Un paio di settimane fa è stato rilanciato, da alcuni organi di stampa, uno studio scientifico in base al quale risulterebbe che l’Etna stia collassando su se stesso, con il rischio, in caso di cedimento, di provocare uno tsunami. Il tono degli articoli era piuttosto allarmistico, ma è davvero questo il “destino” del vulcano? Lo abbiamo chiesto a Pier Paolo Comida, geologo e vulcanologo, attualmente studente di dottorato in Vulcanologia presso l’INRS di Québec, in Canada.



Secondo queste notizie, l’Etna starebbe cedendo sotto il suo stesso peso. Come è possibile questo fenomeno? Quali possono esserne le cause?

Prima di rispondere a questa domanda, è bene fare qualche precisazione. La notizia in questione, così come altre circolate sul web durante gli stessi giorni, rilancia in maniera veramente poco accurata il contenuto di una ricerca recentemente pubblicata sulla rivista scientifica “Science Advances” dal titolo “Gravitational collapse of Mount Etna’s southeastern flank” (“Il collasso gravitazionale del versante sud-est del Monte Etna”), condotta da ricercatori tedeschi della Geomar e colleghi italiani dell’Ingv Osservatorio Etneo. Già leggendo correttamente il titolo, ma soprattutto il suo contenuto, si nota subito una chiara divergenza di tipo concettuale tra il fenomeno descritto nella notizia (“L’Etna sta collassando su se stesso”) e quello riportato nell’articolo scientifico. Nel secondo caso, infatti, si parla di un fenomeno ben diverso, e in realtà piuttosto comune in stratovulcani di una certa stazza, quale il collasso di settore (o di versante).



In cosa consiste questo fenomeno?

In un cedimento strutturale parziale di una porzione del vulcano, e non dell’intero apparato, che per la sua complessità avviene con modalità e tempi anche molto diversi da caso a caso.

Nel caso dell’Etna?

Questo “collasso” è in realtà uno slittamento lento e continuo – in media di 2-3 centimetri all’anno per la componente orizzontale – del fianco sud-orientale del vulcano verso il mare, fenomeno questo peraltro già noto e studiato sin dagli anni Ottanta. Le cause di questo slittamento gravitativo sono certamente molto complesse e tuttora dibattute, ma possono essere ricollegate principalmente alla forza di gravità e al movimento di risalita del magma all’interno del sistema vulcanico. Nel primo caso, la porzione sud-orientale del vulcano si muoverebbe sotto il suo stesso peso per via della forza di gravità, condizionata dalla tettonica regionale (scontro tra la placca euroasiatica e quella africana). Nel secondo, sarebbe il movimento del magma all’interno del vulcano a destabilizzare il fianco orientale, inducendone uno slittamento a componente sia orizzontale che verticale. Aggiungendo un terzo caso, i due processi agirebbero sinergicamente nel produrre questo spostamento lento e continuo del fianco del vulcano. L’articolo scientifico in questione non fa altro che inserirsi in questo dibattito pluridecennale su quale, fra i tre casi, sia il processo principale in azione sull’Etna, fornendo per la prima volta informazioni provenienti dalla porzione sommersa del vulcano.



Ma l’Etna potrebbe davvero collassare su se stesso, anche all’improvviso senza alcun segnale premonitore? Oppure il cedimento potrebbe proseguire per lungo tempo?

La risposta semplice sarebbe no, poiché un collasso “totale” dell’Etna sarebbe incompatibile con la sua attuale struttura e dinamica eruttiva. Volendo, poi, ridimensionare questo fenomeno al solo versante orientale, tale scenario costituirebbe comunque un evento dalla portata estrema e quindi altamente improbabile. Così come riportato nell’articolo, il movimento verso est del fianco orientale dell’Etna è lento e continuo, esteso al versante sottomarino del vulcano.

Quali conseguenze potrebbe scatenare questo scenario? A parte un possibile tsunami, qualora l’Etna precipitasse a mare, cosa accadrebbe al vulcano?

Potrebbe scatenarsi un’eruzione più o meno violenta? Sicuramente un collasso catastrofico del fianco orientale del vulcano provocherebbe uno tsunami di notevoli dimensioni e una probabile riorganizzazione dei centri eruttivi, ma queste sono e devono essere considerate al momento solo come pure e semplici speculazioni teoriche. E per chi volesse ulteriori informazioni sullo stato attuale delle conoscenze, nonché a dettagli più approfonditi sul movimento del fianco orientale dell’Etna, può consultare il comunicato rilasciato recentemente dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, proprio in relazione al sensazionalismo ingiustificato innescato da alcune testate sul web.

(Marco Biscella)