Una donna-robot che si chiama Sophia e assomiglia nei tratti ad Audrey Hepburn: solo che, invece che sognare una “Colazione da Tiffany”, risponde a domande esistenziali e si dice pronta a soppiantare la razza umana. Tranquilli, è tutto vero tranne l’ultima cosa (o meglio, c’è stato un miseunderstanding linguistico che ha indotto la donna-robot ad affermare la frase ambigua perché non aveva ben compreso la domanda): al Web Summit di Lisbona è stata da poco presentata Sophia, la prima donna-robot di ultimissima generazione che desta scalpore e ammirazione per un grado di intelligenza artificiale davvero incredibile, quasi “inquietante”. «Sophia è in grado di interagire con gli esseri umani, ricorda le conversazioni precedenti e impara sia da esse che dall’infinito database di informazioni che è Internet, a cui la sua intelligenza artificiale è connessa. Infine mostra fisicamente le proprie reazioni agli stimoli, tramite 65 diverse espressioni facciali», spiega il Blog di Zeppelin sul Fatto Quotidiano introducendo il tema della donna-robot che mette in difficoltà gli stessi scienziati. Si è davvero arrivati a quel punto di limite con i robot in grado di sostituire già gli umani? L’impressione è no, e ancora per molti anni a venire (nonostante Sophia) ma il tema resta di estrema attualità e non solo perché da pochi giorni è uscito il nuovo film di Blade Runner. Sophia fa davvero impressione perché la sua conoscenza e grado di risposte intelligenti a domande anche più complesse è pazzesca. «Se io sono una versione migliorata di un precedente modello di Sophia, sono ancora Sophia? Chi sono?», si chiede la robot dimostrando una logica che inizia a somigliare ad una riflessione umana.
IL ROBOT SOPPIANTERÀ L’UOMO?
Ma dunque, l’incubo più volte rilanciato in questi ultimi 40 anni, di un robot che soppianterà – almeno sul lavoro – l’esperienza umana, è un rischio reale? Secondo Raymond Kurzweil la risposta è “Ni”: per il famoso teorico dell’intelligenza artificiale e membro di Google, infatti, «tramite la rivoluzione Gnr”, genetica, nanotecnologica e robotica (la scienza di cui Sophia è figlia), l’uomo sarà sempre più in grado di migliorare la propria struttura fisica e biologica grazie ai benefici che queste tre discipline forniranno nei prossimi anni». Insomma non tanto un robot che supera l’uomo, ma un uomo che proprio con i robot potrà evolversi a sua volta: gli alert intanto continuano per quelli che continuano a considerare pericoloso evolvere sempre di più l’intelligenza artificiale a scapito della sfera dei rapporti umani. Più volte il fondatore di Tesla, Elon Musk, ha svelato la «paura che l’intelligenza artificiale completamente autonoma trasformi l’essere umano da suo creatore a suo sottoposto appare non priva di fondamento». La scienza se ragionata ed evoluta non può che rappresentare un plus alla vita dell’uomo e come tale va sostenuta: ritenere però che dalle conquiste della scienza dipenda in maniera totalizzante il destino dell’universo e del mondo, dai robot a quant’altro, lo reputiamo quantomeno inquietante. Come spiegava il Presidente di AIN Associazione Italiana Nucleare, Umberto Minopoli, in una lunga trattazione sul Foglio, il destino prossimo non è rappresentato e non dovrà essere rappresentato dal dualismo macchina-uomo, bensì da una comunione di intenti: «La frontiera della robotica non è il duello uomo-macchina. E’, piuttosto, la reciproca adattabilità. I robot non rimpiazzano l’uomo ma ne prolungano e potenziano le facoltà. Non ci aspetta nessuna sostituzione di realtà umana con matrix, la realtà virtuale delle macchine pensanti. Semmai l’opposto: i robot, sistemi serventi, realizzano una realtà aumentata. E con effetti di crescente padronanza umana». Chiedersi “chi sono” è un passo incredibile, ma occhio a scambiarlo per la “coscienza umana”: un conto infatti è chiederselo rispetto ad altre “versioni” di robot precedenti, un altro è porselo davanti ad un dramma, alla nascita di un figlio o ad una esperienza che cambia radicalmente la propria vita.