La morte è ovviamente associata a sentimenti di paura, di rimpianto, di dolore, insomma pensare alla propria morte ci terrorizza. Non si tratta del modo in cui si muore, ma semplicemente della concezione che abbiamo del trapasso. Nessuno pensa con gioia che un giorno dovrà lasciare i propri cari, e poi, che si abbia fede o no, si tratta di quel gran salto nel buio ma verso dove? Che tipo di esistenza? Anche per chi crede le domande e l’inquietudine sono qualcosa di concreto: come sarà Dio, come mi si rivolgerà, come può essere concepibile la vita eterna? Per chi non crede normalmente si associa la morte con un gran nulla. Ma nessuno sfugge all’inquietudine del pensiero della sorte che ci toccherà tutti.
Un nuovo e interessante studio ci rivela però qualcosa di interessante. Svolto da YouGov in Inghilterra, risulta che il 68% della popolazione ha paura della morte, ma sempre secondo il sondaggio, la morte è vista in modo meno triste e terrorizzante, e invece più felice, di quanto si pensi. Anche alcuni ricercatori della università del North Carolina hanno fatto uno studio analogo analizzando dei blog scritti da malati terminali e le ultime parole dei prigionieri condannati a morte. Quello che ne è uscito fuori è che queste persone dimostrano meno ansia e si sentono meno soli, sentendosi invece pieni di amore, desiderio di rapporti sociali e significato delle cose. Pubblicato sul Psyhcological Science, lo studio ha paragonato le parole di persone morenti con quelle di alcuni volontari a cui era stato chiesto di immaginare gli restassero pochi giorni di vita.
Con l’uso di alcuni algoritmi hanno analizzato entrambi i gruppi di scritti. Quello che ne è uscito fuori è che mentre la morte si avvicina, le parole di chi è in stato terminale sono maggiormente positive e gli argomenti più trattati sono la famiglia e la religione. “Quando pensiamo a come ci sentiremmo se mancasse poco alla nostra morte ” ha detto uno dei ricercatori “pensiamo alla tristezza e al terrore. Nella nostra immaginazione morire è qualcosa di solitario e senza senso, ma le parole dei malati terminali o quelle dei condannati a morte negli ultimi istanti sono piene di amore, e desiderio di rapporto con gli altri”. Ecco un esempio: “Non ho alcun rimpianto – ho avuto una vita piena, toccata da una famiglia e amici così meravigliosi. Quindi se c’è una lezione finale per me è che l’amore è il dono ultimo – amore e onestà “.