Il tumore è una questione di sfortuna: uno studio sta facendo discutere, perché imputa due terzi delle neoplasie a mutazioni genetiche, quindi al “caso”. Questa ipotesi era stata già avanzata da Bert Vogelstein e Cristian Tomasetti, suscitando anche allora diverse polemiche, ma il genetista e biostatistico della Johns Hopkins University di Baltimora sono tornati sull’argomento con uno studio pubblicato su Science. Dalla ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Science, ha chiamato in causa i fattori di rischio e le cause dei tumori, cioè difetti genetici, stili di vita poco sani e l’ambiente circostante. Gli studiosi hanno scoperto che i tumori sono causati da mutazioni che possono essere ereditate e indotte da fattori ambientali o legate a errori di replicazione del DNA (R). I ricercatori hanno, dunque, analizzato il rapporto tra il numero di divisioni normali delle cellule staminali e il rischio di 17 tipi di cancro in 69 paesi in tutto il mondo. Dallo studio è emersa, dunque, una correlazione tra l’incidenza del tumore  elegante normali divisioni delle cellule staminali in tutti i paesi, a prescindere dall’ambiente. Più è alto il numero delle divisioni e più cresce il rischio di ammalarsi, indipendentemente dallo stile di vita e da dove si vive. Le mutazioni R causano due terzi delle mutazioni nei tumori umani: il 66% delle mutazioni sono dovute al caso, il 5% è causato da fattori ereditari e il restante 29% imputabile allo stile di vita sbagliato. La diagnosi precoce è quindi fondamentale per bloccare il tumore nei primi stadi del suo sviluppo: è l’unica opzione per ridurre i decessi.



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