“La vera emergenza da affrontare presto e bene è quella del caro gasolio”. Il giorno dopo l’incontro con il viceministro Teresa Bellanova, a lanciare l’allarme è Thomas Baumgartner, presidente di Anita, l’Associazione di Confindustria che dal 1944 rappresenta le imprese di autotrasporto merci e logistica che operano in Italia e in Europa. Un settore nevralgico alle prese con aumenti dei costi fuori controllo: “Il pieno fatto oggi – spiega Baumgartner – costa agli autotrasportatori circa 700 euro in più rispetto al dicembre scorso.



Il Governo deve innanzitutto verificare quanto questo aumento sia giustificato e intervenire prontamente laddove fossero accertate manovre speculative da parte delle compagnie petrolifere”. Gli autotrasportatori infatti sono ormai con l’acqua alla gola, tanto che hanno minacciato il blocco di un’attività nevralgica per il paese. “Non credo – commenta il presidente di Anita che è anche presidente di Fercam, azienda di trasporti nazionali e internazionali con un fatturato di 800 milioni – che un fermo dei servizi risolva i problemi dell’autotrasporto. Il nostro peso lo dobbiamo far valere con la forza della ragione e non con azioni di protesta che rischiano di mettere le imprese e l’intero Paese in difficoltà ben più serie di quelle che stiamo vivendo”.



Dopo l’incontro di Roma lo sciopero dei camionisti del 19 marzo è quindi scongiurato?

Non ne sarei così sicuro.

Perché?

Come Anita speriamo ovviamente che si vada in quella direzione. Il Dl Energia è già venuto un po’ incontro alle nostre difficoltà, perché il governo ha messo a disposizione 80 milioni per il credito d’imposta su Gnl e benzina Blu, che sono aumentati più del gasolio, e per un ulteriore stanziamento come sconto sui pedaggi autostradali.

Misure insufficienti?

L’incontro con il viceministro Bellanova si è focalizzato più sugli aspetti normativi. Ma al di là delle regole, certamente importanti, noi vogliamo puntare l’attenzione sul vero problema: il governo deve trovare delle soluzioni per mitigare il rialzo straordinario del costo del gasolio, che mette in crisi gli autotrasportatori.



Su questo punto cosa avete ottenuto?

Ci ha detto che è materia del governo e che lei non può impegnarsi.

In concreto, quanto pesa il rincaro stellare del gasolio sulla vostra attività?

Per un automezzo pesante, che fa il pieno di gasolio di 1.000-1.200 litri, un autotrasportatore paga oggi circa 700 euro in più rispetto a prima di dicembre. E molti camionisti usano la carta di credito per pagare, ma essendo quasi duplicato il costo di ogni pieno, esauriscono in fretta il tetto del credito. Non solo: dobbiamo far fronte anche a riduzioni degli affidamenti bancari accordati alle imprese. È una botta tremenda. Con un’aggravante.

Quale?

Le manovre speculative di alcune compagnie petrolifere, che bloccano e posticipano le forniture extra rete, cioè ai distributori interni alle aziende. Insomma, è una miscela esplosiva e non è detto che non si verifichino proteste di singoli autotrasportatori.

Si corre il rischio di blocchi a macchia di leopardo?

Sul contenimento dei rincari del gasolio non abbiamo ricevuto rassicurazioni e la base è in subbuglio. Noi continuiamo però a ripetere che bisogna andare avanti e trattare con il governo e con i tavoli istituzionali perché si trovino le soluzioni.

Ci sono margini di manovra?

Sì, le possibilità ci sono. L’Iva, che viene addirittura pagata anche sulle accise, pesa più del 50% sul prezzo del gasolio. Sappiamo benissimo che l’Iva è materia comunitaria, ma noi già oggi abbiamo sul gasolio commerciale uno sconto sulle accise, che si potrebbe aumentare di altri 7 centesimi.

Tradotto in numeri?

Oggi le accise, che in Italia sono le più alte d’Europa, pesano per 0,617 euro al litro, e noi abbiamo già uno sconto pari a 0,214 euro, perciò gli autotrasportatori pagano 0,403 euro, ma si potrebbe scendere a 0,330, per avvicinarci alla media Ue.

Il gasolio è dunque il primo ambito di intervento?

Sì, la misura più urgente è la riduzione delle accise sul gasolio, la voce di costo più pesante. Ed è una voce che purtroppo dobbiamo sostenere noi autotrasportatori, mentre sarebbe più giusto che fosse distribuito su tutto il settore economico. Ma non va trascurato neppure il Gnl.

Che cosa vi preoccupa?

Se il gasolio è aumentato del 45%, passando dagli 1,50 euro di fine ottobre agli attuali 2,20 al litro, il Gnl è addirittura triplicato rispetto a un anno fa: era 0,80 euro, adesso è a 2,64. Così gli imprenditori più avveduti, che hanno investito su veicoli ecologicamente più compatibili, adesso che andiamo verso una transizione verde si trovano a dover affrontare costi di gestione molto più elevati. È giusto ricordare che il governo ci ha concesso un credito d’imposta del 15%, ma non basta per invertire la tendenza.

Altre richieste?

Chiediamo misure che potrebbero migliorare lo stato d’animo delle società di autotrasporto. Innanzitutto, gli autotrasportatori, in quanto utilizzatori delle infrastrutture, non devono essere obbligati a versare i contributi per finanziarne l’attività dell’Autorità di regolazione dei trasporti, altrimenti questi soldi dovrebbero essere richiesti a tutti coloro che usano la rete autostradale. In secondo luogo, ci sta a cuore la riforma del ferrobonus, che anziché incentivare il trasporto combinato o trasbordato, così com’è, va a vantaggio solo delle imprese ferroviarie. Infine, dobbiamo trovare una soluzione alla carenza di autisti e alla concorrenza dei vettori dell’Est Europa: ai nostri camionisti, che se lo meritano, vorremmo poter dare di più. Una buona parte dello stipendio è legata all’indennità di trasferta, che è però rimasta bloccata da quasi 15 anni su un limite massimo di 100 euro per l’internazionale e 70 euro per l’Italia. Chiediamo che questi limiti vengano aumentati.

La carenza di autisti è ancora un grosso problema?

Sì, è molto difficile tuttora trovare camionisti. Oggi non se parla più, ma solo perché adesso l’attenzione è concentrata sulla guerra in Ucraina. Con questi prezzi e costi, però, molti autotrasportatori non ce la fanno e dicono: mi conviene fermare i mezzi.

L’autotrasporto è un settore nevralgico. Se si ferma, che cosa rischia il sistema paese?

In Italia l’85% delle merci viaggia su gomma e si muove soprattutto nel Nord del paese. Un blocco degli autotrasportatori paralizzerebbe il sistema economico, non c’è dubbio, come è successo con il lockdown del 2020, quando per errore si era bloccato tutto. Poi ci si era subito mossi per eliminare questi vincoli, perché alle fabbriche non arrivavano i prodotti, agli ospedali le attrezzature necessarie…

Quali settori andrebbero subito in crisi?

Dipende da quali trasportatori si fermano. Di solito i primi, perché sono un gruppo molto compatto, sono quelli della distribuzione petrolifera con pesanti e immediate conseguenze sulla rete delle stazioni di erogazione del carburante.

(Marco Biscella)

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