Incontrando Paolo Nespoli cinque anni fa al Meeting di Rimini – che aveva un titolo particolarmente stimolante per un astronauta “La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito” – non ci aveva nascosto il segreto desiderio di tornare nello spazio: “se mi vorranno sono pronto; il fisico è in forma, le energie non mancano e la curiosità non diminuisce con gli anni, anzi…”. Ieri il desiderio si è avverato e alle 17.41 (ora italiana) dal cosmodromo di Baikonur in Kazakistan una navicella Soyuz MS-05 è decollata alla volta della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) con a bordo il sessantenne astronauta italiano e due compagni di viaggio: il russo Sergei Ryazanskye l’americano Randy Bresnik.
Dopo aver dedicato una vita allo spazio – ha iniziato negli anni ’80 laureandosi a New York in Aerospace Engineering ed è stato assunto dall’ESA (Agenzia Spaziale Europea) nel 1991 – ora si trova a partecipare a una missione denominata VITA, acronimo che sta per Vitality, Innovation, Technology, Ability. L’esperienza di Nespoli, per come gliela abbiamo sentita raccontare in diversi incontri e conferenze, riassume tutte queste quattro dimensioni: la vitalità lo porta a non stare mai fermo anche quando non vola; innovazione e tecnologia lo appassionano: dopo la prima laurea, ha preso un Master of Science in Aeronautics and Astronautics al Politecnico della New York University e nel 1990 ha ottenuto la laurea in ingegneria meccanica presso l’università di Firenze; infine le abilità, che sono molteplici: basta vederlo muoversi a suo agio sospeso dentro la ISS durante le missioni precedenti, o durante i pesanti addestramenti al centro ESA di Colonia o a quello della NASA di Houston.
Questa è per lui la terza missione, la seconda di lunga durata: si concluderà infatti a dicembre e sei mesi costituiscono un periodo estremo finora sperimentato dall’uomo di permanenza in orbita: quando racconta del suo ritorno a terra dalla missione precedente Nespoli non ha imbarazzo nel dire di essersi sentito a pezzi e di aver fatto una certa fatica nel riprendere la vita normale in condizioni di gravità terrestre.
Sulla ISS è proprio la condizione di microgravità il fattore più rilevante e impegnativo; ed è quello su cui si basano i circa 200 esperimenti che Nespoli e colleghi hanno il compito di seguire, la gran parte dei quali biomedici e il resto tecnologici. Di questi, 11 sono stati selezionati dall’ASI (Agenzia Spaziale Italiana), che partecipa per la terza volta a una missione di lunga durata, una delle sei che la NASA ha messo a disposizione dell’ASI nell’ambito dell’accordo bilaterale MPLM per la consegna dei moduli logistici Leonardo, Donatello e Raffaello.
Anche il Logo della missione (riportato più in basso) è espressione del genio italico ed è ispirato al “Terzo Paradiso” dell’artista italiano Michelangelo Pistoletto. Il design della targa della missione, realizzato insieme allo stesso Nespoli e all’ASI, è rappresentativo dei suoi messaggi principali. La forma ricorda il pianeta Terra per la sua geometria rotonda e per la sua trama azzurra; il simbolo del Terzo Paradiso è una riformulazione del simbolo matematico dell’infinito ed è aperto a molteplici interpretazioni: i due elementi circolari opposti stanno a significare le attività scientifiche ed educative sviluppate nello spazio, mentre il cerchio centrale è il punto di incontro tra i due e rappresenta l’evoluzione della Terra e i benefici che le attività spaziali portano all’umanità. È un simbolo che mette in relazione visiva e concettuale i temi principali della missione: il DNA, simbolo della vita e, in senso lato, della ricerca scientifica; il libro, simbolo della cultura e dell’educazione intesa come formazione continuo; la Terra, punto di incontro tra i due e destinataria dei benefici che le attività spaziali portano all’umanità; l’ellissi centrale in combinazione con il globo evoca un simbolico occhio e indica la prospettiva dell’astronauta che osserva il nostro pianeta dalla ISS.
Dagli esperimenti ci si aspetta molto. Basterà citarne qualcuno di quelli più direttamente curati da Nespoli. Come quello sulla orthostatic intolerance, volto ad acquisire informazioni utili allo sviluppo di contromisure basate sull’esercizio fisico al fine di prevenire problemi di salute dopo i voli spaziali quali appunto l’intolleranza ortostatica che rappresenta uno dei principali sintomi accusati dagli astronauti dopo un volo spaziale, specie se di lunga durata. L’esperimento prevede l’esecuzione da parte dell’astronauta di un programma di allenamento basato su una nuova metodologia detta TRIMPi (individualized TRaining IMPulse) sviluppata da un gruppo di ricerca dell’IRCCS San Raffaele Pisana Roma, che si basa sul carico di lavoro interno che il singolo individuo sperimenta durante l’attività fisica piuttosto che sulla spesa energetica indotta dall’attività stessa.
Altro esempio è l’esperimento su cellule retiniche in coltura (CORM) che punta a individuare contromisure terapeutiche atte a inibire il danno retinico nel personale che staziona nella ISS. In particolare, si propone di verificare se il Coenzima Q10 – del quale un gruppo del Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche dell’Università di Firenze ha già dimostrato le capacità antiossidanti e antiapoptotiche in risposta alle radiazioni sia su cellule retiniche in coltura che in modelli animali – eserciti tali capacità anche sulle stesse cellule retiniche mantenute sulla ISS.
E ancora, il progetto PERSEO che testerà un dimostratore per un sistema di radioprotezione personale, in forma di giacca, che gli astronauti potranno indossare in un habitat spaziale per mitigare gli effetti nocivi della radiazione cosmica.
Ma di questi e degli altri potrà raccontarci a lungo lo stesso Nespoli durante le previste e regolari dirette Twitter dal suo account @astro_paolo.