Abbiamo visto nel numero scorso di questa rivista come, durante l’emergenza da coronavirus, alcuni docenti della scuola primaria hanno raccolto una sfida: «fare scienza» a distanza. Abbiamo presentato esempi che testimoniano come, anche da lontano, è possibile guidare gli alunni alla scoperta del mondo. Nella stessa scia si pone questo contributo, in cui l’autrice, già nota ai lettori per la creatività e la lunga esperienza di ricerca didattica, riflette sul significato innovativo che può avere la didattica digitale a distanza e documenta i passi di un percorso di botanica svolto in due classi seconde del liceo scientifico. Mostrando anche che insegnare on line ai ragazzi della scuola superiore chiede al docente un grande rigore nello scandire i passi del lavoro proposto, nello scegliere le fonti, nel correggere e commentare le relazioni degli studenti.



Negli ultimi tempi, a differenti livelli scolastici e accademici, la situazione di emergenza epidemiologica ha dettato la necessità di avviare percorsi didattici di «insegnamento – apprendimento a distanza». Docenti di tutte le discipline, in contesti scolastici molto differenti, hanno dovuto organizzarsi in tempi rapidi e utilizzando tecnologie informatiche per mantenere il rapporto educativo e formativo con i propri studenti.



In questo contributo, partendo dalla mia esperienza, rifletto sul significato della didattica a distanza e sulle opportunità che questa modalità di insegnamento può offrire per lavorare in modo innovativo, creativo, flessibile, inclusivo per educare e ottenere successi di apprendimento, mantenendo viva la relazionalità con gli studenti.

In termini esemplificativi propongo i passi fondamentali di una attività didattica sulla botanica, svolta in una classe seconda scientifico, una delle numerose attività ideate e realizzate nella mia didattica digitale delle scienze a distanza, nella seconda parte del 2020.



Didattica a distanza delle Bioscienze con il metodo della ricerca

Sul significato di insegnare a distanza mi sono trovata a riflettere, da docente di biologia e chimica, ripensando metodi e strategie comunicative. Siamo tutti consapevoli che la scuola italiana necessita da tempo di un processo di profonda innovazione delle metodologie didattiche che individuano un ruolo differente del docente, attore dei processi di trasformazione, promotore di saperi che integrano soft skills e cognitive skills, oltre ad azioni di didattica «trasmissiva»1. In condizioni di emergenza molte incertezze operative hanno ovviamente colto di sorpresa quei docenti che per anni hanno realizzato solo una didattica tradizionale, attivando in modo parziale strategie innovative.

Percependo riflessioni, decisioni scolastiche, conoscendo azioni attivate, ho avuto l’impressione che la didattica a distanza sia stata spesso interpretata e attuata come una successione di rigide lezioni «frontali», a volte definite «videoconferenze con trasmissione dei saperi», differenti delle lezioni in presenza per la separazione dello schermo di un computer. Ore e ore di lezioni nelle quali il docente espone contenuti che gli studenti seguono in modo passivo o quasi e a cui segue studio e svolgimento di esercizi sui libri di testo. Una modalità di DaD digitale che è stata spesso intesa come successione di fasi di procedure informatiche.

Nella mia esperienza professionale, strutturando le lezioni in presenza, mi sono sempre interrogata su come motivare, coinvolgere e interessare gli studenti con modalità di insegnamento diverse, soprattutto con il metodo della ricerca operativa in classe dove studente e docente formano una comunità scolastica con ruoli di ricercatori e cultori appassionati.

Mi sono inoltre interrogata come valutare in modo trasparente ed efficace lavori realizzati anche con strategie di coworking a distanza in classi del biennio e triennio del liceo scientifico. Ho scelto di definire i descrittori valutativi prima di ogni attività proposta in piattaforma digitale: la capacità di stabilire logici collegamenti concettuali e interconnessioni culturali, la capacità di comunicare usando correttamente il linguaggio scientifico e infine la capacità di analizzare fonti scientifiche ed esprimere opinioni motivate.

Una scelta ben oltre la modalità diffusa e spesso prevalente che è stata la valutazione attraverso test – questionari di vario formato ma difficilmente motori di ragionamento.

 

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Marina Minoli

(Biologa dell’Ordine Nazionale, docente-ricercatrice ed esperta internazionale di didattica della scienza, innovazione metodologica e comunicazione delle scienze)

 

 

© Rivista Emmeciquadro

 

 

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