Se il cuore si ferma, il cervello continua a funzionare. E’ questo l’impressionante risultato a cui sono giunti alcuni ricercatori dopo aver completato un nuovo studio medico. Il dibattito su cosa succeda esattamente al corpo umano quando una persona muore, è aperto da tempo, anzi praticamente da sempre e mai si è giunti a una conclusione concorde. Il nuovo studio invece avvalora la tesi di chi sostiene che lo stato di coscienza rimane in atto dopo che il cuore si ferma e il corpo non si muove più. Per tutti coloro che sono sopravvissuti a un arresto cardiaco, non è una novità, anche se le loro testimonianze sono sempre apparse alquanto confuse e giudicate come una sorta di riflesso condizionato che loro stessi avevano attivato. Coloro che riportati in vita dopo alcuni momenti in cui il cuore aveva smesso di battere, hanno cioè raccontato di aver vissuto esperienze extracorporee, di essersi incamminati in tunnel pieni di luce, eccetera. Ma il nuovo studio riporta testimonianze di persone in arresto cardiaco che dicono di aver sentito perfettamente i medici dichiarare la loro morte, aver visto i dottori cercare di salvarli, in sostanza hanno vissuto l’esperienza di sentirsi intrappolati nel loro corpo senza potersi muovere e comunicare.
Il dottor Sam Parnia ha studiato molti casi in Europa e negli Stati Uniti e sostiene che le persone nella prima fase della morte son ancora in grado di essere coscienti: “Hanno descritto i dottori e gli infermieri prendersi cura di loro, hanno potuto descrivere le conversazioni, visto cosa stavano facendo, tutte cose che altrimenti non sarebbero stati in grado di descrivere”. Sempre secondo il dottor Parnia, le loro testimonianze sono state verificate come vere dai medici e dagli infermieri presenti, rimasti scioccati nell’apprendere che i pazienti ricordavano ogni dettaglio di quanto accaduto una volta tornati in vita. Tecnicamente, un arresto cardiaco blocca i segnali elettrici che portano il cuore a battere, nella maggior parte dei casi i medici indicano la morte quando il cuore smette di battere: “Una volta che succede questo, il sangue non circola più fino al cervello, il che significa che le funzioni cerebrali si fermano quasi istantaneamente”. E’ l’inizio di una reazione a catena del processo cellulare che porta alla morte delle cellule cerebrali, ma può durare anche ore dopo che il cuore ha smesso di battere, spiega il dottor Parnia. Eseguire una rianimazione cardiopolmonare permette di far arrivare un po’ di sangue al cervello, il 15% del quale riprende a funzionare. ma non abbastanza per permettergli di riprendere in pieno le sue funzioni. Ed è per questo motivo, dice, che le persone sono coscienti di quello che accade loro anche se dichiarate morte.