Venti orribili giorni a cavarsi da un occhio altrettanti vermi, lunghi anche un centimetro. E’ l’incubo a cui è stata sottoposta una donna americana di 28 anni, originaria dell’Oregon. La storia risale a due anni fa ma solo adesso è stata raccontata nei dettagli da riviste scientifiche e mediche.  Tutto era cominciato mentre lavorava su una barca per la pesca del salmone nel mare dell’Alaska: l’occhio sinistro era diventato rosso e gonfio e spesso aveva mal di testa. Quando è tornata a terra e ha potuto osservarsi da vicino in un vero specchio, ed ecco la scioccante scoperta. Dentro al suo occhio degli animaletti che si muovevano, ne ha tolto uno con il dito che è morto immediatamente, era un verme, un parassita. Recatasi in ospedale i medici non sapevano che fare, la paura era che trattare la ragazza con degli antiparassitari un verme morto avrebbe potuto rimanere nell’occhio provocando cicatrici che le avrebbero danneggiato la vista. L’unica cosa che le è rimasta da fare è stata toglierli lei uno a uno mano a mano che uscivano fuori.



Fortunatamente i medici le avevano assicurato che i parassiti sarebbero rimasti in superficie, non sarebbero entrati nel cervello o nel corpo. Così per venti lunghi giorni ne ha estratti ben 14. Poi basta, l’invasione dei parassiti è finita con l’ultimo vermiciattolo e da allora non ha avuto più problemi e la vista è rimasta buona. Ma resta da capire cosa sia successo, perché in precedenza si erano registrati altri dieci casi simili, ma differenti da questo. Il suo non era il solito parassita chiamato californiensis, della specie Thelazia che viene portato dalle mosche e infetta anche i cani. Quello che aveva infettato Abby non si era mai visto in un essere umano, la Thelazia gulosa che in Europa e in Asia colpisce il bestiame, se ne sono segnalati 163 casi in tutto il mondo. L’unica spiegazione possibile: Abby è cresciuta in un ranch dove c’è del bestiame e andava a cavallo spesso, ma lei non ricorda mosche che si siano avvicinate a lei quando andava a cavallo. Un verme del bestiame dunque che in qualche modo si è adattato a un essere umano: larve portate dalle mosche lasciate nella parte carnosa dell’occhio dove sopravvivono grazie alle lacrime ricche di proteine. 

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