Nessuno lo avrebbe ipotizzato, eppure il segreto della longevità è il matrimonio. L’amore è una sorta di “assicurazione” sulla vita, perché fa bene al cuore. Lo sostiene uno studio inglese dell’Aston Medical School di Birmingham, secondo cui chi è in coppia ha il 14% in più di possibilità di sopravvivere ad un attacco di cuore rispetto ai single che vivono lo stesso evento. Essere single, dunque, vuol dire anche andare incontro ad una morte prematura. Per la prima volta il matrimonio viene considerato in grado di allungare la vita ai pazienti che riportano i tre maggiori fattori di rischio per le malattie cardiache: colesterolo elevato, pressione alta e diabete. Insieme sono responsabili di più dell’80% degli infarti, ma i pazienti sposati vantano il 16% in più di probabilità, rispetto ai singoli, di sopravvivere. I ricercatori hanno applicato un algoritmo, l’ACALM (Algorithm Comorbidities, Associations, Length of Stay and Mortality) sul database delle persone ricoverate in Inghilterra tra il 2000 e il 2013, classificandole come single, coniugate, divorziate o vedove. E sono state seguite fino alla conclusione dello studio.
VIVERE IN COPPIA PER VIVERE PIÙ A LUNGO
I ricercatori hanno spiegato perché il matrimonio allunga la vita: avere un coniuge a casa che dà sostegno emotivo e fisico, che incoraggia il paziente verso uno stile di vita più sano, è importante per rispettare le cure e affrontare così la sua condizione. «Ci sono molte prove che stress e eventi stressanti della vita, come il divorzio, sono associati a malattie cardiache», ha dichiarato Paul Carter, primo autore dello studio. I ricercatori hanno scoperto che i pazienti divorziati con pressione alta o che avevano riportato un attacco cardiaco in passato avevano tassi di sopravvivenza inferiori rispetto ai pazienti coniugati con la stessa condizione. I risultati di questo studio sono dunque interessanti, perché confermano l’importanza dei fattori psicosociali per coloro che soffrono di malattie cardiovascolari. «È importante che i pazienti con questi fattori di rischio pericolosi, ma evitabili, seguano le indicazioni dei loro medici per quanto riguarda lo stile di vita e i farmaci per limitare rischio, e le reti di soccorso sociale sono essenziali per farlo», ha spiegato Rahul Potluri, co-autore dello studio e fondatore dell’unità ACALM.