Domenica 22 maggio, dopo una carrellata di tre giorni tra misteri, traguardi, confronti e nuove sfide della Fisica, con l’Universo, tanto macro quanto micro a fare da scenario, si è conclusa l’undicesima edizione del Festival delle Scienze, promossa e realizzata dalla Fondazione MusicaperRoma ed ospitata all’Auditorium della Capitale. 



Lo dico subito: è stata una kermesse scientifica che ha regalato anche momenti di emozione senza perdere tratti di approfondimento graditi adun pubblico insaziabile, ingordo di risposte e soprattutto orgoglioso del nastrino tricolore ai tanti successi ultimamente ottenuti da fisici italiani come Fabiola Gianotti, Elena Aprile, Mario Rasetti e Giovanni Camelia. Orgoglio in una continuità temporale partita idealmente dai tempi di Fermi, Amaldi e i Ragazzi di Via Panisperna, poi proseguita con Tecce, Rubbia e Zichichi (tra i più noti) per giungere, come sopra, ai giorni nostri.   



Qualcuno mi potrebbe chiedere perché non ho fatto com’è stato sull’altra stampa, dove l’evento dedicato a Einstein per il centenario della teoria della relatività è stato seguito dall’inizio in processo; ma sono partito dalla fine. Aiutato in questo dalla lucida esposizione di Camelia sulla Teoria del Tutto…che per essere tale deve apparire alla fine. È chiaro, io ho uno scopo (cosa che mi avvicina agli stessi fisici sia teorici che sperimentali): continuare con il lettore su queste pagine il viaggio terminato in loco e percorrere insieme, grazie a una sorta di dialogo interiore, la stretta via (larga è la soglia) dei grandi interrogativi. Da dove veniamo? Perché siamo qui a quest’ora? E dove andremo?… se non ci stanchiamo prima…



Non sono un fisico di professione, ma qualcuno non smette di farmi notare come ne abbia tratti distintivi appartenenti all’intera categoria (forse colpa del fatto che la mia classe al Liceo è stata la stessa dove Fermi si è diplomato o del fatto che il mio relatore di tesi all’epoca ebbe dai francesi -chapeau! – la legion d’honneur de l’académie francaise per la sua Fisica dell’Economia). Insomma, vesto come un fisico universitario e nel mondo dell’alta finanza (chissà poi perché alta, quando i rendimenti tendono a livellarsi al basso!) vengo guardato un po’ con sospetto, da tanti bankers molto più simili agli agenti immobiliari o ai vecchi promotori finanziari che non al vero style di persone come Bazoli. 

Preciso: come un fisico quantistico, amo l’ironia, capace di diventare sarcasmo, caratteristica che può divenire feroce tanto nei fisici teorici che in quelli empirici o sperimentali. Ma soprattutto come tutti i fisici sono curioso, ma così curioso che si capisce come i miei figli – al di là dello spazio informatico – appartengano a un’altra generazione. Che c’entra? C’entra eccome! Provate a chieder loro (ai vostri) che sentimenti provano in una notte di luna piena, al solo pensiero del perché essa si trova lassù… Se non si tratta di Naruto, o se non è spunto per qualche link via whatsapp con la bellina di turno, nemmeno vi rispondono. Oppure che effetto fa la caduta dall’albero di una succosa mela fuji alla vecchia maniera newtoniana? Mentre state mostrando loro le più belle foto della NasaSpaceScapes? Se sono educati vi dicono grazie!

Perché vi dico queste cose? Le dico perché la curiosità che spero di accendere rende complici nel piacere di scoprire qualcosa di sconosciuto e/o di comprendere ciò che appare incomprensibile, apparentemente, o reso tale dagli stessi fisici dell’una o dell’altra sponda del Piave (beh, sempre del 1915-18 si parla!) con le loro matematiche, le loro geometrie e i loro infiniti spesso noncantoriani (e anche in questo Festival se ne sono sentite delle belle). Le dico perché è importante capire questo: la scienza come conoscenza del mondo per il mondo, quello degli uomini, li affratella perché appartiene a loro, a ciascuno di loro. E di questo era ben convinto Einstein. Sue queste parole che sono diventate il motto del Festival: la cosa più incomprensibile di questo mondo è di come esso possa essere comprensibile. Detto ciò, è ora che il viaggio inizi… dal Grande Vecchio!