Ricomincia il ciclo della primaria una maestra appassionata che da anni «fa scienza» mentre guida i bambini a scoprire il mondo della natura.Ha un criterio didattico ben chiaro: sviluppare ogni argomento in termini essenziali e adeguati alla capacità di comprensione dei bambini. Usa una strategia saggia: in un percorso verticale il principio della ricorsività permette di tornare più volte su uno stesso argomento, ampliando e approfondendo le conoscenze acquisite. Infine, una scelta tematica controcorrente: cominciare a studiare il corpo umano, anche in termini scientifici, già all’inizio del percorso di studi.Tutti questi fattori entrano nel racconto che pubblichiamo: non un semplice elenco di attività svolte, ma una ricca documentazione di avvenimenti con implicazioni culturali e didattiche importanti, schematizzate nei riquadri-azzurri che riportano le diapositive presentate ai genitori.Una proposta per tutti.



Nella classe prima normalmente si affrontano i cinque sensi, strumenti fondamentali per la scoperta del mondo che ci circonda e alla base della conoscenza in generale, ma soprattutto di quella scientifica.

In questo anno scolastico mi sono imbattuta in un gruppo classe piuttosto curioso e pronto anche a scoprire aspetti particolari della realtà. Così ho scelto di presentare uno dei cinque sensi, l’udito, legandolo alla musica e dando molta importanza alla denominazione delle diverse parti dell’orecchio. Ho creduto fortemente nell’importanza di dare il giusto nome alle diverse parti e di chiedere ai bambini il perché di certi aspetti.



Questa scelta è stata dettata anche dal desiderio di iniziare ad analizzare il corpo umano già dalla prima, in un aspetto di verticalità e di ricorsività. Ora i bambini hanno visto l’orecchio e l’udito secondo una visione di tipo macroscopico e descrittivo; in quinta questo verrà nuovamente affrontato, ma osservando ciò che accade all’interno, sfruttando una maggiore capacità di astrazione dei bambini.

Il metodo dell’esperienza: il primo passo

Lo studio è iniziato da una esperienza sonora.

I bambini sono stati divisi in due gruppi ed è stato chiesto loro di creare delle condizioni necessarie all’ascolto: mettersi in assoluto silenzio e raccogliere il maggior numero possibile di suoni e rumori all’interno dell’edifico scolastico. I due gruppi, condotti dalle insegnanti, hanno esplorato due zone differenti dell’ambiente scolastico.



Poi i bambini sono rientrati in classe e hanno elencato i suoni o rumori percepiti. Insieme abbiamo riflettuto sul fatto che non avevano visto chi o che cosa producesse un certo suono, ma sono riusciti a identificarlo perché nella nostra memoria rimangono i suoni o i rumori che abbiamo già sentito mentre vedevamo chi o che cosa li produceva.

È stato un semplice richiamo alla memoria uditiva.

Sul quaderno abbiamo scritto alcune delle fonti sonore e poi le abbiamo classificate in base alla loro origine: se prodotte da persone (P) o da oggetti (O). È importante far capire che certi oggetti emettono dei suoni o dei rumori, ma questo avviene perché sono messi in movimento dall’uomo.

Al termine i bambini hanno riprodotto il disegno di una delle scene sonore che hanno potuto ascoltare perlustrando la scuola.

In questa occasione hanno dimostrato di saper richiamare alla memoria delle scene «tipiche» dell’ambiente scolastico come, per esempio, un maestro un po’ furibondo con i propri alunni.

Un’attività per andare oltre: ordinare e classificare

Successivamente ho proposto un lavoro come sviluppo di questa prima esperienza: in classe ho chiesto ai bambini di schermarsi la vista e nel frattempo muovevo degli oggetti che diventavano la fonte sonora da riconoscere.

I bambini dovevano rappresentare l’oggetto con un disegno e accompagnarlo con l’onomatopea del suono o rumore ascoltato.

Anche in questo caso i bambini mi hanno dato il rimando che è stato possibile riconoscere suoni o rumori di tutti i giorni, come la tapparella, il citofono per comunicare da un’aula all’altra, la carta accartocciata eccetera.

Nei giorni seguenti ho fatto ascoltare dei suoni naturali e artificiali. All’inizio ho chiesto solo di trovare una onomatopea per ognuno di essi. Successivamente ho stampato dei disegni delle fonti sonore e ne ho dati a ciascun bambino.

