Un percorso che parte dalle acquisizioni sperimentali e teoriche degli antichi greci, con l’introduzione dei modelli geocentrici, fino alla rivoluzione copernicana.
Dopo le ipotesi di Copernico si esamina il contributo sperimentale di Galileo, quello teorico di Keplero e infine l’introduzione della forza gravitazionale da parte di Newton.
Si accenna al processo a Galileo e alla sua revisione in tempi moderni da parte di San Giovanni Paolo II.
Lo scopo dell’articolo è quello di recuperare una dimensione storica nello studio dei modelli del Sistema Solare, spesso trascurata dai libri di testo.



Nei libri di testo spesso la forza gravitazionale è introdotta, preceduta dalle leggi di Keplero, senza che si scorga la complessità della rivoluzione copernicana, senza cioè vederne le implicazioni scientifiche e culturali che hanno comportato la dissoluzione della cosmologia antica e medievale.

Sembra perciò utile un percorso che rivisita l’evoluzione storica della concezione dell’Universo, dalle origini fino alla completa affermazione del modello eliocentrico. Questa non è una conclusione, perché il modello eliocentrico non appare inserito in una cosmologia compiuta come quella medievale: occorrerà tutto il percorso del XX secolo, fino al modello del big-bang, per arrivare a una nuova cosmologia.



Il percorso suggerito può costituire un quadro di riferimento per l’insegnante, che usando il libro di testo potrà sviluppare i contenuti dimostrativi specifici che riterrà opportuno e che qui non riportiamo, se non per sommi capi.

Le prime testimonianze della concezione del cosmo agli albori della storia parlano di una Terra piatta, racchiusa in una specie di conchiglia, al di fuori della quale c’è l’acqua. Questa visione che parte dalla civiltà assiro-babilonese, la ritroviamo nel Genesi, dove si parla delle «acque superiori», quelle sopra il «guscio», dalle cui aperture scaturisce la pioggia.



È vero però che nello stesso tempo venivano fatte accurate osservazioni dei moti apparenti dei corpi celesti, fino anche alla previsione delle eclissi, senza però alcun modello.

Nella civiltà greca compaiono importanti novità. Già al tempo dei Pitagorici nasce l’ipotesi che la Terra sia una sfera, inoltre le osservazioni del cosmo e dei movimenti apparenti dei corpi celesti diventano più precise, anche se eseguite a occhio nudo (il cannocchiale è un’invenzione moderna).

Cosa si osserva a occhio nudo

Tutti i corpi celesti (stelle, Sole, Luna, pianeti) compiono un moto di rotazione diurna intorno alla Terra da est verso ovest.

Mentre però le stelle sembrano mantenere inalterate le posizioni reciproche, gli altri corpi appaiono compiere movimenti più complessi.

Innanzitutto si osserva, rispetto alle stelle, uno spostamento verso est nel moto diurno: per esempio, rispetto a una certa stella, il Sole «ritarda» di circa 4 minuti al giorno. Il Sole ricomparirà nella stessa posizione dopo circa 365 giorni (basta vedere quante volte 4 minuti stanno in 24 ore). Lo stesso si può dire della Luna; poiché il suo «ritardo» è molto maggiore (quasi un’ora), il tempo in cui la Luna ricompare nella stessa posizione è molto minore, circa 28 giorni. Anche i pianeti si spostano verso est, e hanno quindi un moto di rivoluzione, di cui si può calcolare il periodo; la loro classificazione avvenne considerando più lontani quelli che avevano un minore spostamento verso est; questa classificazione, accettata anche nel Medioevo (si ricordi il Paradiso di Dante) vale ancora oggi, pur di scambiare il Sole con la Terra. Ma, attenzione! Alcuni pianeti ogni tanto tornano indietro! Cioè si spostano verso ovest per un certo tempo (moto retrogrado), e poi tornano a spostarsi verso est.

Sono un po’ bizzarri! Il nome pianeta infatti, deriva da un termine del greco antico, che significa «errante».

I modelli geocentrici

Già nell’antichità greca sorsero dei modelli per spiegare i moti dei corpi celesti, in particolare dei pianeti. Tali modelli erano di tipo geocentrico, cioè prevedevano la Terra immobile al centro dell’Universo. Inoltre, poiché il cielo è il luogo dell’immutabilità e della perfezione, contrapposto all’imperfezione della Terra, i movimenti dei corpi celesti dovevano avere un’importante simmetria, cioè essere moti circolari uniformi, secondo quanto affermato da Platone (428 a.C. – 348 a.C.), nel Timeo.

C’è una sola eccezione, che si sappia, quella di Aristarco (310 a.C. – 230 a.C.), che suppone il Sole al centro (il Sole al centro era anche un’ipotesi di alcuni Pitagorici, per esempio di Filolao (470 a.C. – 390 a.C.)). Il modello di Aristarco è un antenato del modello copernicano, ma non fu accettato, perché con le misure del tempo non si rilevava alcuna prova del movimento della Terra; infatti non si vedeva alcuna parallasse stellare (si veda più avanti di che cosa si tratta), e quindi ciò significava che o la Terra era ferma, oppure le stelle erano migliaia di volte più lontane del Sole dalla Terra; in questo secondo caso l’angolo di parallasse era così piccolo da non poter essere misurato con i mezzi di quel tempo. Questo enorme ampliamento delle dimensioni dell’Universo sembrava assurdo, per cui il modello di Aristarco non ebbe successo.

I due modelli geocentrici che ci sono pervenuti sono quelli di Eudosso (408 a.C. – 355 a.C.) e di Tolomeo (100 – 170).


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Lorenzo Mazzoni
 (già docente di Matematica e Fisica al Liceo Scientifico, membro della redazione della rivista Emmeciquadro)

 

© Pubblicato sul n° 84 di Emmeciquadro

 

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