In questa splendida settimana, Rimini si fa stazione di lancio per un viaggio alla ricerca di pianeti lontani e della vita extraterreste. Al Meeting per l’amicizia tra i popoli, nello Spazio Exoplanets, curato da Euresis e Camplus, saremo accompagnati nello spazio più profondo tramite exhibits, presentazioni e incontri con i protagonisti della ricerca Astrofisica, che, giorno dopo giorno, lavorano per trovare una risposta alle annose domande: “Cosa c’è fuori dalla nostra galassia?”, “Esistono altri pianeti?”, “Siamo soli nell’universo?”.



Siamo investiti da una pioggia di stelle, attraverso la nostra galassia e oltre. Stefano Facchini, ricercatore presso il Max Planck Insitut für Extraterrestrische Physik, fa egregiamente da apripista con la prima presentazione, rendendo chiara e semplice la spiegazione di argomenti spesso di difficile comprensione. Facchini non solo ha esposto la questione dal punto di vita scientifico, ma ha anche dato ampio spazio all’aspetto umano del problema. Dal 1846 al 1995, il numero di pianeti conosciuti è rimasto invariato: otto. Una scoperta casuale cambia tutto: viene osservato Bellerofonte, un pianeta diverso dagli altri. Bellerofonte è il primo esopianeta: non orbita intorno al Sole, ma a un’altra stella, 51 Pegasi, lontana 47,9 anni luce da noi (il sole dista 8 minuti luce dalla Terra). 



A oggi, dopo poco più di vent’anni di ricerche, sono stati osservati più di 3000 esopianeti e gli astrofisici, ormai, credono verosimile che per ogni stella ci sia – almeno –  un pianeta. Tenendo conto che in una galassia ci sono centinaia di miliardi di stelle e che nell’universo conosciuto sono stati osservati circa 400 miliardi di galassie, ci si aspetta che il numero totale di pianeti nel cosmo ammonti a una cifra con 22 zeri. Straordinaria è anche la varietà di caratteristiche che questi mondi esotici presentano. Facchini esemplifica questo concetto narrando di pianeti grandi come Giove e con temperature di 2000°C, su cui piove titanio, oppure di altri con il nucleo di diamante e, infine, di sistemi planetari più piccoli dell’orbita di Mercurio.



Tra tutti questi pianeti, così differenti tra loro, ce ne sarà qualcuno simile alla nostra Terra? Qualcuno di essi è adatto allo sviluppo della vita? E, in tal caso, che tipo di vita? Qualcuno, forse. Si stima che una stella su mille possa ospitare un sistema planetario simile al nostro. La statistica sembra scoraggiante, ma bisogna tener presente che questa frazione va moltiplicata per l’enorme numero di stelle esistenti. 

Per rispondere a queste domande, gli scienziati si stanno focalizzando in primo luogo sulla comprensione di come è nata la vita sull’unico pianeta abitato che conosciamo, la Terra. È conclamato che l’esistenza di ogni essere vivente si basa sulla presenza di alcune molecole fondamentali (proteine, amminoacidi, basi azotate). Una delle più importanti acquisizioni scientifiche degli ultimi tempi è stata proprio l’osservazione della presenza di tali molecole sulle comete e in regioni di formazione planetaria, come la celeberrima nebulosa di Orione.

Proprio qui subentra, inevitabilmente, la virata spirituale del discorso. Paradossalmente “fin dall’inizio, in questo universo è inscritta la possibilità che ovunque si possano formare i primi mattoni della vita”, eppure solo una stella su mille genera un sistema in cui tale possibilità si concretizza. A conti fatti, “l’Universo è fatto in modo tale che, almeno in questo punto, sulla Terra, la vita sia potuta sorgere”. Ma quanto è speciale quel punto chiamato Terra? Nel corso dei secoli, la scienza ha portato a un declassamento della posizione del nostro pianeta: siamo passati da essere il centro dell’universo a essere un sassolino che ruota attorno a una stella che è simile tante altre stelle e che, a sua volta, orbita intorno a una comune galassia, che fa parte di un ammasso di tante altre galassie, il quale non è che un sottoinsieme di un super-ammasso di galassie. 

Di fronte a queste scoperte, l’idea dell’unicità della Terra torna in auge: questo pianeta risulta essere l’unica promessa compiuta di quell’onnipresente germe cosmico di vita, tanto eccezionale da essere “l’unico punto in cui l’universo prende coscienza di sé”. Nonostante non siamo nient’altro che un misero granello all’interno dell’enorme macchina cosmica, qui racchiudiamo il cuore e la coscienza del tutto. Solo sulla Terra, la vita, l’uomo, progredendo, da moderno argonauta, armato della sua curiosità, intraprende un futuristico viaggio alla ricerca delle sue origini e, quindi, di se stesso e del suo destino.

“Tutti i corpi, il firmamento, le stelle, la Terra e i suoi regni, non valgono uno spirito per quanto infimo, perché questo conosce tutto ciò, e se stesso; e i corpi, nulla.” – Blaise Pascal, Pensieri.

(Meriem Behiri e Alessandro Menghini)

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