Sta per arrivare la sesta estinzione di massa delle specie viventi presenti sulla Terra. E se pensate che questa drammatica vicenda non vi riguardi, vi sbagliate: la fine è molto più vicina di quel che pensate. Secondo il MIT di Boston, l’Istituto di tecnologia del Massachusett, la sesta grande estinzione delle specie viventi, infatti, avrà inizio nel 2100. Secondo gli studiosi, da quel momento potrebbe verificarsi una lenta e inarrestabile discesa verso la scomparsa della vita animale e vegetale sul nostro pianeta. La colpa sarebbe dell’uomo, dell’eccessivo consumo di carbone, bruciato e disperso nell’atmosfera, nonostante i tentativi di conversione messi in atto in molti paesi verso economie più green, attraverso l’uso di energia pulita. Per arrivare a questa drammatica previsione, è stato fatto uno studio, basato su modelli matematici e condotto presso il Lorenz Center del MIT, che ha preso in esame le cinque precedenti estinzioni, avvenute negli ultimi 540 milioni di anni. Il professor Daniel Rothman, co-dirigente dell Centro, ha ipotizzato che le alterazioni nel ciclo naturale del carbone nell’atmosfera, negli oceani, nella vita di piante e animali abbiano giocato un ruolo determinante nella scomparsa massiccia delle varie forme viventi. Se questo fosse vero, siamo vicini a una nuova catastrofe.



SIAMO VICINI A UNA CATASTROFE

«La storia della Terra è una storia di cambiamenti – ha scritto Rothman sulla rivista Science Advances, presentando lo studio – alcuni sono graduali e benigni, altri (soprattutto quelli associati a catastrofiche estinzioni di massa) sono relativamente repentini e distruttivi. Cosa distingue gli uni dagli altri? Ho presupposto che le perturbazioni nel ciclo del carbone sulla Terra portino a estinzioni di massa sul lungo periodo, se i cambiamenti si avvicendano velocemente; sul breve, se essi sono di vasta portata». Il professor Rothman e la sua equipe sono andati a ritroso nel tempo e hanno analizzato le 31 volte in cui sconvolgimenti estesi si sono susseguiti nella storia del pianeta, riscontrando che quattro volte su cinque le estinzioni si sono verificate quando le perturbazioni dei cicli vitali hanno superato una soglia “catastrofica”. I ricercatori hanno quindi elaborato una formula matematica per prevedere quale quantità “extra” di carbone possa essere tollerata dagli oceani, che ne assorbono grandi dosi dall’atmosfera, prima di lanciare l’allarme definitivo. Secondo questo modello, la cifra di 310 gigatoni (l’unità di misura per quantificare l’energia che verrebbe prodotta) è inferiore di soli 10 gigatoni rispetto alle emissioni di carbone previste entro il 2100. E questo secondo le più ottimistiche previsioni.



SE L’EMISSIONE DI CO2 NON VIENE CONTROLLATA ACCADRÀ IL PEGGIO

«Non sto dicendo che il disastro accadrà domani – ha rassicurato il professore – Sto dicendo che se l’immissione di CO2 nell’atmosfera non viene controllata potrebbe trasformarsi in qualcosa di più grande e potrebbe comportarsi in un modo difficile da prevedere. Nel passato geologico, questo tipo di comportamento si è associato alle estinzioni di massa». Il professore, insomma, tenta di mettere in guardia dalle conseguenze che i comportamenti dell’uomo potrebbero avere. Forse, ascoltando il suo monito, potremmo essere ancora in tempo per ridurre le emissioni di CO2 ed evitare che nel 2100 si raggiunga il fatidico punto di non ritorno. Se la sesta estinzione di massa prendesse avvio, nei millenni successivi si assisterebbe a una progressiva catastrofe: la più grave estinzione di massa mai avuta sulla Terra risale a 248 milioni di anni fa e portò alla scomparsa del 96 percento di tutte le specie viventi.

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