La seconda tappa del nostro viaggio prosegue attraverso quel decennio d’oro, di cui si è anche parlato nell’articolo precedente. Nel 1905 Einstein pubblicò tre studi teorici basilari per lo sviluppo della fisica del XX secolo. Nel primo di essi, le previsioni relative al moto browniano furono successivamente confermate per via sperimentale sul moto di agitazione termica delle particelle distribuite casualmente in un fluido. Particolarmente interessante, e simpatico, ma non poteva essere altrimenti, è il modo in cui Giovanni Camelia ha descritto come conferme sperimentali della teoria hanno aperto nuovi orizzonti in materia “rassicurando” le nuove leve dei fisici, nati dopo gli anni ’70. Questo, racconta Camelia, fortunatamente ha smentito lo stesso Carlo Rubbia che, dall’alto della sua sorniona imponenza, dovuta anche al Nobel, segnalava che tra fermioni, leptoni, quark, ecc., ormai si era scoperto lo scopribile. E invece accade che le conferme sperimentali anche legate a specifici filoni di ricerca, anche quelli ritenuti apparentemente minori, potrebbero riservare sorprese inaspettate. A una riconferma di fama, potrebbe agganciarsi anche una sfida più ampia e più alta che costituirebbe un passo per superare contraddizioni esistenti anche nel percorso di un’affannosa ricerca di una Teoria unificata, da taluni indicata erroneamente come Teoria del Tutto.



Il secondo studio trattava l’effetto fotoelettrico, rivoluzionando la concezione sulla natura della luce. Veniva affermato che in determinate circostanze la radiazione elettromagnetica ha natura corpuscolare, e che l’energia trasportata da ogni particella costituente il raggio luminoso e denominata fotone, fosse proporzionale alla frequenza della radiazione, secondo la formula E = hn. In questa formula E rappresenta l’energia della radiazione, h è una costante universale nota come costante di Planck, e n è la frequenza. L’energia contenuta in un fascio luminoso trasferita in unità individuali o quanti era concettualmente in contraddizione con ogni altra al punto da essere così criticata, che solo la conferma sperimentale avvenuta 10 anni dopo grazie a Millikan le diede la fama meritata.



Poi arrivò conseguente la relatività ristretta, frutto di un lungo e attento studio della meccanica classica di Isaac Newton, delle modalità dell’interazione fra radiazione e materia e delle caratteristiche dei fenomeni fisici osservati in sistemi in moto relativo l’uno rispetto all’altro. La base della teoria della relatività ristretta, che comporta la crisi del concetto di contemporaneità, risiede su due principi: quello della relatività che in sistemi inerziali altro non è che un’estensione del precedente principio di relatività galileiano, e il principio di invarianza della velocità della luce, secondo cui la velocità di propagazione della radiazione elettromagnetica nel vuoto è una costante universale, che sostituisce il concetto newtoniano di tempo assoluto. Giano Bifronte, appunto.



Da qui 8 passaggi fondamentali che si sono srotolati come un filo da gomitolo preso per un capo da Tico Brahe e passato poi come un testimone a Keplero, Galilelo, Newton, Einstein. 

Vediamoli: 1) il moto dei pianeti non è circolare, ma è ellittico. Il sole si trova centrato su uno dei due fuochi; 2) la velocità della terra non è uniforme. Noi acceleriamo quando passiamo vicini al sole e rallentiamo quando proseguiamo sul lato opposto, iniziale effetto fionda? O effetto “rilascio del freno”? mah !; 3)Newton confermò le leggi di Keplero e formulò la gravitazione universale dove la gravità è proporzionale al prodotto delle due masse e inversamente proporzionale al quadrato della distanza fra loro, dimostrato sperimentalmente da Cavendish solo 111 anni più tardi; 4) poi, dopo averla formulata e letta alla Royal Society e questionato con Hooke (i fisici hanno sempre avuto un alto tasso di litigiosità relativo tanto alla primizia di scoperta, quanto alla sua estendibilità e novazione), confessò candidamente che non sapeva spiegarne l’origine… o meglio non poteva farlo perché non sarebbe stato scientifico (mistero…); 5) arrivò Einstein et voilà con E=mc2 spiegò che energia e massa sono equivalenti, soggiacciono entrambe alla gravità come pure la luce che è energia e ha come vincolo ineliminabile la sua velocità (su questo tornerò in altra tappa); 6) nessuna informazione può viaggiare a una velocità superiore a quella della luce (idem come sopra): 7) la contestazione a Newton diviene inequivocabile anche se le due teorie funzionano entrambe per lo e nello spazio in occasione della preparazione di lanci e viaggi spaziali orbitanti. Le differenzia solo l’approssimazione che è minima per la precisione dei calcoli einsteniani, ma non è inclusiva del resto. In poche parole, viene contestata la “singolarità” newtoniana che prevede che l’informazione sia condivisa allo stesso istante (nel campo di rilevazione nda) in quanto lo spostamento di un pianeta e dei suoi abitanti è conoscibile istantaneamente dagli abitanti dell’altro pianeta; 8) Einstein dice che quando masse diverse, poste a grande distanza, accelerano, si può creare un’onda gravitazionale che a sua volta può essere registrata.

