Nel volgere di pochi decenni la cosmologia è passata dall’essere un campo “tranquillo” per fisici-matematici ad area di ricerca tra le più vivaci e problematiche della fisica contemporanea. A questo stato di cose hanno contribuito ugualmente lo sviluppo esponenziale delle tecniche d’osservazione e le convergenze teoriche sempre più forti tra fisica delle particelle e struttura su grande scala del cosmo. In altre parole, la nuova cosmologia di precisione è diventata oggi uno dei banchi di prova delle più avanzate teorie unificate.



Dopo la scoperta del bosone di Higgs e un buon numero di test per verificare gli aspetti sottili del Modello Standard, la fisica è in grado di spiegare molto bene la materia ordinaria, dai quark alle galassie. La Relatività Generale, d’altra parte, descrive l’interazione gravitazionale con una precisione che è ormai paragonabile a quella delle teorie quantistiche (si pensi alla tecnologia GPS). Ma le osservazioni mostrano chiaramente che la materia visibile costituisce soltanto il 5% dell’universo. A caratterizzare la formazione e la dinamica delle galassie è infatti una forma di materia non luminosa che interagisce poco con quella ordinaria, ma i cui effetti gravitazionali sono decisivi. 



La ricerca punta dunque a un identikit della Dark Matter, che per quanto elusiva verosimilmente non dovrebbe compromettere in modo radicale il Modello Cosmologico Standard, e le sue numerose conferme. In questa stretta fascia di compatibilità tra la fisica nota e ciò che non conosciamo del cosmo, si gioca la ricerca delle cosiddette WIMPs (Weakly interacting massive particles) particelle con massa che interagiscono gravitazionalmente ma non elettromagneticamente con la materia ordinaria e che finora non ha dato risultati significativi e altri tipi di particelle ultra leggere, con piccola massa, che si pensa vadano anch’esse a costituire la materia oscura di tipo freddo (cold dark matter) e che si muovono a velocità più basse di quella della luce.



È in questo scenario che si inserisce l’articolo pubblicato questo 28 luglio su Physica Scripta, il giornale di ricerca dell’Accademia delle Scienze svedese, da due scienziati italiani, l’astrofisico Fabrizio Tamburini dello ZKM – Zentrum für Kunst und Medientechnologie di Karlsruhe e Ignazio Licata, fisico teorico dell’ISEM – Institute for Scientific Methodology di Palermo, dopo alcuni mesi di dibattiti e interesse crescente su ArXiv: Can the periodic spectral modulations of the 236 SETI candidate Sloan Survey stars be due to Dark Matter effects?  [arXiv:1611.02586 [astro-ph.SR]. Dietro il punto interrogativo del titolo prudenziale, i due ricercatori propongono un’interpretazione innovativa dei dati del catalogo Sloan Digital  Sky Survey relativi ad un gruppo di 236 stelle intorno alla sequenza principale (simili al nostro Sole) che  mostrano modulazioni periodiche estremamente regolari a 600GHz [Borra e Trottier [Arxiv 1610.03031v1, PASP 128 , 969 (2016)]. Nulla dunque che possa essere spiegato in modo tradizionale, al punto da far pensare a ipotesi ET!

“Tamburini e Licata, invece – dichiara il Prof. Salvatore Capozziello, Presidente della Società Italiana di Relatività Generale e Fisica della Gravitazione – indicano in tale modulazione una prova evidente per gli assioni, tra i più antichi candidati per il ruolo di costituenti della dark matter. Partendo dalle frequenze osservate, hanno stabilito un intervallo plausibile per la massa dell’assione che si sovrappone a quello ottenuto di recente da Borsanyi et al. [Nature 539, 69-71 (2016) hep-lat 1606.07494v2] mediante lattice QCD”.  In altre parole, la modulazione di frequenza osservata in queste 236 stelle sarebbe dovuta ad oscillazioni di assioni, “intrappolati” dentro la materia ordinaria delle stelle. Tali particelle potrebbero strutturarsi in sistemi astrofisici complessi e formare le cosiddette “stelle di bosoni”.

