Il paradosso della vaccinazione in Italia: coloro che sono chiamati a promuoverla sono i primi a non averlo fatto. Sono ancora tanti i casi di medici e infermieri che non si vaccinano perché non ritengono che certe malattie rappresentino una minaccia per la salute pubblica. Quasi un operatore sanitario su tre non è convinto sui benefici dei vaccini e anzi teme eventuali effetti avversi dopo la vaccinazione. Tutto questo mentre i LEA pubblicati il 18 marzo scorso fissano come obiettivo il raggiungimento di livelli molto elevati di coperture vaccinali entro un paio di anni. Questo obiettivo rischia allora di restare un miraggio se gli stessi medici e infermieri, che rappresentano il primo contatto con il sistema sanitario, sono diffidenti.



I risultati del sondaggio online sulle vaccinazioni a cui hanno partecipato 2250 operatori sanitari sono preoccupanti. Anche se preliminari, questi dati – presentati durante la conferenza nazionale Medice e riportati da OggiScienza – ci aiutano a comprendere un altro aspetto: se i medici e gli infermieri non si vaccinano, sono essi stessi esposti a malattie che possono trasmettere ai loro pazienti. In Toscana nei primi due mesi del 2017 un caso di morbillo su tre si e` verificato in operatori sanitari. Inoltre, è emerso che oltre il 40% degli intervistati non si è sottoposto al richiamo del tetano negli ultimi 10 anni.



Insomma, i medici e gli infermieri si vaccinano di meno rispetto alla popolazione in generale. Sarebbe giusto allora obbligare chi lavora a contatto con i malati a vaccinarsi? Il dibattito è acceso, anche perché è inaccettabile che un medico o un infermiere suscettibile a un’infezione potenzialmente fatale come il morbillo lavori poi a contatto con pazienti ad alto rischio.

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