A due giorni dalla scomparsa di Marina Ripa di Meana, sta facendo molto discutere e ha anche acceso un piccolo dibattito nell’opinione pubblico, il video-testamento dalla stilista e personaggio televisivo, spentasi all’età di 77 anni a Roma a causa di un cancro, oltre che le sue ultime volontà: infatti, come si è appreso ora, la diretta interessata avrebbe voluto praticare la via del suicidio assistito in Svizzera ma poi, consigliata da Maria Antonietta Farina Coscioni, vedova di Luca Coscioni, ha scelto di affidarsi alle cure palliative previste dalla legge italiana attraverso la sedazione profonda. Ma in cosa consiste e come si può richiedere questa forma di sedazione per i malati terminali e che, va ricordato, è ben diversa dall’eutanasia? Inoltre, come si è appreso dal testamento letto in video dall’ex moglie di Luca Coscioni, Marina Ripa di Meana ha anche chiesto che questo metodo per “addormentarsi” in modo indolore e dolcemente venga fatto conoscere a un numero sempre maggiore di persone e si diffonda tra coloro che si verranno a trovare nella sua stessa situazione.
IN COSA CONSISTE LA SEDAZIONE PROFONDA
“A casa proprio o in ospedale chi ha un tumore deve sapere che può scegliere di tornare alla terra senza ulteriori e inutili sofferenze”: è in questo modo che si conclude il video-messaggio di Marina Ripa di Meana che ha fatto ricorso a un metodo di cui si era sentito parlare in Italia quasi un anno fa, quando in provincia di Treviso un settantenne malato di sclerosi amiotrofica laterale aveva scelto di affidarsi alla sedazione palliativa profonda, addormentandosi fino a quando, pochi giorni dopo, non è sopraggiunta la morte attraverso un aumento graduale dei sedativi e altri farmaci, somministrati con una flebo e secondo quanto prevede un protocollo medico che va seguito rigidamente. Ad ogni modo, la sedazione profonda va chiesta dalla persona interessata dopo essere stata adeguatamente informata circa la somministrazione dei cosiddetti farmaci palliativi che, pian piano, ridurranno la sofferenza: infatti, a differenza dell’eutanasia, la sedazione profonda è un “atto terapeutico” mentre l’altra mette solamente fine all’esistenza attraverso la somministrazione di un farmaco qualora il paziente lo desideri. Il vero punto della questione è che in Italia la via scelta da Marina Ripa di Meana non è regolamentata ad hoc, ma esiste comunque una legge a proposito delle cure palliative e che risale però al 2020. Un “vulnus” normativo? No, dato che in altri Stati europei non esiste un testo simile e, anche se la sedazione profonda rientra nel novero delle terapie previste dal LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), è chiaro che potrebbe ottenere in futuro un riconoscimento ufficiale.
ALTRE DIFFERENZE CON L’EUTANASIA
Insomma, la sedazione profonda comporta l’utilizzo di farmaci sedativi e non della morfina e tiene comunque conto del quadro clinico del paziente, specie se negli ultimi giorni di vita questo si aggrava: allora il medico può aumentare la somministrazione con gradualità, a meno che non si sia in presenza di condizioni critiche e gravissime (un’emorragia ad esempio) che può portare anche a togliere definitivamente coscienza al malato. Un altro aspetto che va messo in rilievo è il fatto che, con l’assenso informato, il malato terminale accetta anche che il personale sanitario si prenda cura di lui e beneficiando anche della presenza di psicologi, infermieri e anestesisti che lo assistono in ogni decisione e “tappa” di questo ultimo viaggio. Insomma, un confronto continuo che ha lo scopo di accompagnare chi ha preso questa decisione: a tal proposito, in un’intervista riportata anche dall’AGI (Agenzia Giornalista Italiana), l’anestesista Luciano Orsi -attualmente vicepresidente della Società Italiana di Cure Palliative- ha tenuto a precisare però che “la sedazione profonda non accelera né anticipa la morte”, dato che questo metodo non può accorciare l’esistenza (come invece fa l’eutanasia), ma al massimo allungarla dato che il paziente sedato vive mediamente un po’ più a lungo.