Ho preparato un cartellone che non riportava nessuna scritta ed era diviso in due parti. L’ho appeso in classe e ho chiamato alcuni bambini chiedendo di trovare un modo per fare ordine tra i disegni distribuiti.

Dopo diversi ragionamenti hanno classificato le immagini in fonti sonore naturali e artificiali.

Con questi esempi ho voluto dimostrare come sia importante per i bambini conoscere, ma anche mettere ordine in ciò che hanno di fronte usando la classificazione.

Una nuova esperienza: da dove viene il suono?

Il percorso è proseguito con una nuova esperienza: ho disposto i bambini in cerchio e al centro ho fatto sedere un bambino bendato. Di volta in volta un compagno doveva produrre un suono o rumore. Il bambino al centro doveva indicare la direzione da cui proveniva il suono.

Abbiamo scoperto che l’udito ci permette di orientarci e di localizzare da dove provengono i suoni e i rumori che noi ascoltiamo. In questa occasione abbiamo anche discriminato il suono dal rumore e dal silenzio grazie a una fiaba sonora, Rumorino e Mago Silenzio di Loredano Matteo Lorenzetti, recentemente ripubblicata presso le Edizioni ECO.

Il lavoro è proseguito con una attività giocosa: sacco pieno e sacco vuoto. Quando i bambini sentivano un suono, quindi qualcosa di piacevole, dovevano stare in posizione eretta; invece, un rumore riconosciuto veniva rappresentato con una postura del corpo piegata, mentre il silenzio mettendosi a terra (il sacco vuoto).

Finalmente l’orecchio: osservare, denominare, confrontare

Nelle prime attività concrete avevamo preso in considerazione gli aspetti funzionali dell’orecchio. Avendo già sperimentato, in altri anni, quanto è importante il nesso tra struttura e funzione (non c’è funzione senza una struttura che la supporti), a questo punto ho spostato l’attenzione sull’anatomia dell’organo dell’udito.

Ho iniziato con una domanda legata al lavoro fatto: come facciamo ad ascoltare i suoni, i rumori e a percepire il silenzio? Grazie alle orecchie.

Ho invitato i bambini a osservarsi a vicenda le orecchie e a tastare le proprie per poi confrontarsi sulle caratteristiche comuni.

Abbiamo anche svolto una nuova esperienza: ho chiesto di ascoltare un rumore (la tapparella della classe) prima tappando tutte e due le orecchie, poi una sola e infine lasciando scoperte entrambe le orecchie.

Questo ha permesso di capire perché abbiamo due orecchie: solo quando funzionano tutte e due riusciamo a capire da dove viene un suono o un rumore.

La maestra ha poi registrato le osservazioni dei bambini che sono state messe sul quaderno.

Ho dato tempo per fare un bel disegno scientifico.

Non era la prima occasione in cui chiedessi questo esercizio: è stato un modo per verificare quale bambino avesse già ben in mente l’intento del lavoro e chi invece è stato ancora accompagnato nello svolgerlo con cura.

Anche in questa occasione ho preteso un disegno grande e preciso, anche nel colore.

Ho dato modo ai bambini di ritornare sul loro disegno anche nei giorni successivi, affinché potessero curare al meglio i dettagli e per dare importanza al tempo e alla pazienza per poter svolgere bene un lavoro.

In seguito ho dato ai bambini il disegno di un orecchio esterno e abbiamo individuato il nome di quattro parti.

Mi è sembrato importante dare il giusto nome, o meglio il nome specifico (si comincia già in prima un’educazione all’uso del lessico), alle parti che sono state identificate con maggiore facilità dai bambini.

In modo non sorprendente, ma suggestivo, sono quelle che spesso loro nominano nella quotidianità come, per esempio, gli orecchini ai lobi delle orecchie delle bambine.

Nei giorni successivi ho chiesto ai bambini di descrivere l’orecchio del compagno usando le nuove parole che avevamo conosciuto.

I bambini hanno svolto questo compito con molta serietà e attenzione.

Osservare e chiedersi il perché

Ho fatto ai bambini una domanda: perché il nostro padiglione auricolare ha questa forma? Abbiamo ragionato insieme e poi ho spostato la loro attenzione sul padiglione auricolare di alcuni animali che ho fatto osservare in videoproiezione in classe.
Ho scelto il cavallo, il pipistrello, l’elefante, la civetta, la gallina, il cane pastore, la volpe del deserto.

