I trial che si effettuano in clinica per combattere il cancro si muovno lungo binari diversi, ma quali sono quelli da seguire per evitare ripercussioni che negli anni si stanno facendo sempre più gravi? Sicuramente è interessante andare a capire anche che differenza c’è tra fase I, II e III. La fase I rappresenta il primo passo di ricerca sull’essere umano del principio attivo. L’obiettivo è quello di fornire una valutazione iniziale della sicurezza del medicinale e soprattutto della tollerabilità nei vari casi. Nella fase II invece si entra più specificatamente nella comprensione dell’attività terapeutica di quel dato farmaco e soprattutto si cerca di capire come muoversi nei momenti successivi alla somministrazioner. Nella fase III infine si risponde a delle domande che poi rimangono aperte come quelle sull’efficacia del farmaco e sul beneficio rispetto ad altri che sono in commercio. Inoltre viene analizzato con minuziosa attenzione il fattore rischio rispetto ai benefici. (agg. di Matteo Fantozzi)



ECCO COSA È CAMBIATO IN DIECI ANNI

“Fino a dieci anni fa i trial di fase I erano l’unica opzione rimasta ai malati con un cancro in fase avanzata che non traeva più benefici dalle cure standard. Oggi le cose sono cambiata e questa opzione può essere valida anche per aver accesso a farmaci innovativi come quelli a bersaglio molecolare. Solo un partecipante su sei ha risposto che la partecipazione al trial era la sua ultima speranza. Il 78.4% ha invece sottolineato di voler combattere il tumore il più possibile“. Queste parole del Dottor Benjamin Verret apparse sull’edizione online del Corriere della Sera ci fanno capire quale sia stato il passo in avanti nella lotta al tumore e come sia cambiata anche l’opinione dei pazienti che prima si sentivano delle cavie e che ora invece accedendo ai trial hanno la possibilità di voltare pagina e riuscire a raccogliere risultati migliori. Soprattutto perché riuscire ancora in una fase non avanzata della malattia ad accedere a farmaci sperimentali potrebbe essere in alcuni casi una soluzione davvero molto importante.



UN CAMBIAMENTO DI OTTICA

In passato partecipare a delle sperimentazioni dal punto di vista medico sembrava come gettarsi in pasto da cavie, ora le cose però sono decisamente cambiate. Infatti i pazienti sembrano più disponibili a partecipare ai trial clinici, nella speranza di poter risolvere i loro problemi e di trovare la cura che gli permetta di ritrovare il sorriso. È così che questa predisposizione dei pazienti permette alla ricerca di fare dei passi in avanti decisamente importanti anche se ovviamente non c’è assolutamente intenzione di utilizzare le persone come delle cavie, ma solo di riuscire a curarle nel miglior modo possibile. Una studio francese ha fatto emergere questo cambio di passo come pubblicato su Annals of Oncology, presentato a Parigi all’interno del TAT Targeted Anticancer Therapies International Congress. Lo studio è stato condotto dal Dottore Benjamin Verrett all’Institut Gustave Roussy di Villejuif su ottanta pazienti oncologici che hanno effettuato un trial di fase I tra il dicembre del 2015 e il settembre del 2017.

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