Un caro saluto ai miei piccoli lettori. Questa volta vorrei aiutarvi a scoprire cosa succede durante un urto, quando cioè un oggetto in movimento va a sbattere contro un altro oggetto. Si tratta, tutto sommato, di un evento abbastanza comune, che ci capita di osservare in diverse occasioni, ma che in realtà può verificarsi in due diversi modi. Non tutti gli urti, infatti, sono uguali! L’urto fra due palle da bigliardo o quello fra due automobiline dell’autoscontro è ben diverso dal tamponamento fra due auto. La differenza più evidente, quella che salta subito all’occhio, è che nel primo caso gli oggetti che si urtano (le palle da bigliardo o le automobiline dell’autoscontro) non subiscono alcun danno permanente a causa dell’urto e, dopo l’impatto, tornano ad essere esattamente come prima; nel secondo caso, invece, per ritornare a come erano prima dell’urto le auto coinvolte nell’incidente devono ricorrere ai servizi (piuttosto costosi) di un buon carrozziere!



Dal punto di vista della fisica – che, com’è noto, non si occupa di riparatori d’auto! – la principale differenza fra le due tipologie d’urto sta nel bilancio energetico. Nel primo caso – quello che i fisici definiscono “urto elastico” – l’energia in gioco non viene dissipata ma si conserva (rimane cioè sempre la stessa prima e dopo l’urto), mentre nel secondo caso – che per contrasto è chiamato “urto anelastico” – questo non succede. Per completezza occorre anche aggiungere che in entrambi i casi si conserva un’altra grandezza fisica chiamata “quantità di moto”; si tratta del prodotto della massa per la velocità di un oggetto in movimento, ma di questo parleremo un’altra volta.



Torniamo, allora, alle questioni energetiche e analizziamo cosa succede quando un oggetto in movimento ne urta uno fermo. Innanzi tutto dobbiamo notare che in questo caso l’energia disponibile prima dello scontro coincide con quella dell’oggetto in movimento (che, lo ricordiamo, possiede energia cinetica proprio perché si muove); l’oggetto investito, al contrario, essendo fermo non possiede alcuna forma di energia. Questo significa che nel caso di urto elastico, dove non si ha dissipazione di energia, dopo l’urto la somma delle energie – quella rimasta a chi investe e quella acquistata da chi è investito – deve necessariamente coincidere con quella che aveva l’oggetto in movimento (cioè quello che investe) prima dell’urto.



Ben diverso è il caso di urto anelastico. Nell’urto fra le due auto dell’esempio iniziale, infatti, l’energia cinetica posseduta dall’auto in movimento viene in buona parte spesa per deformare le carrozzerie di entrambe le auto (si è cioè trasformata in un lavoro di deformazione) e quindi non può essere completamente trasferita all’altra auto (a tutto vantaggio dei suoi passeggieri, che così subiscono meno danni!). In questo secondo caso, pertanto, la somma delle energie possedute dalle due auto dopo lo scontro è sicuramente inferiore a quella iniziale (e quindi, come anticipato, non si è conservata).

 

L’esempio del bigliardo

Soffermiamoci ancora un po’ sugli urti elastici e analizziamo, come esempio tipico di questi urti, cosa succede quando, giocando a bigliardo, con la nostra boccia ne colpiamo un’altra identica ma ferma. Iniziamo con il caso più semplice: quello di urto centrale, quando cioè la nostra boccia è diretta esattamente al centro dell’altra (vedi figura).

In questo caso si osserva una cosa abbastanza sorprendente: al momento dell’impatto, infatti, la palla in movimento si arresta mentre quella colpita inizia a muoversi in avanti mantenendo la stessa traiettoria. Questo risultato è una diretta conseguenza della conservazione dell’energia (non dimentichiamo che siamo su un piano orizzontale e con attriti trascurabili). Essendo le due bocce identiche, l’energia cinetica posseduta da quella in movimento viene completamente ceduta a quella ferma, che di conseguenza si metterà in moto alla sua stessa velocità. La palla investitrice, ormai priva di energia, invece, arresta prontamente la propria corsa. Insomma, potremmo paragonare l’urto fra le due bocce – e, più in generale l’urto elastico fra due corpi – ad una sorta di staffetta dove, anziché consegnare il testimone, il corridore che termina il proprio percorso cede (al posto del testimone) la propria energia all’atleta che deve compiere il tratto successivo.