Dopo aver fatto osservare con attenzione le orecchie di questi animali, ho fatto riflettere i bambini sull’ambiente di vita, sulle loro abitudini, sul modo in cui si difendono e in questo modo abbiamo ricavato delle spiegazioni sulle caratteristiche delle orecchie.

Poi ho distribuito ai bambini dei disegni di animali.

Ho chiesto loro di ripensare a quanto spiegato in classe e di fare ordine. In questo caso non ho dato indicazioni ai bambini sul numero di insiemi o su quali animali unire. Ho voluto sapere da loro la spiegazione e il ragionamento alla base della loro classificazione.

In parte è stato scritto sul quaderno e in parte spiegato oralmente alla maestra.

La più grande soddisfazione l’ho ricevuta quando siamo andati in gita in fattoria. Qui i bambini hanno incontrato diversi animali, tra i quali i cavalli e anche dei rapaci.

Alle domande delle guide sulle caratteristiche di questi animali, relative soprattutto all’udito (l’uscita era stata accuratamente preparata), i bambini hanno saputo richiamare alla memoria quanto detto in classe. Il lavoro è stato ripreso in più occasioni, chiedendo ai bambini di raccontare le esperienze e gli incontri vissuti in fattoria.

Ovviamente, tutte le riflessioni sugli animali sono entrate nella verifica finale, in cui ho utilizzato le relazioni che stavamo affrontando in matematica (le ho chiamate frecce parlanti).

Per la verifica

La prova è stata affrontata con sicurezza. Alcuni bambini hanno dimostrato di saper fare dei collegamenti precisi, richiamando le conoscenze apprese e andando al di là dei semplici nessi di forma e dimensione. Altri hanno invece prediletto l’aspetto più evidente della forma.

Riflessioni per andare avanti

Alla fine di questo anno scolastico occorre tirare le fila di questo lavoro svolto. Per proseguire, negli anni prossimi, con sempre maggiore consapevolezza.

La prima riflessione – in realtà una conferma – è che cominciare a studiare il corpo umano in prima non è una forzatura, ma una articolazione interessante delle nostre attività intorno a ciò che il bambino quotidianamente incontra dentro e fuori la scuola.

La seconda è che più passano gli anni più mi stupisco della ricchezza che può venire da un insegnamento/apprendimento che fa riferimento al metodo dell’esperienza, quello che abbiamo chiamato “fare scienza a scuola”. E non è solo l’apertura e la curiosità che vedo crescere nei bambini man mano che il metodo diventa loro familiare, ma anche la collaborazione che nasce nei genitori quando viene presentato il percorso compiuto.

Mappa di sintesi

Ho anche formulato un quadro sintetico, riportato qui sopra, che ho utilizzato presentando il lavoro ai genitori per mostrare quale abbondanza ha portato il nostro percorso. Non è una «mappa concettuale», ma la sintesi di risultati tutti documentati e in parte raccontati in questo contributo.

Segnalo, in particolare, il nesso con tutte le discipline coinvolte nell’apprendimento, già nella classe prima, e l’apertura ai percorsi di apprendimento dei prossimi anni. Insomma, un buon motivo per insegnare con passione.

Un’altra osservazione riguarda il rapporto con la musica. Ho desiderato far capire ai genitori come avvengono le lezioni di musica, perché alcuni, non vedendo degli elaborati scritti, avevano difficoltà a percepire che si stava svolgendo un percorso di musica e con quale particolare attenzione.

Inoltre, questo approccio mi ha permesso di lavorare molto sulle condizioni necessarie affinché i bambini possano lavorare con ordine. In silenzio posso ascoltare, posso approcciarmi a un elaborato con cura, ordine e precisione. Tutti questi aspetti sono fondanti per la formazione della persona.

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Silvia Bonati(docente presso la Scuola Primaria paritaria Imiberg di Bergamo)L’attività descritta è stata svolta nella classe 1A nell’anno scolastico 2018-2019 ed è stata condivisa nel Gruppo di Ricerca di Scienze, «Educare Insegnando», promosso dall’ Associazione “Il rischio Educativo” coordinato da Maria Elisa Bergamaschini e Maria Cristina Speciani.