Fino a ieri era solo un racconto di fantascienza, magari letto su qualche fumetto sognando un mondo ancora tutto da inventare. Tutt’al più, si è concretizzato nel sogno di qualche eccentrico essere umano che, confidando nei progressi della scienza, ha deciso di puntare sul futuro affidando il suo cervello a qualche agenzia privata attiva in questo settore piuttosto esclusivo. Oggi, invece, dalla California arriva il primo passo che apre realmente verso la realizzazione di questa possibilità: ibernare un cervello umano, o, ancora di più, un intero organo complesso, e risvegliarlo, passato un lasso variabile di tempo, per riportarlo alle sue funzioni vitali.
Certo, va subito chiarito che il processo completo di ibernazione, scongelamento e ritorno alle funzioni vitale, ad oggi rimane qualcosa di possibile solo nei romanzi di Asimov e colleghi, e sicuramente, prima di poter anche solo avvicinarsi a tutto questo, le difficoltà tecniche da superare sono tantissimi, però, quello che hanno ottenuto gli scienziati del laboratorio dell’azienda californiana 21st Century Medicine è realmente qualcosa di straordinario e mai successo prima. Senza lasciarsi andare a proclami inopportuni e prematuri, vediamo, allora, a quale risultato concreto sono arrivati gli studiosi statunitensi.
L’equipe guidata dagli scienziati Gregory Fahy e Robert McIntyre è riuscita a scongelare il cervello di un coniglio senza che le cellule dell’organo subissero alcun danno. Questo il dato di fatto verificato in laboratorio e diventato una notizia che in tempi brevi ha fatto il giro del mondo. Certo, come sottollineato da tutti, ancora non si tratta di una riattivazione dell’organo in piena regola e di un ripristino delle sue funzioni vitali, ma già il fatto di essere riusciti a congelare il cervello di un animale e a riportarlo successivamente a temperatura ambiente senza che questo subisse alcun danno, è un primo passo mai compiuto in precedenza. Il traguardo finale, dunque, rimane lontano all’orizzonte, ma ciò che è stato fatto al 21st Century Medicine è sicuramente qualcosa che, se non altro, sposta l’asticella della ricerca un po’ più in là, dando nuova spinta agli studi che in diverse parti del mondo vengono portati avanti in questo campo molto particolare della ricerca.
Finora, infatti, tutti gli esperimenti fatti si erano scontrati principalmente con un problema sostanziale: le cellule del cervello (come quelle di altri organi e tessuti) sono molto ricche di acqua. Ibernandole, quindi, come si può facilmente intuire, l’acqua presente all’interno di trasforma in ghiaccio che, seppure sotto forma di cristalli infinitesimali, finisce per danneggiare l’organo compromettendo la possibilità di un suo ritorno allo stato normale. Per aggirare l’ostacolo, l’esperimento californiano, descritto dal Journal of Cryobiology, ha utilizzato una nuova tecnica che prevede la disidratazione del cervello tramite il drenaggio del sangue e la sostituzione di quest’ultimo con un liquido appositamente studiato che impedisce proprio la formazione dei suddetti cristalli. Il liquido, inoltre, la cui molecola principale si chiama glutaraldeide, protegge i tessuti e preserva l’organo in vista di un successivo scongelamento.
Per portare avanti l’esperimento, naturalmente non si è usato un cervello umano, ma quello di un coniglio. La teoria, però, non cambia e il risultato raggiunto rimane straordinario. Concretamente, il cervello oggetto dell’esperimento è stato ibernato a una temperatura di 135 gradi centigradi sotto lo zero e, quindi, riportato lentamente a temperatura ambiente. Una volta compiuto l’intero processo si è potuto verificare che, grazie alla nuova tecnica usata, l’organo non ha subito danni di alcun genere, rimanendo assolutamente intatto e, quindi, aprendo alla possibilità, per lo meno teorica, di una sua riattivazione totale.
Chiaramente, quindi, quello portato a termine nei laboratori dell’assolata California non è che il primissimo passo di un cammino il cui obiettivo finale rimane ancora ben lontano (sempre che venga realmente mai raggiunto), ma è stato comunque sufficiente per aggiudicarsi il premio di 26 mila dollari concesso dalla Brain Preservation Foundation per chi avesse fatto significativi progressi nel campo dell’ibernazione dell’organo del cervello. Al di là di chi ha incassato i soldi e ottenuto, così, qualche fondo in più per proseguire le ricerche, la riuscita dell’esperimento è la migliore delle notizie possibili per quei circa 100 temerari, o irriducibili sognatori votati al progresso scientifico, che, seppur in mancanza di qualsiasi certezza su tecniche funzionanti di ibernazione degli umani, hanno lasciato che il loro cervello venisse ibernato, dopo la morte, in attesa che il futuro immaginato dalla fantascienza potesse divenire realtà.