La prima osservazione del transito di Mercurio davanti al Sole è avvenuta nel 1631: è stato il matematico e astronomo francese Pierre Gassendi a darne comunicazione ai più importanti astronomi dell’epoca che, come lui, stavano perfezionando il cannocchiale galileiano. Oggi pomeriggio con un semplice binocolo, opportunamente schermato per proteggere bene gli occhi, tutti potremo ripetere quelle osservazioni: dalle 13:12 alle 20:42 Mercurio infatti attraverserà il disco solare e il fenomeno sarà visibile da tutta Italia.
Non è un avvenimento così raro, ma non è neppure così consueto: si verifica circa 13 volte in un secolo a intervalli non regolari e l’ultima volta che è risultato osservabile dall’Italia è stato nel 2003; la non regolarità dipende da come sono le orbite dei due pianeti e da come Mercurio e la Terra le percorrono. In ogni caso ciò che potremo vedere sarà un puntino, come un neo, che si sposta sulla superficie del Sole attraversandolo non secondo tutta la sua ampiezza diametrale, ma tratteggiando una corda; il puntino corrisponde in realtà a uno sferoide con un raggio di 2400 km, poco più di un terzo di quello terrestre, la sua superficie è completamente butterata da crateri provocati dall’impatto di meteoriti ed è privo di atmosfera.
Mercurio è il primo pianeta del sistema solare, è il più vicino al Sole dal quale dista 58 milioni di km; percorre la sua orbita in 88 giorni terrestri e sempre 58 è il numero che indica la durata del giorno mercuriano. Come Venere, Mercurio percorre un’orbita interna rispetto all’orbita della Terra; per questo lo si vede (poco) sempre vicino al Sole, a volte prima dell’alba, a volte dopo il tramonto. Il fenomeno del transito è conseguenza dell’allineamento che si crea tra la Terra, Mercurio e il Sole in particolari configurazioni geometriche delle orbite.
La collocazione interna dell’orbita è causa anche di un altro fenomeno, quello delle fasi: lungo il loro cammino lungo l’orbita, i due primi pianeti rivolgono verso la Terra porzioni diverse della loro superficie illuminata dal Sole sono rivolte; abbiamo così, come per la Luna e per Venere, un quarto di Mercurio, un mezzo Mercurio e un Mercurio pieno. A Galileo, nelle fortunate notti dell’inverno 1609-1610, è riuscita l’impresa di osservare le fasi di Venere e ciò ha rappresentato un valido argomento a favore della visione copernicana eliocentrica dell’universo. Non gli è stato possibile invece ottenere lo stesso successo con Mercurio, a causa della limitatezza dello strumento di cui disponeva; un successo che però è stato raggiunto trent’anni più tardi dal gesuita calabrese Giovanni Battista Zupi, a ulteriore conferma della posizione di Mercurio come pianeta più interno del sistema solare.
Oggi comunque l’attenzione è concentrata sul transito che, al di là degli aspetti spettacolari e didattici, può fornire ad astronomi amatoriali e ad astrofisici qualche informazione in più sulla magnetosfera del pianeta, pur debole ma che riesce a intrappolare qualche particella del vento solare.
Molti osservatori italiani hanno già organizzato speciali sessioni di osservazione, anche aperte al pubblico, per vivere in diretta l’evento con la telecronaca di astronomi e planetologi. E per chi non potrà partecipare e dovrà rinunciare anche al fai da te per mancanza delle pellicole affumicate protettive, resta sempre la possibilità di collegarsi col sito web dell’INAF – Istituto Nazionale di Astrofisica (www.inaf.it) che prevede una speciale sessione commentata; come pure ci si potrà collegare con i siti dei tre satelliti impegnati nelle missioni solari: il Solar and Heliospheric Observatory (SOHO) di Nasa ed Esa, il Solar Dynamics Observatory (SDO) della Nasa, e la missione solare Hinode, una collaborazione tra le agenzie spaziali giapponese, americana ed europea.
Chi, per qualche motivo, si perderà anche queste, dovrà attendere il novembre 2019, quando si verificherà il prossimo transito. Nel frattempo il pianeta avrà ricevuto altre visite ravvicinate da parte di noi terrestri: per il 2017 è infatti previsto il lancio della missione spaziale BepiColombo, dal nome dell’italiano Giuseppe Colombo, matematico e ingegnere che a Mercurio ha dedicato particolari studi di meccanica celeste: la missione è frutto di una collaborazione tra l’ESA e l’Agenzia Spaziale Giapponese JAXA ed è la quinta missione cornerstone selezionata nel 2000 dall’ESA con l’obiettivo di studiare in modo dettagliato Mercurio e il suo ambiente circostante. Al prossimo transito quindi, probabilmente ne sapremo molto di più su quel puntino che oggi osserveremo con stupita curiosità.