“Anche se la scoperta fatta dai professori James Allison e Tasuku Honjo non significa la sconfitta dei tumori, è comunque un premio Nobel meritato perché la loro è una scoperta cruciale e soprattutto in pochissimi anni ha avuto una ricaduta medica che è quello che cercano di ottenere coloro che poi vincono questo premio” ci dice il professor Marco Pierotti, immunologo e professore di oncologia nell’Università degli Studi di Milano. I due studiosi, uno americano e uno giapponese, si sono guadagnati il premio Nobel per la medicina 2018 grazie “ad aver scoperto un principio completamente innovativo per le terapie anticancro”, si legge nella motivazione ufficiale, basato sull’immunoterapia. 



Professore, l’immunoterapia è già nota da tempo e già usata nella battaglia contro i tumori. Che cosa hanno scoperto di così innovativo Allison e Honjo?

Sì e no. E’ vero che l’immunologia dei tumori risale già agli anni 70. Allora c’era una teoria detta dell’immunosorveglianza che prevedeva che nel nostro corpo si formassero continuamente cellule tumorali, ma che il sistema immunologico riusciva a eliminare. Nei modelli che usavamo coi topi questo sistema funzionava benissimo, si riusciva per così dire a vaccinarli ed effettivamente risultavano resistenti al tumore.



Che cosa avete scoperto in seguito?

Uno dei punti fondamentali che aveva fatto sì che il modello topo fosse artificiale rispetto a quello dell’uomo è che noi usavamo ceppi geneticamente puri di topo, in sostanza ogni topo era simile all’altro.

Mentre ogni uomo è diverso, è così?

Esattamente. Coi topi questi esperimenti si potevano fare facilmente, vedevamo che il tumore non cresceva. Con l’uomo è completamente diverso e questo concetto rimase nel retroterra.

Che cosa è cambiato adesso?

Si sono trovate delle cellule di globuli bianchi le quali hanno una immunità che nasce proprio come risposta ai tumori. Questo Nobel non è stato dato come si legge in giro perché sono state trovate due proteine che accendono il sistema immunitario, è vero il contrario.



Cioè?

Rispetto alla possibilità del sistema immune di attaccare una cellula tumorale queste ultime esprimono due proteine che bloccano il sistema immunologico. Il tumore cioè evadeva l’immunosorveglianza ricoprendosi di queste sostanze. La grande scoperta di Allison e Tasuku è stata definire queste sostanze e produrre anticorpi monoclonali terapeutici che iniettati nel corpo del paziente neutralizzano queste proteine e il sistema immunitario comincia a partire e uccidere le cellule tumorali.

Risulta però che non tutti i pazienti reagiscono in questo modo con l’immunoterapia. E’ vero?

E’ vero, non sappiamo dire quale paziente reagisca e se ci sono effetti collaterali. In questi casi toccando il sistema immunoloigico potremmo produrre anticorpi che aggrediscono il sistema stesso, quindi fermiamo il tumore ma produciamo una malattia peggiore. 

Alla luce della nuova scoperta cambierà qualcosa?

Adesso stiamo capendo che la possibilità di rispondere è legata a un concetto di instabilità genetica della cellula tumorale: tanto più è instabile e tanto più produce gli antigeni che l’organismo vede come corpi estranei. Una delle finestre che si sta esplorando è come si generano questi antigeni quindi occorre capire se la immunoterapia vale la pena per un determinato paziente.

Possiamo dunque parlare di un’importante scoperta, ma non possiamo certo cantar vittoria nella lotta al tumore.

E’ così. Come prospettiva io vedo bene di utilizzarla in combinazione con altri approcci. Il cancro è elusivo, cambia pelle continuamente, una sola terapia non basta, magari la cura va associata alla chemio magari anche alla radio. Il premio Nobel è comunque molto meritato perché si tratta di una scoperta cruciale e in pochissimi anni ha avuto una ricaduta medica, che è il risultato che ci si aspetta sempre in questi casi. E loro ci sono riusciti.