volte inferiori al diametro di un singolo protone! I raggi laser in LIGO arrivano fino a 200 W di potenza, circa 800 volte maggiore dei normali laser di uso comune. Per minimizzare i disturbi sperimentali, i bracci dell’interferometro sono tenuti a bassissima pressione: LIGO è lo strumento con più volume mantenuto perennemente in condizioni di vuoto estremo (circa 8500 metri cubi sono a pressioni 8 volte inferiori a quelle dello spazio aperto).



La prima sorgente rilevata da LIGO (la prima “luce”, termine quanto mai impreciso) consiste nell’incontro e nella fusione di due buchi neri. Sistemi binari formati da due buchi neri in orbita l’uno attorno all’altro emettono onde gravitazionali e, lentamente, perdono energia. Con minore energia a sostenere l’orbita, questa deve aggiustarsi su un diametro minore. Man mano che l’emissione gravitazionale procede, i due oggetti arrivano a collidere, fino a fondersi. 

La fusione (merger) di due buchi neri a sua volta emette uno spettacolare lampo di onde gravitazionali. L’osservazione riportata dal team LIGO consiste in un sistema binario di buchi neri circa 30 masse solari rispettivamente. Tale sensazionale scoperta non consiste solamente nella prima rivelazione diretta di onde gravitazionali, ma anche nella prima osservazione di un sistema binario di buchi, un oggetto astronomico nuovo.

Le potenzialità aperte da questa scoperta sono immense. Per la prima volta stiamo guardando all’universo con occhi nuovi, rivelando segnali che non sono luce, ma sostanzialmente altro. Questa è solo la prima sorgente: l’epoca dell’astronomia gravitazionale è appena cominciata.