Lo studio pubblicato dai ricercatori dell’Università di Napoli Federico II su Science of the total environment raccoglie dettagli davvero molto importanti in merito all’inquinamento delle acque. Come riportato da Wired la biologa e autrice dello studio Anna Capaldo ha sottolineato: “Molti studi hanno mostrato una elevata concentrazione di droghe e dei loro metaboliti nelle acque dei fiumi di tutto il mondo e soprattutto in quelle vicino alle grandi metropoli”. Alla base dello studio sono state inserite una serie di anguille in acque con bassa concentrazione di cocaina per cinquanta giorni di fila. Dalle analisi successive è emerso come le anguille sembravano avere comportamento iperattivo, ma mostravano lo stesso stato di salute di altre anguille non immerse in quelle acque.



LO STUDIO CHE ARRIVA DALL’UNIVERSITÀ DI NAPOLI FEDERICO II

Uno studio che arriva dall’Università di Napoli Federico II ci aggiorna sulla presenza di droghe nelle acque dei fiumi italiani e che rischia di danneggiare l’ecosistema acquatico. E’ così che i pesci possono rischiare quello che definiamo ironicamente uno ”sballo”. Lo studio in questione si è soffermato soprattutto su quelli che sono gli effetti della cocaina sulle anguille. Come arrivano queste sostanze stupefacenti ai tanti animali che fanno parte dell’ecosistema? I residui pare infatti possano raggiungere proprio la falda acquifera con le anguille che sarebbero così incapaci di riprodursi. Questo particolare pesce ha uno stile riproduttivo del tutto particolare. Infatti passa circa un ventennio in acque dolci o salmastri per poi attraversare l’Oceano Atlantico andando a deporre le sue uova nel Mar dei Sargassi. Una situazione molto delicata che andrebbe analizzata con grande attenzione.

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