Ricordiamo che l’assione nasce alla fine degli anni ’70 per risolvere alcuni problemi sottili di simmetria legati all’interazione forte a opera di Roberto Peccei ed Helen Quinn. Alla teoria daranno contributi fondamentali teorici del calibro di F. Wilczek, S.,Weinberg , G. ‘t Hooft e L. Maiani, e la possibilità di questi oggetti di creare agglomerati di ammassi bosonici freddi rendono naturale la loro applicazione in cosmologia come “tessuto connettivo” oscuro e freddo delle strutture galattiche. Resta il problema di spiegare perché così poche stelle ed appartenenti a una tipologia così ristretta su un catalogo di milioni di stelle. “Sono ovunque – risponde Fabrizio Tamburini- ma per avere un nucleo con mix bosonico che oscilla come previsto dalla teoria bisogna raggiungere una massa critica, stabilità idrodinamica etc etc. In stelle più grandi la turbolenza renderebbe difficile vedere l’effetto. In pratica si tratta dell’1% del sample di stelle analizzate con nucleo idrodinamicamente stabile dove il core è un mix bosonico/materia fermionica e comincia ad oscillare molto rapidamente, con una frequenza ed ampiezza che dipende dalla massa dell’assione. Le 236 stelle analizzate sono la punta di un iceberg di quanto analizzato nella Sloane Sky Survey”.

Il modello di Tamburini-Licata promette dunque di rilanciare la cosmologia della dark matter indicando un effetto molto preciso legato alle oscillazioni assioniche. “Siamo molto soddisfatti – afferma Ignazio Licata – di aver offerto una direzione di ricerca astronomica molto precisa. In generale produrre un modello che può essere confermato o smentito è un bel risultato ‘pulito’. Inoltre l’assione, tra tutti i candidati possibili, ha alcune caratteristiche interessanti, perché non soltanto è adatto a spiegare il tipo di distribuzione di dark matter che osserviamo, ma è ben radicato in ciò che conosciamo della fisica delle particelle e del Big- Bang. Nelle fasi primordiali dell’universo deve esserci stata una grossa produzione di questi oggetti che secondo un buon numero di approcci teorici hanno una forte parentela con il bosone di Higgs e il dilatone, dunque con processi fondamentali come l’acquisizione di massa e la dinamica evolutiva dell’Universo”.

Infine, è Marco Malaspina dell’INAF a porre una legittima curiosità: ma quando avete letto la prima volta il paper di Borra e Trottier, dove si diceva che poteva trattarsi di civiltà aliene, l’avete considerata davvero un’ipotesi plausibile? Perché? Così replica Tamburini: “Personalmente confesso che l’ho sperato, da piccolo mi piacevano i sogni di Carl Sagan, ma guarda caso Ignazio ed io stavamo discutendo di relatività e avevo letto delle stelle bosoniche in un framework relativistico e la lampadina si è accesa. Poi ci siamo messi a lavorare sul pezzo per un bel po’, ma quello che è incredibile è che le masse degli assioni che risultano dal modello si sovrappongono perfettamente con le simulazioni lattice QCD (Quantum ChromoDynamics) pubblicate su Nature con le particelle del modello standard, ed in accordo con i dati LHC. Tre coincidenze (o più) fanno una prova, abbiamo pensato”.

Questo risolve il problema della materia oscura? È Licata a chiarire: “La nostra non è una teoria, ma un modello che dà una lettura diversa di dati acquisiti. Adesso la parola ritorna agli astronomi. Dal punto di vista teorico sarà necessario capire meglio genealogia e parentele dell’assione con altre particelle all’interno dei processi complessi che hanno caratterizzato le prime fasi dell’evoluzione dell’universo, questioni che toccano anche l’altro grosso problema dell’energia oscura, legato alla fisica della costante cosmologica. Verosimilmente il contributo dell’assione è un contributo percentuale a cui dovrà sommarsi quello di altre WIMPs, e queste percentuali dipendono dalla variante del Modello Standard; quelle plausibili sembrano oggi sufficientemente vincolate da farci sperare di arrivare ad un quadro coerente e testabile in tempi ragionevoli”.

(a cura di Mario Gargantini)