Ma cosa è successo esattamente durante l’urto? Se avessimo osservato al rallentatore la scena, avremmo notato che, nonostante le due bocce siano molto rigide, al momento dell’impatto si deformano (anche se molto poco) comprimendosi nel punto di contatto. Questa compressione genera delle forze interne di richiamo, proprio come succede quando schiacciamo una molla (detto in altri termini, le due bocce si comportano alla stregua di molle molto rigide). Pertanto, come fanno tutte le molle di questo mondo, quando la compressione – e quindi la deformazione – raggiunge il suo valore massimo, le forze interne incominciano a spingere le superfici deformate delle due bocce in direzioni opposte fino a far loro ripristinare l’originale forma sferica. Quando ciò avviene, la palla in movimento si arresta e la sua energia è totalmente trasferita a quella inizialmente ferma che, come anticipato, inizierà a muoversi nella stessa direzione e con la stessa velocità.

Questo comportamento vale ovviamente solo nel caso di urto centrale, in tutti gli altri casi – quando cioè le due bocce non sono allineate lungo la stessa direzione – la boccia in movimento non riesce a cedere tutta la sua energia a quella ferma con l’inevitabile conseguenza di proseguire anch’essa la propria corsa anche dopo l’urto. Quando ciò accade, pertanto, dopo lo scontro entrambe le sfere saranno in movimento. 

Ma, attenzione! Le direzioni che esse prenderanno non sono affatto casuali. Infatti, se si fanno bene i conti, si scopre che l’unica condizione affinché l’energia (e anche la quantità di moto) si conservino, è che l’angolo formato dalle loro traiettorie dopo l’urto sia esattamente di 90 gradi (vedi figura). In sostanza, se l’urto non è centrale, le due bocce si allontanano dal punto di impatto sempre lungo direzioni fra loro perpendicolari.

 

Un semplice esperimento

Vi propongo ora un semplice esperimento per verificare quanto è stato detto a proposito degli urti elastici. Vi servono solo 5 monete da un euro (vanno bene anche quelle da 50 centesimi o due euro) e un righello.

Primo passo

Disponete su un tavolo le cinque monete in linea retta e a contatto fra di loro.

Secondo passo

Tenete ferma la prima moneta premendola contro il tavolo con un dito e datele un colpo secco con il righello sul fianco libero. Cosa succede?

 

Spiegazione

Come potete notare, dopo l’urto le prime quattro monete rimangono ferme mentre l’ultima della fila compie un balzo in avanti. La spiegazione sta nel fatto che si tratta di un urto elastico e quindi l’energia ceduta dal righello alla prima moneta si conserva e viene trasmessa (per deformazione elastica) in sequenza da una moneta all’altra fino a raggiungere quella in fondo alla fila. Quest’ultima, non potendo trasferire la propria energia ad alcuna altra moneta, si mette in movimento. Essa, pertanto, proseguirà la propria corsa fino a quando l’energia acquistata sarà completamente dissipata per attrito sul tavolo.

 

P.S.

Tempo fa mi è capitato di vedere un oggetto commerciale basato su questo stesso principio. Si tratta di un gadget – a metà strada fra un giochino per bambini e un soprammobile – formato da una sequenza di pendoli (palline d’acciaio appese ad un filo) tutti uguali e affiancati. L’aspetto che accomuna questo oggetto al nostro esperimento sta nel fatto che gli urti fra i pendoli sono elastici (e centrali), pertanto, lasciando cadere il primo pendolo si metterà in moto l’ultimo della fila (che compirà un’identica oscillazione), mentre tutti i pendoli intermedi rimarranno fermi (come succede per le monete dell’esperimento).

Quando poi quest’ultimo pendolo, ricadendo, urterà quello che lo precede, le cose si ripeteranno allo stesso modo ma in direzione opposta, e questa volta ad oscillare sarà nuovamente il primo pendolo della fila. Nel tempo, pertanto vedremo oscillare alternativamente il primo e l’ultimo pendolo della fila mentre quelli intermedi rimarranno fermi. Poiché gli attriti in gioco sono molto piccoli – e quindi l’energia dissipata è minima – una volta messo in movimento, il sistema di pendoli ripeterà questo comportamento ancora per parecchio tempo (riducendo, tuttavia,  progressivamente l’ampiezza delle oscillazioni).


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Sergio Musazzi
(Ricercatore e divulgatore scientifico)

 

© Pubblicato sul n° 85 di Emmeciquadro

 

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