Purtroppo legate all’Aids ci sono anche storie terribili di persone senza scrupoli che nella storia moderna hanno preso il nome squallido di untori. In Gran Bretagna è stato condannato all’ergastolo un parrucchiere positivo all’Hiv che andava in cerca di partner da infettare volontariamente. L’uomo utilizzava l’applicazione per incontri omosessuali Grindr e poi dopo aver convinto la preda ad avere rapporti non protetti confessava, tramite messaggio, di aver effettuato il contagio. I giudici non sono stati assolutamente clementi e gli hanno dato l’ergastolo considerandolo un elemento pericoloso per la società. La maggioranza degli incontri erano avvenuti a cavallo del 2015 e del 2016 a Brighton e sono numerose le vittime capitate nello spietato piano di Daryll Rowe un parrucchiere originario di Edimburgo. La sentenza del giudice Christine Hensen è di lesioni gravissime, la libertà vigilata potrà arrivare dopo dodici anni di reclusione. (agg. di Matteo Fantozzi)
LE CAMPAGNE DI SENSIBILIZZAZIONE
Gli ultimi dati rilevati dalle ricerche dell’Iss per quanto riguarda l’Aids, non hanno portato segnali incoraggianti. Complessivamente, infatti, dall’inizio dell’epidemia nel 1982, sono stati riscontrati circa 69 mila casi di Aids in Italia, con più di 40 mila morti. Nel 2016 ci sono stati quasi 800 nuovi casi di Aids nel nostro paese, di cui più della metà formati da persone che non erano nemmeno al corrente di essere positive al test dell’Hiv. Negli ultimi dieci anni, segnala l’Iss, la proporizione delle persone ignare con una nuova diagnosi sieropositiva è indubbiamente aumentata. “Le persone infette sono tante in Italia – spiega Gianni Rezza, epidemiologo dell’Iss – in questi ultimi anni si è parlato molto meno di Hiv e Aids e si sono fatte meno campagne di sensibilizzazione, che andrebbero invece potenziate”. (Aggiornamento Jacopo D’Antuono)
UN NUOVO METODO PER FERMARE IL VIRUS
I numeri emersi in base alla ricerca dell’Iss in termini di Aids in Italia sicuramente obbligano a fare delle riflessioni decisamente importanti. Tra questi quello dello studio di una nuova metodologia per cercare di fermare la trasmissione del virus Hiv. Gli scienziati dell’Università di Waterloo in Canada hanno sviluppato infatti un piccolo impianto vaginale che potrebbe proteggere in maniera davvero efficiente le donne dalla trasmissione di questo pericolosissimo virus, riducendo il numero di cellule immunitarie che vanno ad attaccarlo rendendosi però vulnerabili e pronte ad essere infettate. Una scoperta che di sicuro non risolverà totalmente il problema, ma che darà la possibilità di studiare una nuova concezione, cercando di mettere la parola fine a una situazione che ormai da tantissimi anni spaventa tutto il mondo. (agg. di Matteo Fantozzi)
DATI DAVVERO PREOCCUPANTI
Sono dati davvero preoccupanti quelli svelati dai ricercatori dell’Istituto superiore di sanità, l’Iss, circa l’Aids. In Italia, in base a quanto stimato dagli addetti ai lavori, vi sono ben 6.000 persone che sono affette da Hiv in fase avanzata, ma che non sanno di esserlo: la malattia non gli è quindi stata diagnosticata. Sarebbero svariati migliaia quindi gli italiani colpiti da questa infezione da diversi mesi, con conseguente abbassamento dei valori del sistema immunitario, che però non si sono ancora fatti visitare dal medico. Sono invece 15mila i casi di sieropositivi (non in stato avanzato), non ancora diagnosticati. L’82% sono maschi, e la maggior parte di essi ha contratto il virus per via sessuale, a seguito di rapporti non protetti o occasionali.
MEDIA ITALIANA SUPERIORE A QUELLA EUROPEA
Lo studio, drammatico, è stato pubblicato sulla rivista Eurosurveillance, e si riferisce al biennio che va dal 2012 al 2014, e non si sa se negli ultimi anni siano diminuiti oppure aumentati i casi di Aids non dichiarata. Secondo l’ultimo dato del 2016, in Italia vi sono 130.000 casi ufficiali di Hiv, «Di questi, 15mila non hanno ricevuto una diagnosi – le parole di Vincenza Regine, una dei ricercatori dell’Iss – nell’Unione europea, si stima che i casi non diagnosticati siano 101mila, di cui circa il 33% in fase avanzata». Dato sopra la media quello italiano, ma Regine precisa: «Va considerato che quello del nostro Paese si riferisce agli anni tra il 2012 e 2014 mentre quello europeo al 2016. E sappiamo che a livello europeo il numero dei casi non diagnosticati è in calo».