Una domanda iniziale. Dove andreste a cercare qualcosa che è nascosta alla vostra vista perché non permette che esistano emissioni o rifrazioni di luce? Perché si nasconde nell’oscurità o è essa stessa oscura? Ebbene la si va a cercare nelle viscere oscure della Terra. È questo un mistero individuato ma irrisolto della fisica che si presenta accanto ad altri come il tema di un affascinante capitolo che si è appena iniziato a scrivere e che vede l’Italia al primo posto nella ricerca sperimentale sia come luogo di infrastrutture, sia come direzione di ricerca. Sì, stiamo parlando di materia oscura sulla quale vi è una grande attesa. In tanti, a partire da Elena Aprile, brillantissima allieva (quand’era piccola) di Carlo Rubbia e ora americanizzata alla Columbia al punto di passare dall’italiano all’americaenglish, e capo progetto nutrono l’aspettativa di un piccolissimo successo. Questo successo può essere paragonato a uno spot  che arrivi a “illuminare” (scusate il paradosso) tale materia dandoci qualche informazione in più di come sia fatta. 



Sì, perché di una cosa i fisici non dubitano, nonostante le professioni di fede positivista che dovrebbero esser loro riconosciute. Non dubitano che esista. Anzi, sono arrivati persino a darle una dimensione al punto che noi potremmo essere una luminosa particina, piccolissima quasi microbica di luce immersa in un oceano di oscurità. Ebbene, per chi non lo sapesse noi conosciamo e sappiamo del mondo in cui siamo appena il 5% arrotondato del totale. Come dire, ce n’é di strada da fare per l’uomo prometeico, ma cercherò di essere più preciso anticipando che è tutta colpa delle stelle!



Noi sappiamo che le galassie ruotano e in questa rotazione le stelle dovrebbero muoversi alla medesima velocità come danseuses di valzer. Invece le stelle che si trovano più lontane dal centro delle galassie si muovono più lentamente. E qui inizia il primo dei problemi, perché secondo le formule note la velocità delle stelle diviene una funzione della distanza dal centro, quando invece dovrebbe essere una costante in tutta l’area. Se ragioniamo sul fatto che dal perimetro al centro ci corre una distanziuccia di 10 trilioni di km e che le cifre sulla velocità della luce per misurare gli eventi galattici ballano tra condizioni di spazio tempo tra i 100 e i 1000 milioni di anni luce, quello che ci ha offerto il telescopio Hubble ha alzato un velo e una consapevolezza che poco (speriamo) ha a che fare con gli alieni: insomma non siamo soli! Ma soprattutto le cose che abbiamo appreso non sono le sole in grado di spiegare il nostro mondo e il nostro Universo. In quel 5% che è un 4,9% effettivo (certo che si tratta di una bravura stellare arrivare a una tale misurazione precisa), ciò che vediamo, conosciamo e capiamo non accade né per la tavola degli elementi prima, né per la fisica delle particelle poi (che l’ha superata).



Quello che non conosciamo, non capiamo e non vediamo, perché per noi è oscuro (ma secondo me questo termine è forse più intellettivo che fisico) attiene a queste altre percentuali: 68,3% Energia oscura, 26,8% Materia oscura. Con il resto di prima otteniamo il 100% del nostro circondario. Credo che queste parole abbiano fatto comprendere al lettore di che misura sia la sfida e in particolare di quanto sia grande la competizione internazionale ad avere “news” in materia. Basti pensare che la visione e la conoscenza che abbiamo del nostro Universo, a fronte di una pur minima ma fondamentale scoperta, potrebbe uscirne rivoluzionata sin dalle sue fondamenta. Al di là questo non si può credere che il cammino sia breve e al contempo si deve credere che le sorprese ci saranno.

Fu proprio uno dei nostri volti noti della fisica internazionale, il Professor Zichichi, a mettere l’accento sul fatto che esistessero altre particelle oltre a quelle che – partendo dall’elettrone/protone/neutrone – sono poi aumentate nel tempo e passando oltre il neutrino sono finite a mettere in squadra, con la sua conferma sperimentale, quel fuoriclasse del bosone di Higgs. Fu così che Zichichi, considerando l’effetto gravitazionale che si poteva registrare nel movimento interstellare su accennato, formulò l’ipotesi che queste particelle “oscure” (tali perché non si sa di cosa siano fatte) avessero un’interazione debole con la normale materia e che ogni cosa esistente (che non è l’equivalente di vivente) fosse continuamente bombardata e attraversata da tali particelle. 

Da questa base il passo per delineare il piano di lavoro per dare la caccia e catturarne almeno un numero sufficiente (che è l’equivalente all’osservarle) è stato naturale. Infatti, non potendo applicare ai “nuovi sconosciuti” né la teoria standard, né la correlata fisica delle particelle esistente, si è deciso di creare uno spazio osservabile dove il rumore di fondo dell’universo e le sue radiazioni non impedissero di individuare queste particelle esistenti ma immaginarie (almeno fino alla loro concreta dimostrazione esistenziale), denominate Wimp (weakly interacting massive particle). Perché immaginarie? Perché se nulla dovesse essere risolutorio (non dico definitivo perché in territorio scientifico potrebbe essere un non sense), allora l’ipotesi iniziale dovrebbe essere profondamente riconsiderata, se non addirittura cambiata o abbandonata. 

È per questo che sulle loro tracce si sono attrezzati tre percorsi di caccia: uno del Cern Lhc con l’acceleratore a Ginevra, uno  satellitare per l’intercettazione nello spazio e uno nelle viscere della Terra con lo Xenon 1T al Gran Sasso in provincia dell’Aquila, sotto la direzione di Elena Aprile.

Lo Xenon 1T, gigantesca macchina costruita all’interno dei Laboratori Nazionali dell’Istituto di Fisica Nucleare è entrata in funzione a fine 2015 con 126 persone di 10 nazionalità diverse e 21 istituti di ricerca collegati. A lei toccherà una massa di una tonnellata da “spremere” per far uscire un Wimp e a Elena Aprile il rischio di essere la Dark Lady.