Più di 40 scienziati si sono dimessi in massa dal comitato editoriale di una delle case editrici scientifiche più note, Elvisier. L’intero consiglio accademico della rivista, compresi i professori dell’Università di Oxford, del King’s College di Londra e dell’Università di Cardiff, si è dimesso dopo che Elsevier si è rifiutato di ridurre le spese di pubblicazione. Gli esperti si sono schierati contro gli enormi margini di profitto dell’editoria accademica, che superano quelli realizzati da Apple, Google e Amazon.
Sono tante le riviste scientifiche consultabili tramite un abbonamento. Secondo gli ex redattori, questo è “non etico”. Il professor Chris Chambers, capo della stimolazione cerebrale presso l’Università di Cardiff e uno dei membri del team dimissionario, ha dichiarato: “Elsevier depreda la comunità accademica, rivendicando enormi profitti mentre aggiunge poco valore alla scienza”. Il luminare ha così esortato i colleghi scienziati a salutare la casa editrice Elsevier e a inviare documenti a una rivista ad accesso aperto senza scopo di lucro.
Gli scienziati contro Elsevier: “Interessati solo ai soldi”
All’Observer, il professor Chris Chambers dell’Università di Cardiff, spiega: “Tutto ciò che interessa a Elsevier sono i soldi. Sono diventati troppo avidi. La comunità accademica può revocare il consenso allo sfruttamento in qualsiasi momento. Quel momento è adesso”. Elsevier, una società olandese che afferma di pubblicare il 25% degli articoli scientifici mondiali. Le entrate sono aumentate del 10% rispetto alle 2,9 miliardi di sterline dell’anno scorso. I margini di profitto sono vicini al 40%, secondo i conti del 2019. I grandi editori scientifici hanno bassissimi costi perché gli accademici scrivono le loro ricerche finanziati da enti di beneficenza e dalle casse pubbliche, senza ricevere compensi dalle case editrici scientifiche.
Il lavoro viene sottoposto poi alla “revisione tra pari” che decide se valga la pena pubblicarlo gratuitamente o tramite un pagamento degli stessi scienziati. Gli accademici, dunque, spesso pagano migliaia di sterline per pubblicare il loro lavoro su riviste ad accesso aperto, oppure le università pagano canoni di abbonamento molto elevati. Stephen Smith, professore di ingegneria biomedica all’Università di Oxford ed ex redattore capo di Neuroimage, ha dichiarato: “Agli accademici non piace davvero come stanno le cose, ma le persone si sentono impotenti nel convincere i grandi editori a iniziare a comportarsi in modo più etico”.