La notizia della revoca di Roberto Battiston dal ruolo di presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) da parte del ministro Bussetti è stata accolta ieri dal mondo scientifico italiano ed internazionale con sconcerto e incredulità. Nessuno se l’aspettava. La presidenza di Battiston negli ultimi cinque anni ha aperto prospettive lungimiranti alla ricerca e all’industria spaziale italiana, dando ulteriore slancio a una delle aree in cui il nostro Paese, nonostante tutte le difficoltà, è rispettato e riconosciuto in tutto il mondo.

Ad ogni cambio di governo in Italia tipicamente si assiste a una sostituzione dei responsabili degli enti di ricerca motivato esclusivamente dagli equilibri di potere, a prescindere da qualunque considerazione nel merito e dalle effettive necessità di un avvicendamento. Altrove non funziona così. Questo è un forte handicap per la ricerca scientifica italiana, soprattutto in quei settori, come lo spazio, dove i progetti possono durare decenni e richiedono estrema competenza e continuità.

Quando nel passaggio tra il governo precedente e quello attuale fu data la notizia del rinnovo di Roberto Battiston alla presidenza dell’Asi, per un attimo era sembrato che forse stavolta sarebbe stato diverso, che qualcuno una volta tanto si fosse chiesto che cosa occorreva fare per il bene dell’Asi. Si poteva addirittura pensare che qualcuno del nuovo governo avesse accolto l’indicazione dei suoi predecessori, e insieme avessero convenuto che per la ricerca spaziale italiana era importante proseguire con quel mandato.

Naturalmente questa era una speranza ingenua. Come ingenuo è questo tipo di speranza in tutte le questioni (anche ben più importanti della ricerca spaziale) che riguardano l’esercizio della politica, dove la spartizione del potere sembra essere l’unico criterio efficace. Così, anche quel pezzettino di potere che è la guida dell’Asi doveva essere spartito e mangiato da chi presumeva di averne il diritto, a prescindere da tutto, come sempre. Anzi, con un intervento “a gamba tesa” senza precedenti, revocando il mandato a Battiston in modo tanto scomposto e unilaterale da spiazzare anche gli addetti ai lavori.

Ma che cosa è più ingenuo? Sperare che politici di diverso orientamento cerchino di collaborare per rispondere alle reali esigenze del Paese, oppure sperare che mantenendo la spartizione del potere come unico criterio la politica possa rendere un servizio alla società?