Pur personaggio centrale e “gigante” della scienza, considerando l’assioma che “nessun uomo (per quanto geniale) è un’isola”, Einstein aveva bisogno come tutti gli scienziati di poter lavorare, direi osmoticamente, sugli altri sviluppi della fisica che permettessero al pari lo sviluppo e la conseguente verifica delle sue intuizioni sulla Natura, alias Mondo, alias Universo. Nella successione degli 8 punti sopracitati, se non ci fossero stati Lorentz, Michelson e Morley le trasformazioni del primo, non esistendo non avrebbero offerto a Herr Albert la condizione di sostituire le trasformazioni galileiane. E la scoperta dell’elettrone non sarebbe servita a confermare le trasformazioni dello stesso Lorentz, né le predizioni del padre della relatività ristretta. Gli esperimenti confermarono che la massa di un elettrone dotato di velocità prossime a quelle della luce risulta maggiore della massa a riposo, esattamente nella misura prevista. L’incremento della massa dell’elettrone era dovuto alla conversione dell’energia cinetica in massa, secondo la formula E=mc2.

In fondo l”ipotesi fondamentale su cui poggia tutta la teoria di Einstein è che le leggi della natura valgono anche per due osservatori in moto relativo uno rispetto all’altro a velocità costante pur in presenza di una simultaneità, in verità apparente. Da questa intuizione scaturisce che lo scenario di rappresentazione dello spettacolo dell’Universo richiede una nuova geometria rappresentata da uno spazio a quattro dimensioni (tre per lo spazio e la quarta per il tempo), detto spazio-tempo. La rappresentazione, invece, non può essere altro da una trama composta da una molteplicità di eventi, dove il loro “intervallo” diviene parte di una combinazione di intervalli di spazio e di tempo. Il tutto in un teatro dove vigono leggi fisiche che hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziale, ossia in moto rettilineo uniforme l’uno rispetto all’altro. 

Poteva fermarsi lì, macché! Così andò alla ricerca di ciò che potesse essere esteso ai sistemi non inerziali, cioè in moto relativo non uniforme. Enunciò il principio di equivalenza, in base al quale il campo gravitazionale è equivalente a un’accelerazione costante che si manifesti nel sistema di coordinate, e pertanto indistinguibile da essa, anche sul piano teorico. Per questo Einstein, grazie alla “generale”, spiegò delle variazioni del moto orbitale dei pianeti, prima non pienamente compreso, e previde che i raggi luminosi emessi dalle stelle si incurvassero in prossimità di un corpo di massa elevata quale, ad esempio, il Sole. Si tratta della nota “lente gravitazionale”. La conferma di quest’ultimo fenomeno, durante l’eclissi solare del 1919. E vi arrivò. La Relatività generale è la teoria “nella quale la gravitazione è un attributo della curvatura dello spaziotempo, invece di essere dovuta a una forza di propagazione tra i corpi. Le masse distorcono lo spaziotempo nelle loro vicinanze, e altri corpi si muovono in traiettorie determinate dalla geometria dello spaziotempo. La gravità è una forza debole perché secondo il Grande Vecchio è una forza apparente dovuta alla curvatura dello spaziotempo. 

Allora l’accelerazione di gravità di un corpo in caduta libera è dovuta alla cosiddetta “sua linea di universo”, in quanto esiste una geodetica dello spaziotempo. Tutte le osservazioni disponibili hanno dato una descrizione dei moti della luce e delle masse in linea. Ma si conclude tutto qui? Macché!L’irresistibile attrazione del campo gravitazionale, ancorché registrata come forza debole, e la possibilità di integrare questi risultati in uno scenario teorico inclusivo lo spinsero alla ricerca di una teoria dei campi, capace di dare una descrizione unitaria per i diversi tipi di interazioni che governano i fenomeni fisici, incluse le interazioni elettromagnetiche, e le interazioni nucleari deboli e forti. 

Intanto altri in viaggio avevano riempito i loro taccuini di notazioni e generalizzazioni. A partire dal 1915, mentre gli orizzonti geografici si oscuravano per la guerra incombente, si stavano sviluppando altri orizzonti nel poeticamente identificato come “l’infinitamente piccolo”: la teoria quantistica. Orizzonti sfuggenti, incomprensibili e controintuitivi fondati sui concetti fondamentali del dualismo onda-particella, flusso e mattoncini come li chiamiamo adesso. Si apriva lo scenario al principio d’indeterminazione, anche questo faticoso (matematicamente) punto di arrivo di Heisemberg che venerava Einstein come maestro. Ma al contempo generatore di una ben più inquieta attenzione di Einstein stesso per un limite intrinseco ai processi di misurazione dell’esistente subatomico. 

Se la fama del maestro tedesco ed ebreo come lui non era in discussione e le conferme sperimentali ne esaltavano la grandezza, nulla poteva però arrestare il cammino verso l’inesplorato ponendo alla luce contraddizioni anche profonde e laceranti tra relatività e meccanica quantistica e ponendo interrogativi altrettanto inquietanti e anche oscuri: materia e antimateria, materia in chiaro, materia oscura, Universo in espansione o in contrazione entropica? Ma questa è altra storia, anzi altra tappa. Quella della grande frattura quantistica…