Abbiamo bisogno di esempi ricchi e significativi come quello che proponiamo, per confermarci nella fiducia da riporre da una parte, nell’intelligenza dei nostri alunni, dall’altra, nel fascino innegabile del conoscere la realtà nella sua struttura e consistenza, a cui essi saranno sempre sensibili.
Questo è ciò che consente una didattica attiva, e davvero orientativa, un apprendimento significativo e stabile. Comunichiamo con semplicità esperienze positive come questa, di tanti insegnanti in questa direzione.



 

In tutto il primo ciclo non ci stanchiamo di richiamare il grande valore dell’insegnare la Geometria, perché essa, come afferma Ana Maria Millán Gasca, «ha come oggetto l’esplorazione di concetti astratti che hanno la loro radice nell’esperienza, nella percezione della forma e dell’estensione, nel movimento e nel rapporto attivo con i solidi, con la misura e con la posizione che è caratteristico dell’operare umano nel mondo. L’esperienza primordiale del continuo geometrico è, insieme al contare, al centro del rapporto tra la mente umana e la realtà». Rifacendoci ancora alle sue parole «sviluppare l’intuizione del continuo nel bambino consiste nel portarlo dall’osservazione e dalla percezione (le rappresentazioni tattili, visive, motorie) alla considerazione degli oggetti della geometria euclidea. Tale compito può iniziare prima della scrittura, sotto forma di gioco accompagnato da parole: termini per indicare oggetti astratti (punto, retta, angolo, sfera, cubo, cerchio, triangolo, quadrilatero) e domande o piccoli problemi».



La geometria, infatti, nasce e si sviluppa nell’esperienza, in particolare nell’azione del vedere: è qui che l’esperienza matematica si rivela un modo di vedere che appartiene all’umano, in particolare un modo di vedere facendo, il formarsi della visione di chi è attivo col reale.

Questo aspetto è fondamentale per i ragazzi della scuola Secondaria di primo grado, se nell’educare insegnando desideriamo che ogni alunno faccia esperienza in prima persona di un rapporto ragionevole e significativo per sé con la realtà tutta, in cui il vedere diventi capacità creativa di rivelare le strutture invisibili che celano l’essenza delle cose, e si sviluppi l’astrazione, come una meravigliosa capacità dell’essere umano che permette di incontrare e conoscere la realtà.



La geometria, nel suo inscindibile legame con la realtà fisica, deve fondarsi sull’esperienza. Per questo è ambito privilegiato per occasioni ricche e significative di attività di laboratorio.

Ricordiamo che un laboratorio didattico è un momento di profonda unità di gesto e di pensiero, in cui le azioni che si propongono e si compiono non sono solo azioni di manipolazione concreta di materiale, ma sono caratterizzate dalla ricerca di consapevolezza della loro origine e del loro scopo, cioè sono rese razionali e significative non dall’oggetto ma dal soggetto. In sintesi, si fa un laboratorio quando l’esperienza è davvero un fare giudicato.

Le attività proposte si rivelano dunque generative non solo di addestramento e apprendimento ripetitivo, bensì di immaginazione, creatività e progettazione consapevole, come documentano le immagini.

 

Incontrare le forme solide

Siamo nella classe terza: i ragazzi si sono già inoltrati nel mondo della geometria, in particolare di quella del piano. Si alza lo sguardo, perché si passa nello spazio, prendendo in esame gli oggetti geometrici tridimensionali. Se non si è impostato l’insegnamento della geometria limitandosi a un repertorio di formule e applicazioni, questo è un anno privilegiato perché essa si dimostri uno straordinario mondo di nuove conoscenze e, soprattutto, di nuove scoperte.

 

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Anna M. Marazzini
(gia docente di matematica nella Scuola Secondaria di primo grado)

 

© Rivista Emmeciquadro

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