La dicotomia tra scienza e fede era rigida per Albert Einstein: il fisico tedesco cercò sempre di evitare commistioni tra i suoi studi e la religione. Pur credendo in un’entità ultraterrena, non la usò come strumento per risolvere i misteri dell’universo: l’immenso equilibrio dell’universo andava ricercato senza ricorrere all’intervento divino. Einstein credeva in Dio, ma non accettava la commistione tra scienza e miracoli. Anche per questo motivo è considerato uno scienziato libero da pregiudizi ideologici che è giunto a conclusioni razionali. L’ipotetica forza repulsiva tra corpi celesti, teoria contraria a quella della gravità di Isaac Newton, era la sua risposta scientifica. Una teoria rivoluzionaria, maturata in dieci anni, che però non venne accolta con favore. Elogi di facciata arrivarono al fisico tedesco, che – come riportato da Il Mattino – partorì la relatività generale per applicarla all’universo nel suo insieme, l’ambito gravitazionale più vasto.
IL COSMO PER EINSTEIN TRA SCIENZA E RELIGIONE
LA SUA RISPOSTA SENZA TIRARE IN BALLO DIO
Così Albert Einstein ebbe una delle sue più grandi intuizioni, che in realtà considerava uno dei suoi più grandi errori: l’universo doveva condividere la caratteristica divina dell’immutabilità e della perfezione. Il cosmo allora doveva essere sempre uguale a se stesso con il fluire del tempo, quindi statico. Le sue stesse equazioni sembravano dargli torto, ma a differenza di Newton non usò Dio per risolvere il problema. Dio architetto autore di interventi di manutenzione per salvaguardare la sua opera? No, Einstein non voleva disturbare il soprannaturale. Per questo arrivò a teorizzare la forza repulsiva che al contrario della gravità cresce all’aumentare della distanza. Altri studiosi però gli dimostrarono che la sua idea del mondo era sbagliata, il tempo, guarda caso, gli ha dato invece ragione: quella forza repulsiva che aveva descritto è tornata protagonista quando ci si è accorti che 4,5 miliardi di anni fa l’espansione cosmica ha preso ad accelerare.